Mario Rapisardi (1844 - 4/1/1912)
Espiazione I
Chi è, disser, costui, che solitario, altero
Sul nostro capo il verso empio saetta,
e su la gloriosa luce del nostro impero
l'ombra sua getta?
Chi è costui, che i tetri sogni sferrando a volo,
Come falchi addestrati in noi li avventa;
e di amor, di giustizia all'affamato stuolo
Parlar si attenta?
Torbido evocatore di pazze ombre, l'abisso
o non vede o non cura a cui cammina:
Con l'occhio, acre di febbre, all'orizzonte fisso,
Ecco, ei ruina!
E noi frattanto in aurea rete impigliamo il biondo
Amore e l'affoghiamo entro al bicchiere:
Noi ci tiriamo dietro inguinzagliato il mondo
Come un levriere.
Che importa, se al nostro uscio Lazzaro derelitto
Frignando invidj à nostri cani il pranzo?
Avrà, quand'ei non sia ad alcun Fascio ascritto,
Pur qualche avanzo.
Che ci fa, se a quest'ora al suon della mitraglia
Nel ribelle Tigrè riddi la morte?
Terran le nostre schiere, in qual che sia battaglia.
Fronte alla sorte!
Pugnate, eroici petti, cadete: ad una voce
Noi gridiam "Viva!" E alziam colmo il bicchiere:
Le vostre salme avranno la medaglia e la croce
Di cavaliere.
L'onor della bandiera val bene una tal guerra:
Chiedon vendetta i nostri morti; e poi
l'ufficio glorioso d'incivilir la terra
l'abbiamo noi!
Gli Abissini, si sa, son predoni, selvaggi,
e con loro bisogna esser maneschi:
Trucidar donne, vecchi, fanciulli; arder villaggi...
Viva Radetzki!
In ogni caso, giova a noi, spiriti fini,
Mandar la calda giovinaglia a spasso:
La guerra a chi la plètora ha d'odj cittadini
è un buon salasso.
Urla, profeta nero, i tuoi strambotti audaci
All'egre ciurme ch'aizzando vai:
Noi delibiamo intanto con labbra arse dà baci
Reno e Tokai!
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