“La
noia e l’insoddisfazione
sono la molla di qualunque scoperta.»
(Cesare Pavese)
QUATTORDICESIMO
Dal diario di Roby D. – 6 giugno 1983 – ore 22,00
«E cammina, e cammina, siamo arrivati al 6 di giugno. L’estate è
scoppiata in tutta la sua afa. La vita continua con i suoi alti, con i suoi
basi e con i suoi medi. La mattina al lavoro come aiuto fioraio, il pomeriggio
alla sala giochi dove lavora Mauro, a rompere le scatole alle ragazze, la sera
all’Old America, dato che abbiamo messo una bella croce rovesciata sul Love
Drink, al 99%, mentre per il restante 1% delle serate, ci dedichiamo al calcio:
ogni tanto, infatti, andiamo su ai “geometri” a fare delle lunghe partite a
calcetto, così, per tenerci un po’ in forma (?). Inutile dire che la mancanza di una ragazza fissa si fa
sentire più che mai, e per questo sto cercando di rompere le scatole a quelle
che passano davanti alla sala giochi: speriamo che qualcuna risponda al mio
richiamo. La mia collezione di lattine di birra, mi ha portato al secondo posto
nella classifica degli Strangers, dopo Fausto che ne ha 92, io sto a quota 87.
Ogni tanto esco con Paolo e il Rivelli: l’altra sera, for example, sono stato
con Paolo all’oratorio di San Francesco, a vedere il “grande portiere”
Robertone Rivellone giocare a pallone per un torneo e prendere solo 9 goals! Il
23 p.v. i Warhead suoneranno ad Isernia, ed io, purtroppo, non potrò essere
della compagnia, per la prima volta, a causa del lavoro. In culo alla balena,
boys!»
Martedì 12 luglio: un’altra data importante
nella storia di Roby.
Quella mattina all’alba (erano le cinque e mezzo), Roby aveva avuto un
colloquio con la Presidentessa di una Cooperativa di pulizie che svolgeva il
lavoro all’interno dell’Acciaieria di Terni. A questa Cooperativa, servivano
tre nuovi operai per la pulizia dei gabbiotti adibiti a mensa per gli operai,
all’interno dei vari capannoni. La suocera di suo fratello, che lavorava lì da
parecchi anni, aveva fatto il suo nome all’assemblea dei soci, e la
Presidentessa lo mandò a chiamare per conoscerlo e vedere se era adatto a
questo genere di lavoro.
Il colloquio fu abbastanza informale, tipo quanti anni hai, che lavori
hai fatto fino a adesso, questo è un lavoro pesante… e cose del genere; quei
tre operai servivano come il pane, e nonostante Roby non avesse la benché
minima esperienza nel settore, fu assunto: otto ore al giorno dalle 5 alle 13,
dal lunedì al venerdì, più, una volta al mese, cinque ore di straordinario al
sabato mattina.
Felicissimo per questa assunzione inaspettata, Roby si regalò la
“Bibbia” di tutti i libri di heroic fantasy, “Il signore degli anelli” del
grande, grandissimo, immenso, inarrivabile e chi più ne ha più ne metta John
Ronald Reuel Tolkien, un tomo di ben 1359 pagine, più appendici varie, pieno di
tutto lo scibile umano in fatto di narrativa fantastica, libro che Roby riuscì
a leggere fino alle 12,44 del 18 agosto, vale a dire in 35-giorni-35!
E fu così che da un giorno all’altro Roby si tirò addosso l’ira funesta
delle cagnette a cui aveva sottratto l’osso… ehm… ho sbagliato canzone…
ricominciamo.
E fu così che Roby si ritrovò un lavoro vero con uno stipendio vero, i
buoni malattia, l’INPS, l’INAIL, i sindacati, le ferie, la 13ª, la 14ª e le
detrazioni, ed in più, essendo diventato anche socio della Cooperativa, anche i
dividendi di fine anno.
Non stava più nella pelle, saltava di qua e di là senza ritegno, peggio
che pogare ad un concerto punk!
Certamente non era la sua massima aspirazione: lui aveva, bene o male,
uno straccio di diploma, anche se sapeva perfettamente che ci si poteva pulire
il sederino, ma fare l’operaio delle pulizie non è il massimo della vita. In
ogni caso, meglio che niente…
Il suo lavoro era così composto: dalle 5 alle 9 doveva passare
l’aspirapolvere, togliere le cartacce dai cestini e pulire le scrivanie degli
uffici al Centro Meccanografico di Pentima, un palazzo di 3 piani tutto
ricoperto di moquette (in ogni modo erano in due a fare questa sfacchinata),
dalle 9 alle 9 e 30 colazione nello spogliatoio insieme agli altri operai,
dalle 9 e 30 alle 12 pulizia a fondo dei refettori degli operai
dell’Acciaieria, dalle 12 alle 12 e 30 doccia rinfrancante, defaticante e
rilassante, e poi… à la maison.
Ora, sorge spontanea una spiegazione: da quando quei refettori erano
stati costruiti all’interno dei vari reparti della fabbrica, anni prima, non
erano mai stati puliti a fondo. Si, le cartacce, i mozziconi di sigarette e i
resti degli spuntini venivano gettati negli appositi bidoni della spazzatura,
ma il pavimento non aveva mai subito una passata d’acqua, i lavandini erano più
neri della pece, i muri ed i vetri… beh, lasciamo perdere.
La nostra buona “vittima del potere operaio”, si vide costretto a
rimboccarsi le maniche e ad usare, e molto, olio di gomito, per cercare di
ridare una parvenza di pulito a quei locali, ma nei 15 giorni in cui prestò
servizio presso la “mamma di tutti i ternani”, riuscì, sempre in coppia con un
altro operaio, a pulirne a fondo solo un paio.
Così, quando si presentò l’occasione di sostituire una sua collega
presso il Centro Provinciale della Sanità, la colse al volo.
Lì, il lavoro, si svolgeva di pomeriggio, dalle 14 alle 21, da lunedì al
venerdì, e dalle 14 alle 19 del sabato, per il raggiungimento delle 40 ore
settimanali previste dal contratto di lavoro. Vabbè, si doveva lavorare di
pomeriggio, però, alla mattina non bisognava fare quelle alzatacce alle 4, che
non è neanche l’alba e la gente a quell’ora si rigira dall’altra parte del
letto, e poi la sua vita si svolgeva prevalentemente do notte, dopo le 22, e
allora… E poi al Centro Provinciale della Sanità erano solo in sei (due
maschietti e quattro femminucce), tutti giovani (tranne una donna), mentre dove
stava prima, erano una sessantina di persone, tutti padri e madri di famiglia
oltre la cinquantina.
Roby raggiunse la pace dei sensi (quelli
relativi al lavoro, ben inteso!) e prese questa nuova situazione con grande
buona volontà… dopotutto i soldi mica te li regala nessuno, no?
Ma ecco che un’improvvisa tegola si abbatte come un macigno sulla vita
del nostro amico.
Martedì 16 agosto, la sorella più grande (39 anni), viene ricoverata al
Sant’Elena di Roma: una forma di tumore benigno ha intaccato il suo cervello, e
dovrà subire una delicatissima operazione.
Crolla il mondo addosso alla famiglia di Roby ma, fortunatamente, per
adesso, non sorgeranno complicazioni, e sua sorella vivrà ancora altri 14 anni,
fino al riacutizzarsi dell’antico male, più forte e violento di quello dell’83,
male che la porterà prematuramente alla tomba.
Quello stesso martedì, Roby, per cercare di non pensare a quello che sta
accadendo a Roma, si unì all’allegra compagnia, che aveva deciso di andare in
piscina, dietro il Palazzo della Sanità, al Circolo C.L.T.
Mary portò una sorpresina: una sua amica che nessuno ancora conosceva,
tale Tiziana, una ragazza molto timida ma molto, molto carina e simpatica, che
entrò subito nei favori di Roby e Bruno. Purtroppo, si era portata dietro anche
la sorellina di 10 anni, quindi le avanches che i due amici avevano intenzione
di fare, furono rimandate a data da destinarsi.
Se non ricordo male, ci fu un’altra occasione di vedere la bella Tiziana
all’opera in piscina, senza accompagnatrice bambina al fianco, e tanto Roby che
Bruno cercarono di provarci ed all’inizio lei incoraggiò i due corteggiatori
tanto che subentrò una sorta di duello in famiglia per accaparrarsi il bel
bocconcino, ma tutto finì lì per motivi non imputabili ai due amici.
Il giorno dopo, Roby va a Roma a trovare la sorella operata e, al
ritorno a casa, trova una bella cartolina da Alba Adriatica, mittente:
Raffaella!!!!
“Al ragazzo più
buono, dolce e sensibile che io conosca!”
dice la cartolina, e Roby ne
provò un immenso piacere… ma ormai è acqua passata, anche se la inviterà, il 25
successivo, al suo 23° compleanno, insieme ai soliti noti, più la graditissima
sorpresa di Massimo e Grazia e i due piccoli Sara e Cristiano.
Bella festa, cena fredda ed in piedi, foto di rito, regali di prassi e
serata all’insegna del “annamo su a lu monastero de Stroncone ‘ndo fanno le
messe nere a vedé quillu che succede!”: della serie “famoce male co’ le mano nostre!”.
Altra serata in stile Carsulæ dell’anno prima.
Rispondono all’appello: Roby, Fausto, Mary, Bruno, Robur, Marco, Luca,
Lucio, Piero, David, Silvia, Bob, i fratelli Latini, Mauro, Paola, il Rivelli
ed un vecchio amico di Roby dai tempi della “gestione comunista” della fine
degli anni settanta, Luca T.
Ritrovo: le panchine sotto casa di Roby.
Destinazione: un vecchio Monastero abbandonato alle porte di Stroncone,
un paesetto nelle vicinanze di Terni.
Partenza: ore 21,00
Lasciate le auto in un boschetto ai piedi della ripida rupe dove sorgeva
il monastero, la truppa cominciò ad arrampicarsi lungo la collina per
accorgersi che, al monastero, ci si arrivava facilmente da una strada di
campagna. Vabbè, poco male, così si dà meno nell’occhio.
Lungo la stradina ci sono parecchie buche che, dice la leggenda,
contenevano i corpi di giovani suore del seicento e dei loro peccati mortali,
ovvero corpicini di neonati, ma questa è una leggenda, ma in tutte le leggende
c’è sempre un fondo di verità.
Si entra dentro il cortile del monastero abbandonato in preda ad una
leggera paura in qualcuno (anche Roby,
anche Roby), poi si prosegue lungo il porticato fino a raggiungere una
porticina e… un assolo di Van Halen sparato a 100 watt di potenza squarcia la
notte: quella testa di c…beep….zo di
David aveva acceso il suo registratore portatile senza che nessuno se ne accorgesse
e le note di “Eruption” fecero sobbalzare tutti dallo spavento.
Sudati ed in preda a convulsioni entrarono nella porticina e… le torce
tascabili cominciarono ad affievolirsi, una dopo l’altra… vabbè torniamo fuori
e… le torce tascabili funzionano perfettamente e rivabbé, torniamo dentro e… le
torce tascabili si riaffievoliscono e allora…
«Ma che palle!»
«Tirate un po’ fori quelle bone!»
«Me sto cacanno sotto!»
«Annamocene finché semo in tempo!»
«Guarda là… su lu muru!» e sul muro illuminato dalle fioche luci delle
torce, statue di Madonne imbrattate di sangue e…
«Guardate là pe’ terra!» e per terra segni inequivocabili di pentagrammi
con stemmi dissacratori e inequivocabili resti di fuochi.
«Ma allora è vero che qui ce fanno le messe nere!»
«Aspettate» dice lo scemo di Piero «qua ce sta ‘na buca… vojo annà a
vedé che ce sta dentro!»
«Tu sì tuttu paciu!» fu il lapidario commento dei più.
Piero si cala nella buca alta un paio di metri e torna su con in mano
quello che sembra un osso umano, forse un femore o una tibia.
«Questo me lo porto a casa per ricordo!»
«A Pié, tu sì proprio tuttu paciu!»
A questo punto la truppa decide di tornare alle macchine e lungo la
discesa della collina, rumori vari provenienti da ogni dove, accompagnarono i
passi del gruppo di amici, rumori che, ad anni di distanza, Roby non è ancora
riuscito a capire da dove e da chi furono prodotti.
«Forse qualche animale allo stato brado… cavalli, cinghiali o forse
dagli spiriti inquieti delle suore del seicento… non lo so, me lo sto spiegando
da vent’anni ma ancora non mi sono dato una risposta decente!»
Il giorno successivo al suo compleanno, Roby, con i soldi del primo
stipendio (423.000 lirette per i 15 giorni lavorati a luglio), acquista “Bark
at the moon” (tanto per restare in tema)
di Ozzy Osbourne, “Death or glory” degli svedesi Heavy Load, “Guardians of the
flame” dei Virgin Steele, ma, soprattutto, un mini lp di un nuovo gruppo
americano, denominato Queensrÿche, mini lp storico per una lunga serie di
motivi che non vado qui a spiegare, sarebbe troppo lungo.
Tutto ciò è quanto di meglio si poteva ascoltare nel campo dell’epic
metal, quel sottogenere della musica heavy che si basava su arrangiamenti
potenti e dolci al tempo stesso, con testi presi dalle leggende nordiche o dai
libri di fantasy. In poche parole, il tipo di musica che più si adattava al suo
pensiero. Ma non finì qui.
Nel pomeriggio, di ritorno dal suolo albionico di Bretagna (intesa come Gran Bretagna) il buon
vecchio e mai ben digerito Fabrizio detto “Manetta” (c’era stato una piccola riappacificazione, nel frattempo tra Manetta e
Roby, ma durò poco) aveva riportato a Roby, in nome della vecchia amicizia
e anche in nome delle cinquantamila lire che Roby aveva anticipato, un po’ di
cosette: un 45 giri dei Maiden (“The trooper” lato A e “Crossed-eyed Mary”
vecchio hit dei Jethro Tull sul lato B9, un 45 giri dei Priest (“Chains” sul
lato A e “Judas Priest audio file” sul lato B, una specie di compendio di quasi
10 minuti sulla vita del gruppo, fatto da un famoso dj anglosassone), tre
numeri di “Kerrang!”, la rivista hard & heavy più famosa del mondo, la
“Encyclopedia Metallica”, un fantastico libro di foto inedite dal mondo
metallico inglese (anche se trascritta
in lingua originale, era pur sempre una chicca… chissà che kazzo de fine ha
fatto…), e una copia di quello
che diventerà uno dei dischi più amati dal nostro Roby, “Into glory ride”, il
non-plus-ultra dei Manowar (gruppo
entrato nel guinness dei primati per la potenza sonora dei loro concerti).
Io credo che quella notte, quei poveri solchi, se avessero potuto
parlare, non so quante e quali maledizioni avrebbero potuto mandare a Roby.
Dalle 22 alle 3 di notte, fu un continuo susseguirsi di lato A e lato B e poi
ancora lato A e via di seguito per almeno una ventina di volte, e questo fu il
giudizio espresso da Roby, qualche giorno fa, su quel disco:
«È stato uno dei pochi dischi che ho ascoltato nella mia vita di
metallaro e non, che, ad ogni ascolto, mi faceva venire i brividi lungo la
schiena! Credo che solo “The wall” dei Pink Floyd, “Defenders of the faith” dei
Judas Priest, “Seconds out” dei Genesis, “Live killers” dei Queen e “Nightfall
in the middle-earth” dei Blind Guardian, mi hanno fatto provare le stesse sensazioni!»
Ma quelli non furono i soli regali che Roby ricevette per il suo 23th
birthday: gli Strangers gli regalarono due libri, “I viaggi di Frodo” un
insieme di cartine geografiche che mettevano in evidenza tutta la strada
percorsa da Frodo e dai suoi amici per distruggere l’anello del potere (naturalmente il libro è riferito al “Lord
of the ring”), e “Antologia della letteratura fantastica”, un bel libro
composto da una trentina di racconti brevi di fantasy di svariati autori, tra
cui in capitolo inedito della saga di Elric di Melniboné.
Un altro compleanno da ricordare fu quello di Bruno che, di lì a poco,
sarebbe dovuto partire per il militare.
Era un dolce sabato di settembre, per la precisione il 18, e per
festeggiare sia il suo compleanno sia la sua imminente partenza, gli Strangers
decisero di cambiare, tanto più che il Love Drink era ormai tabù e l’Old
America stava cambiando gestione, e portarono Bruno in una tipica trattoria
ternana, “da Micchele” (con due “c” da
accrescitivo…) su alla Racca San Zenone (ricordatevi questa località, diventerà molto importante per Roby un
lustro e più dopo…).
Quella sera furono della compagnia anche gli altri due Alex, Staro e
Micozzi, di cui non si avevano notizie dal giorno del primo concerto dei Warhead.
Questi due energumeni facevano parte di quella frangia più oltranzista
della terni rockettara. Non erano metallari, anzi, ascoltavano prevalentemente
musica elettronica, ma erano talmente “cazzoni” e simpatici che passare una
serata con loro, era un vero spasso, e quella sera non furono da meno.
Bisogna dire che “lu poru Micchele”, il molto pittoresco proprietario
della trattoria (ma sarebbe più
appropriato definire bettola), era uno di quei vecchi comunisti di una
volta, quelli che si vedevano solo sulle foto degli anni quaranta col fucile in
mano sulle montagne a caccia di tedeschi, ed era perennemente ubriaco e quella
sera era particolarmente in vena. Per tutta la serata tormentò il povero Staro,
reo di vestire completamente di nero, con la famosa frase «Staro… vecchiu
fascista!» che, poi, il poverino, non era nemmeno di destra, ma dell’ultra
sinistra, e sentirsi dire quelle cose, lo portarono ad uno stato di
frustrazione difficilmente da digerire, come le numerosissime pacche che “lu
poru Micchele” gli dava continuamente sulle spalle, ma tanto…
La cena fu consumata a base di prosciutto e formaggio casereccio,
frittata con il tartufo, ciriole alla ternana, fagioli anzi “facioli co’ le
cotiche”, arrosto misto alla brace, insalata mista, zuppa inglese, pane cotto a
legna e ancora caldo, il tutto annaffiato da un ottimo rosso della casa, che
portò l’ambiente subito in ebollizione.
Ci furono delle scene degne di essere cantate dai menestrelli
dell’epoca, come quando a Bruno si mise letteralmente a piangere quando,
uscendo dal locale a cena finita, caddero in terra i regali che gli amici gli
avevano fatto: «I regalucci dell’amicucci mii! I regalucci dell’amicucci mii!»
e giù pianti a dirotto; o quando Mario Latini, batterista mancato, che, fregate
un paio di forchette alla trattoria, si mise a suonare sulle auto parcheggiate
fuori; o quando Robur si mise a sgommare con la sua 127 fino ad andare a
sbattere contro un albero per poi imprecare contro se stesso; o il povero Alex
Staro che continuava a ripetersi: «Vecchiu fascista a mme! A mme che so’ più
rusciu de tutti li rusci!»; o quando Antonio tirò fuori il suo primo,
spettacolare, personaggio, “The monster”, un essere che proveniva dai peggiori
incubi dell’uomo, un “Boris Karloff” all’ennesima potenza, che girava tra i
tavoli con le braccia tese in avanti, tipo mummia, creando panico a non finire
(e risate a crepapelle); oppure quando Roby entrò nella Golf di Bob Latini nel
sedile posteriore e Mauro che si mise di fianco al guidatore, e Roby che tira
giù il finestrino e si sporge pericolosamente e guarda in faccia l’attonito
Mauro e il tutto per il tragitto che va dalla trattoria a casa di Roby (circa
sei chilometri) e, quando che furono arrivati nella grande aiola davanti al
palazzo di Roby, questi cominciò a barcollare paurosamente fino a crollare
pesantemente al sullo rimanendo supino per oltre mezzora senza quasi battere
ciglio, e il povero Mauro che si preoccupava per il suo amico. E quando Roby
entrò in casa, piano che sono le tre di notte e dormono tutti, fece talmente
tanto casino che sua cognata (suo fratello si era trasferito per qualche giorno
perché a casa sua erano scoppiati i pavimenti del salone), alzandosi, lo
apostrofò con un: «A Robbè, ma che te sii ‘mbriacato?»
«No… è sciolo quesctione di guscti…!» (frase da leggere trascinando la “s”) e s’addormentò sul letto
completamente vestito.
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