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mercoledì 18 gennaio 2012

Il poeta del giorno: Walt Whitman

Nato nel 1819 a Long Island [New York] da una famiglia di origine mista, olandese e nordamericana. Suo padre era carpentiere. A undici anni lasciò gli studi per entrare come apprendista tipografo in una stamperia. Nel 1838, a 19 anni, cambiò mestiere e si mise a insegnare. Passò al giornalismo e nel 1841 era già direttore del «Daily Eagle» di Brooklyn, amico di pittori e cantanti d'opera. Nel 1848 per divergenze d'opinioni politiche lasciò il giornalismo e fece il carpentiere. Cominciò a scrivere le "Foglie d'erba" che, pubblicate nel 1855, non furono lette. Nel 1862, do po una visita al fratello George ferito nella guerra civile, scoprì la vocazione di infermiere: negli ultimi tre anni della guerra civile si prodigò con straordinaria energia negli ospedali da campo. Negli anni seguenti continuò a lavorare a nuove edizioni delle "Foglie d'erba". Nonostante il consolidarsi della sua reputazione, anche in europa, nel 1865 fu costretto a lasciare il suo impiego al ministero dell'interno per lo scandalo suscitato dal linguaggio e dalle metafore sessuali di alcune sue poesie. Continuò a lavorare a impieghi governativi a Washington fino al 1873, quando, colpito da una lieve paralisi, dovette rassegnarsi a una vita più ritirata. Continuò a scrivere, lucidissimo, in prosa. Morì il 12 marzo 1892, a Camden [New Jersey]. Whitman è stato autore di una sola raccolta di poesie, Foglie d'erba (Leaves of grass), e di vari scritti in prosa, giornalistici e polemici. Scrisse i suoi ricordi di guerra nel libro Giorni scelti (Specimen days, 1882). Whitman è il maggior poeta nordamericano precedente la guerra civile. Con un linguaggio composito e altamente personale, compose un inno appassionato ("Foglie d'erba") alle possibilità ideali dell'individuio e del mondo, celebrò la divinità della natura umana e il miracolo della realtà quotidiana. Di "Foglie d'erba", stampato a spese e per mano dell'autore nel 1855, si vendettero allora solo 30 copie. I critici lo ignorarono. Solo Emerson gli scrisse una lettera entusiasta, ma lo rimproverò poi per averla resa pubblica. In quello stesso anno furono invece vendute 5 mila copie di Longfellow, mentre un mi lione di copie risulta vendette il signor Thimoty Shy Arthur autore di storie edificanti e di appelli contro l'uso degli alcoo lici. E' il caso di un poeta e attivista visto dai contemporanei con fastidio e sospetto (tra l'altro era anche omosessuale), che si presentava fin dal frontespizio senza cravatta e in tenuta da lavoratore: fu licenziato nel 1865 dal ministero degli interni perché gli fu trovato nel cassetto una copia del suo libro. Un fastidio e sospetto che perdurò a lungo: il suo centenario della morte fu festeggiato in sordina nel suo paese, e solo da una parte della critica accademica, pur restando le sue poesie nelle antologie scolastiche. Più forte il successo di Whitman negli ambienti, soprattutto socialisti, europei, e in autori "eccentrici" come Allen Ginsberg o Henry Miller. Di "Foglie d'erba" Whitman fece nel corso della sua esistenza dieci edizioni, continuamente rinnovate e ampliate. La seconda già nel 1856, la terza nel 1860 e comprendente Calamus e i Figli di Adam (Children of Adam), la quarta nel 1867 con le poesie della guerra civile, Rulli di tamburo (Drum taps) e l'elegia per la morte di Lincoln. L'ultima nel 1892, anno della sua morte. Whitman fu poeta dell'io. Celebre il suo Canto di me stesso (Song of myself). Ma fu anche poeta della collettività, del presente e della democrazia. Autore di una sola, anche se vastissima raccolta di poesia, ha avuto un ruolo innovativo. Non solo per l'audacia dei temi: l'esplodere dell'eros, la vita e la morte viste da vicino. Ma anche per il modo con cui Whitman tratta questi temi. Come la poesia contemporanea di Emily Dickinson, ma con tecniche formali e linguistiche totalmente differenti, la sua poesia è profondamente radicata nel pianeta nordamericano da cui ogni singola "foglia d'erba" trae energia. Con straordinaria intensità, raggiunge un profondo misticismo. La sua precisione elencatoria non è mai pura cronaca né compiaciuta descrittività. Sia quando cantano un amore paganamente puro, sia quando si affermano attoniti di fronte allo spettacolo della morte, sia quando tracciano figure di operai e di cocchieri in una notte d'inverno (come in "Calamus"), o celebrano il progresso nella vigorosa immagine della ferrovia, essi vanno oltre l'oggetto, immergendolo in un campo di energia ritmica e psichica più vasto. Autodidatta, educato ai princìpi della democrazia jeffersoniana, è un illuminista con lo sguardo rivolto a terra, che abbraccia e canta il 'sogno americano' ma deve affrontare la terribile esperienza della sanguinosa guerra civile. Un 'democratico' co stretto a abbandonare il partito che ha tradito i suoi ideali e che trova nel repubblicano Lincoln una risposta positiva, subito messa alla prova dall'assassinio del presidente che aveva rista bilito l'unità della nazione. Cresciuto nell'età di Emerson e Thoreau, in un'america agraria che sotto i suoi occhi diventa la terra dei Carnegie e dei Mellon, del capitalismo rampante, e mette alla prova i suoi sogni egualitari. Nelle sue prose - articoli di giornale, abbozzi di conferenze, opuscoli, pagine di diario - è la testimonianza dolorosa della corruzione incalzante e della crescente divaricazione tra ricchi e poveri. Scrive agli inizi degli anni '70, per un conferenza mai pronunciata, che il problema più grosso «non è la questione astratta della democrazia ma quello della organizzazione economi ca e sociale, del trattamento dei lavoratori da parte dei datori di lavoro [...] legato più o meno direttamente alla questione della povertà»; indica «lo spettro pericoloso, per la pace, la salute, la sicurezza sociale e il progresso, da lungo tempo noto ai governanti del vecchio mondo, che sembra avvicinarsi sempre più al mondo nuovo per installarvisi»: è lo spettro di «vaste messi di popolazioni povere, disperate, scontente, nomadi, mise rabilmente pagate come quelle che abbiamo viste affacciarsi in questi ultimi anni»; se ciò avverrà, «il nostro esperimento re pubblicano, nonostante i suoi superficiali successi sarà destina to a un doloroso fallimento». Nel 1871 nel saggio "Democratic Vistas", porta alle ultime conseguenze la requisitoria contro gli «infedeli all'America e ai suoi programmi». Denuncia «la deprava zione della classe imprenditoriale [...] maggiore di quanto non si potesse supporre», «la corruzione, la fraudolenza, la falsità e la mala amministrazione» di tutti «i servizi pubblici nazionali, statali e municipali» con l'inquinamento del sistema giudiziario e le «ruberie rispettabili e non rispettabili e alla corruzione nelle grandi città» dominate dal «l'onnivoro mondo moderno degli affari il cui solo obiettivo, con qualsiasi mezzo, è il profitto economico». Il suo vorrebbe essere «un programma di cultura», un progetto di democrazia «non per una sola classe» ma per tutti, basato anche sulla «perfetta eguaglianza delle donne» nel lavoro e «nelle decisioni pratiche e politiche».


A uno sconosciuto
Sconosciuto che passi! Tu non sai con che desiderio ti guardo,
Devi essere colui che cercavo, o colei che cercavo (mi arriva come un sogno),
Sicuramente ho vissuto con te in qualche luogo una vita di gioia,
Tutto ritorna, fluido, affettuoso, casto, maturo, mentre passiamo veloci uno vicino all'altro,
Sei cresciuto con me, con me sei stato ragazzo o giovanetta,
Ho mangiato e dormito con te, il tuo corpo non è più solo tuo né ha lasciato il mio corpo solo mio,
Mi dai il piacere dei tuoi occhi, del tuo viso, della tua carne, passando,
In cambio prendi la mia barba, il mio petto, le mie mani,
Non devo parlarti, devo pensare a te quando siedo in disparte o mi sveglio di notte, tutto solo,
Devo aspettare, perché t'incontrerò di nuovo, non ho dubbi,
Devo vedere come non perderti più.

O capitano! Mio capitano!
Oh Capitano! Mio Capitano!
il nostro duro viaggio è finito, 
la nave ha scapolato ogni tempesta, 
il premio che cercavamo ottenuto, il porto è vicino, 
sento le campane, 
la gente esulta, mentre gli occhi seguono la solida chiglia, il vascello severo e audace: 
ma, o cuore, 
cuore, 
cuore! 
gocce rosse di sangue dove sul ponte il mio Capitano giace caduto freddo morto. 
0 Capitano! Mio Capitano! 
alzati a sentire le campane; alzati - per te la bandiera è gettata - per te la tromba suona, per te i fiori, i nastri, le ghirlande - 
per te le rive di folla per te urlano, in massa, oscillanti, i volti accesi verso di te; 
ecco Capitano! 
Padre caro! 
Questo mio braccio sotto la nuca! 
È un sogno che sulla tolda sei caduto freddo, morto. 
Il mio Capitano non risponde, 
esangui e immobili le sue labbra, 
non sente il mio braccio, non ha battiti, volontà, 
la nave è all'ancora sana e salva, 
il viaggio finito, dal duro viaggio la nave vincitrice torna, raggiunta la meta;
esultate rive, suonate campane! 
Ma io con passo funebre cammino sul ponte dove il Capitano giace 
freddo, 
morto.

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