«Metà di ciò che dico è insensato,
ma lo dico perché l’altra metà
possa raggiungervi.»
(Kahlil Gibran)
DICIASSETTESIMO
Se il 1983 era finito come l’82, anche il nuovo anno iniziò allo stesso
modo del precedente, e cioè “giornata dedicata alla famiglia ed al cinema”, e
precisamente con un “Fantozzi subisce ancora”, l’ennesima puntata del
ragioniere sfigato (e si… deve ancora
crescere, cinematograficamente parlando, il bimbo!).
Il giorno dopo, il buon Roby, si stava
apprestando ad andare al lavoro, quando il suo ultramitico Benelli a tre marce,
cominciò a fare le bizze. Questo reperto archeologico cominciava ad avere i
suoi anni; lo comprò suo padre nel 1971, con i primi soldi della pensione, ma,
purtroppo, non se lo poté godere tanto, dato che da lì ad un anno, morì di quel
maledettissimo mal di cuore che lo tormentava da una quindicina d’anni 8aveva
52 anni quando il papà di Roby se ne andò). E quel motorino passò nelle mani
del bimbo più piccolo, visto che il fratello maggiore aveva già la sua bella
Mini Minor 1000 color blu notte.
Così, a 12 anni, Roby cominciò a scorrazzare in lungo ed in largo per la
città, come un Giacomo Agostani in erba. Con 200/300 lire di miscela al 5%, si
girava un paio di giorni, dietro a qualche ragazzina, e questo lo fece crescere
oltre il dovuto: infatti, gli fu permesso di usare il Benelli, ma «devi avere
la testa sulle spalle quando lo usi!» (parole
testuali della mammina). A quell’età, di solito, si gira con la bicicletta,
mentre Roby aveva già un motore sotto il sederino (anzi… quasi sederone!).
Nel suo lavoro di operaio addetto alle pulizie, Roby doveva pulire,
oltre ai laboratori chimici del Centro Provinciale della Sanità, anche gli
altri uffici, quelli dell’ex ENPAS di via Mancini, proprio davanti al famigerato
“Palazzo Primavera” di arcana memoria, e proprio mentre si stava dirigendo
verso quel palazzo, all’altezza della chiesetta di Santa Croce in via Cavour,
la marmitta del Benelli espiò l’ultimo respiro, e con lei anche il rosso bolide
dal classico serbatoio a goccia. Roby si sentì nella merda fino al collo, non
sapendo come fare per raggiungere i vari luoghi di lavoro; fatto sta che, presa
una decisione in quattro e quattr’otto, fece visita al concessionario Piaggio
della sua città, per acquistare un nuovissimo e fiammeggiante Piaggio “SI” blu,
all’irrisorio prezzo di £.930.000, pagabili in due comode cambiali da £.465.000
l’una, le prime della sua ancor giovane vita.
Quella sera stessa, gli Strangers, anzi, Roby e Fausto, decisero di fare
una riunione collettiva per parlare di alcune cosette.
Appuntamento all 22 e 30 a casa di Fausto.
Attorno al grande tavolo ovale con il piano in marmo rosa di casa C.,
c’erano tutti o quasi, qualcuno marcò visita: Fausto e Mary che servivano
panettone, pandoro, panpepato e spumante; Roby con in testa tutta una serie di
argomenti da portare alla conoscenza di tutti; Bruno e Antonio erano, il primo
a Treviso e il secondo a Verona a servire la patria, quindi erano ampiamente
giustificati; Mauretto e Paoletta davanti alla TV a vedere “Siamo uomini o
caporali?” con Totò; Fabio, Roberto “Robur”, Luca, Marco, Roberto “The flying
dutchman” e Silvia, seduti sulle sedie in stile.
«Allora…» esordì Roby «qualche tempo fa, io e Fausto, abbiamo parlato
tra di noi sull’opportunità o meno de creà una specie de giornaletto sulla
realtà rock a Terni. Lui me disse che i tempi non erano ancora maturi allora,
ed io me trovai d’accordo. Però l’idea m’è continuata a frullà nella capoccia.
Mò, credo, che questo sia lu momento giusto pe’ provà a fa’ ‘na cosa del
genere…»
«Scusa un attimo…» lo interruppe Fabio «vorresti fa’ ‘na specie de
fanzine sul rock a Terni? Ma stai a scherzà o dici sul serio?»
«Non sto a scherzà! E non solo sulla realtà ternana… dicemo che questa
deve èsse la cosa portante, dovemo fa’ conosce in giro li gruppi ternani… de
ogni genere, intendo… qualche recensione de dischi metal o punk o comunque de
musica alternativa… qualche intervista che so’ co li Synthesis o co’ i Res
Majes o co’ gl’Interceptor… servizi su li concerti che riuscimo a vedé… il
tutto pe’ ‘na ventina de paggine dattiloscritte e fotocopiate. Io e Fausto
avemo già parlato co’ ‘na copisteria del centro, che ce farebbe pagà 50 lire a
paggina, per 20 paggine, fanno 1000 lire a copia, per un centinaio de copie so’
100.000 lire da divide tra de noi… Se riuscimo a venne la metà a 2500 lire la
copia, ce potemo rientrà tranquillamente, tenennoce l’andra metà da dare alle
persone giuste. Non è che vojo diventà mijardario… però non ce vorrei manco
rimette!»
«E l’articoli chi li deve fa’?» domandò Luca.
«Un po’ tutti…» spiegò Fausto «ognuno deve fa’ la parte sua, ognuno avrà
un suo compito specifico, ciascuno de noi dovrà recensì dischi, fa’ le
interviste co li gruppi, recensì li concerti, fa’ le traduzioni dall’inglese se
riuscimo a fa’ qualche intervista a gruppi stranieri…»
«Ce credo poco!» l’interruppe Marco.
«Vabbè… se ce la famo tanto de guadagnato… poi bisogna montà le paggine
eccetera eccetera» (ma alla fine saranno
solo Roby e Fausto a sorbirsi tutto il lavoro, con un piccolo aiuto da parte di
Bruno che, avendo il diploma del Liceo Linguistico, se la cavava abbastanza
bene con l’inglese, ma soprattutto dalla mamma di Fausto, professoressa
d’inglese alle Scuole Industriali).
«Aho! Bardasci! Ce starebbe anche ‘n antra cosa!» disse Mauro che con un
orecchio ascoltava il film e con l’altro la discussione «Ce stanno dei ragazzi
de Narni che vojono mette su ‘na radio, tipo Radio Evelyn per intendece, e
m’hanno detto se conosco qualcuno che vòle fa’ un programma sull’heavy metal…
che ne dite? Ah, se dovrebbe trasmette da dentro lu castello de San Girolamo…»
«Ganzo! Io ce sto!» disse Marco.
«Beh… se ne pò parlà!» disse Roby.
«A me m’andrebbe bbene!» s’inserì Fausto.
«E co’ me semo quattro… » fece Mauro «armeno famo concorrenza a quillu
strunzu de Manetta!»
«’Sta cosa me piace!» fece Roby «Qualsiasi cosa che possa danneggià
quillu bastardu!»
«A parte lo sordi… ce vòle qualcos’altro pe’ fa’ ‘na fanzine… » fece
Fabio ritornando sull’argomento iniziale «macchina da scrive, fotocopiatrice,
foji… eppoi c’hai intenzione de da’ spazzio solo al metal o anche al punk, la
new wave eccetera?»
«Tutte le realtà alternative, come t’ho già detto, saranno accettate…
Dovemo parlà de li Warhead, de li Synthesis ma pure de li Stage o dei Res Majes
o del Campo di Marte che col metal non c’entrano un kazzo!»
«Io, se ve può servì posso fa’ dei disegni, le copertine… » disse Bob
“l’olandese volante”.
«Su questo non c’avevo dubbi!» rispose Roby «Tutto quello che riguarda
disegni e affini sarà de competenza tua!» (Bob
era un gran disegnatore; attualmente, o almeno fino a qualche tempo fa, dato
che è molto tempo che non si vede in giro, è il suo lavoro)
«Che dite se ce mettemo qualcosa de fantascienza? (era la sua ossessione) Tipo qualche racconto breve o recensioni de
libri de heroic fantasy?» disse Luca.
«Hai rotto li cojoni co’ ‘sti libbri… c’avemo casa piena!» rispose il
fratello Marco.
«Ottima idea! Comincia a pensacce… » disse Roby «però non vorrei che
cominciassero dei probblemi co’ li diritti d’autore… ma tanto useremo degli
pseudonimi… nessuno deve usà il proprio nome vero… tanto pe’ comincià io ho già
scelto “Bloody Rider”, il cavaliere sanguinario, come soprannome… »
«Il mio naturalmente sarà “Fastrek”!» disse Fausto (Fastrek era un personaggio inventato da Fausto per un libro che aveva
da tempo iniziato a scrivere).
«Io me vojo chiamà “Mantas”, come quello de li Venom… » fece Marco.
«Io scelgo “Heimdall”, il Dio insonne degli Asi!» disse Luca.
«Cavolo, che idea!» urlò Fausto.
«E noi femminucce che cosa facciamo?» chiese all’improvviso Silvia «Non
siamo in grado di fare le recensioni, non sappiamo disegnare… »
«Per voi c’è in cantiere una grande cosa di cui parleremo fra un po’ di
tempo!» disse Fausto, e Roby lo guardò stupito, chiedendosi cosa frullasse nel
cervello del suo amico.
«E tu Robbè come te vòi chiamà?» chiese Roby.
«Boh! Ce devo penzà! Mmmmh… pò annà bene “Mein Kampf”?»
«Penso che sia un po’ pericoloso… » disse Fausto.
«Allora me chiamerò Robur, il compagno d’avventure di Fastrek!»
«Bene… » fece Roby «Fabio manchi solo te e pure tu Bob, e anche tu
Mauro, oltre a Bruno e Antonio, che al momento sono assenti giustificati, ma
dovrebbero tornà in licenza tra qualche giorno e je lo chiederemo… »
«Io non vojo apparì sul giornale» fece Bob «farò i disegni ma non
metterò né nome né soprannome! Tuttalpiù posso usà R.P.»
«E perché?» chiese Luca.
«Perché sono entrato in contatto con una casa editrice di Firenze, la
Tedeschi…»
«Kazzo, quella del “Giornale dei Misteri”!» disse Roby
«Ehm... si… certo, quella… cerca dei disegnatori per storie poliziesche
tipo “scopri l’assassino” sui giornaletti di enigmistica, e voglio l’esclusiva,
quindi non posso usare nessun nome… »
«Se proprio devo usà un soprannome, userò Jolm, come quello dei Warhead»
disse Fabio.
«Io me vojo chiamà “Il Dottor Male”… che me dite?» disse Mauro dopo una
fragorosa risata suscitata dal solito Totò.
«Ma non è mejo in inglese?» gli rispose Roby «Dai, “Doctor Evil” è più
tosto, no?»
«Come vòle sua Maestà!»
«Ma vaffanculo! Ah, un’andra cosa…» disse ancora Roby «La fanzine se
chiamerà “Terni City Rockers”… ve sta bene?»
Il nome piacque a tutti e la riunione fu aggiornata, tanto erano
d’accordo quasi su tutto, e allora decisero di giocare a carte fino a tarda
notte.
Qualche giorno dopo, Roby ricevette una telefonata alquanto strana, o,
per lo meno, lo diventò dopo qualche minuto.
Erano le 11 di mattina, e lui se ne stava tutto tranquillo in pigiama a
preparare i primi articoli per il number one della fanzine con una macchina da
scrivere Olivetti Lettera 32 della mamma di Fausto, macchina che aveva visto
almeno due guerre mondiali, se non le guerre d’indipendenza, ma era l’unica
disponibile. Con certosina pazienza, Roby si era armato di pongo per ripulire
una ad una dall’inchiostro che le aveva completamente otturate, le lettere e,
in un modo o nell’altro, era riuscito a dare una parvenza di scrittura a quel
residuato bellico.
Ad un tratto, il telefono squillò, e Roby si alzò dalla sua sedia
preferita, e andò a rispondere.
«Pronto… casa D.?»
«Si… chi è?»
«Cerco Roberto… è in casa?» rispose una voce dal chiaro accento
emiliano.
«Sono io… chi sei?»
«Robyyy! Ciaoooo! Sono Mario… »
«Mario? Chi Mario, scusa…»
«Mario… di Piacenza… non ti ricordi? Abbiamo fatto il militare insieme…
»
«Che mi venga un accidente! Mario… ma sei proprio tu? Che ti scoppi una
palla… come stai?»
«Io sto bene, eh eh eh… e tu come te la passi?»
«Non c’è male ma… che sorpresa, kazzo!»
«Non te l’aspettavi, vero?»
«Proprio no! Non hai mai risposto ad un paio di cartoline che t’ho
mandato, brutto stronzo!»
«Scusa... c’hai ragione… ma non ho un attimo di tempo, sai… il lavoro mi
prende un sacco di tempo… faccio il rappresentante per una ditta di articoli
per l’agricoltura, dalle cesoie al falciaerba e ai trattori, e sono sempre in
giro… »
«Vai ancora con quella maledetta Renault 5?»
APERTA PICCOLA PARENTESI
Durante l’ultimo mese del
servizio militare, Roby frequentava spesso Mario oltre a Giampiero
dell’hinterland milanese e Carlo di Trento. Mario si era portato, in quel di
Cividale, la sua auto, una Renault 5 gialla con cui faceva i rallies, quindi
motore truccato, sospensioni aumentate, gomme allargate ecc. ecc. e durante uno
di quei raid che i quattro erano soliti fare nell’entroterra udinese, la
macchina era andata in testacoda, scaraventandoli su un prato di margherite ed
erba medica, capovolgendosi un paio di volte senza, per puro culo, recare
danni a nessuno, se non qualche
bernoccolo… ma la paura fu tanta. Da quel giorno, infatti, Roby veniva preso
dal terrore ogniqualvolta saliva su di un’auto guidata da qualcuno che non
fosse lui.
CHIUSA PICCOLA PARENTESI
«No, non ce l’ho più… l’ho venduta… ho chiuso con il rally dopo che ho
cominciato a lavorare. Adesso ho un Audi 80 niente male… »
«Bravo! C’ho un brutto ricordo di quell’automobile! Ma… com’è che mi hai
telefonato?»
«Beh… primo per salutarti e per scusarmi ancora per non aver risposto
alle tue cartoline… e poi perché volevo dirti una cosa: un paio di settimane
fa, per lavoro, mi sono recato a Spilimbergo, e siccome avevo il pomeriggio
libero, ho deciso di rivedere Udine e Cividale e San Daniele e Remanzacco… e
così sono passato per caso in un paesino che mi ricordavo molto accogliente… ti
dice niente il nome Valeria?»
«Valeria… mmmmh… Valeria… aspetta, fammi
fare mente locale (pausa di qualche secondo)… ma non era quella barista che c’aveva
il bar lungo la strada per l’inceneritore? Quella mezza ninfomane… quella che
ci siamo sbattuti tutti e quattro quella domenica sul Natisone?»
«E-sat-to! Proprio quella lì!»
«Non mi verrai a dire che mi hai telefonato solo per dirmi che l’hai rivista
e che te la sei rifatta?»
«No, no… non mi ha neanche riconosciuto! Ho messo su qualche chiletto e
mi sono ricresciuti i capelli. Quello che ti volevo dire è questo: ti ricordi
che ci dicesti che dopo “il divertimento” tu non avevi preso precauzioni?»
«Si… mi ricordo… non avevo preso precauzioni primo perché non mi
aspettavo di avere un’avventura del genere e poi perché, visto che se la
sbatteva tutta la caserma, ho immaginato che le precauzioni le prendesse lei!»
«Senti… non so come dirtelo… sono entrato nel bar a prendere un caffè e,
dentro un carrozzino, c’era un bambino tutto ricciolino e paffutello che avrà
più o meno due anni… ho fatto due più due e…»
«…E?... »
«E che kazzo ne so, non sarà, per caso… no, faccio per dire… non sarà per
caso il tuo?»
«CHE COSA? MIO?!?! NO, NON È
POSSIBILE!!!! I conti non torn… oh, porca puttanaccia della miseria!
Aspetta un attimo… dunque… il fatto è successo i primi di luglio dell’81… »
«Il 5, per essere precisi…» lo interruppe Mario.
«Si, si… mi ricordo… era il 5, due giorni prima del congedo… dunque,
facendo un po’ di calcoli… nove mesi dopo è… aprile dell’82… dovrebbe essere
nato, sempre se fosse il mio ma non lo è, verso… aprile del 1982, no?»
«E-sat-to!!!»
«No! Non può essere! Non può essere il mio… quella zoccola s’è scopata
tutta la caserma… non può essere il mio!»
«Oh, senti, io ti dico le cose come stanno… può darsi che lei si sia
sposata qualche giorno dopo e quello è il frutto del suo matrimonio… ma la
rassomiglianza con te ha dell’incredibile… »
«Ma dai, non può essere vero… non DEVE
essere vero!»
«Beh, senti Roby: io te l’ho detto, perché mi sembrava giusto e corretto
avvertirti… comunque, fai come ti pare, ma se fossi in te, io comincerei a
preoccuparmi… »
Ci fu un attimo lungo un’eternità di gelido
e spettrale silenzio. Roby non riusciva a capacitarsi di quelle parole, e il
suo cervello cominciava a ribollire e a rimuginare fatti, misfatti e situazioni
ormai sopite nel dimenticatoio.
«Ehi, ci sei ancora o sei svenuto?» domandò Mario.
«… Si… si, ci sto! Stavo solo pensando a cosa kazzo fare… »
«Va bene, allora, ti saluto, e spero di rivederti, un giorno!»
«Si... ciao Mario, stammi bene e alla prossima!» a tutto pensava meno
che alla possibilità di rivedere Mario dopo quella telefonata.
Chiusa la conversazione, Roby entrò in uno stato tra l’apatia, la
nevrosi e il collasso cardiocircolatorio: un figlio suo… ma quando mai! Non era
plausibile la cosa; com’era possibile che una ragazza che amava fare l’amore
con chiunque le capitava a tiro, non prendesse delle precauzioni… era una cosa
impossibile, avrebbe avuto una marea di bambini.
Roby non riusciva a comprendere cosa fosse più giusto fare: se
accertarsi di persona della vicenda, ma Cividale stava a più di 650 chilometri
dal suo amato letto, senza la “machine” e con il lavoro che non gli permetteva
di allontanarsi più di tanto da Terni, oppure… oppure telefonare a… come cavolo
si chiamava… Pietro! Si, Pietro D., quello di Casarsa della Delizia… quello che,
con una gran botta di culo, era riuscito a fare il militare a soli 40
chilometri da casa. Forse lui poteva svolgere delle indagini. Non erano mai
stati grandi amici anche se avevano fatto insieme anche il C.A.R. a Casale
Monferrato, né Pietro era stato un grande amico di Mario, quindi poteva
benissimo essere la persona giusta per capire se Mario aveva detto un’enorme
cazzata o…
Sull’elenco della provincia di Pordenone, c’era ben 5 famiglie D., a
Casarsa e, quindi, fu costretto a telefonare a tutte e cinque, non avendo
l’indirizzo del suo ex commilitone.
Proprio all’ultimo numero, riuscì a trovare Pietro o, meglio dire riuscì
a capire che quella era la sua famiglia, ma lui non lo trovò: era fuori Italia
per lavoro, e sarebbe tornato di lì a tre o quattro mesi.
«Oh kazzo! Che sfiga!» pensò il povero Roby «È troppo tempo… non
riuscirei a dormire al pensiero di questa cavolo di situazione imbarazzante! E
adesso?»
E adesso le cose si complicavano maledettamente senza quest’ultima
possibilità, non sapeva più a cosa pensare. Provò a telefonare a Carlo, a
Trento, uno dei “four horsemen” autori del misfatto, ma anche lui non riusciva
a dare una spiegazione plausibile a questa storia. Certo, Carlo poteva anche
provare ad andare a verificare di persona… da casa sua non erano tanti
chilometri, ma Roby non se la sentì di chiedere questo favore all’amico, e la
cosa nacque e morì lì. Sentì anche Alex, e questi lo dissuase dal fatto di
andare di persona: «Cerca di pazientare per qualche mese, poi cerca di ricontattare
Pietro, e vedi se lui può fare qualcosa e poi, se lui non ti può aiutare, parti
tu, e se questa sarà la tua volontà definitiva, ti pregi di venirmi a prendere,
così ti accompagno… sono curioso anch’io di vedere quello che è successo!»
Roby cercò in qualche modo di dimenticare: ormai aveva deciso che ci
sarebbe andato lui stesso a Cividale a verificare l’esattezza delle
dichiarazioni di Mario, ma avrebbe aspettato luglio e le agognate ferie, con la
speranza che per quel periodo avrebbe anche potuto comprarsi una macchina
decente.
Ne parlò con gli amici rockers, e questi, per premio, gli dedicarono una
delle 80 carte de “Lu mercatu de li stiavi” con la dicitura “Lu fiju de lu
Mume”.
APERTA SECONDA PICCOLA PARENTESI
Bob “The flying dutchman” aveva
avuto la brillante idea di rifare, a modo suo, le carte del “Mercante in
fiera”, tipico gioco a carte natalizio, cambiando “il lattante” o “la
paradisea”, con i luoghi comuni cari agli Strangers. Così nacquero le famose
carte “Lu mercatu de li stiavi” (rigorosamente
in dialetto ternano), con “la birra”, “Lemmy”, “la sera che ce portoro
juppe la questura”, “Barnum”, “Halford”, “Bekelelele…”, “lu fiju de lu Mume”,
appunto, fino ad arrivare ad 80 carte con cui giocare le serate fredde e
piovose d’inverno.
CHIUSA SECONDA PICCOLA PARENTESI
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