“Hollywood in lutto per la morte dell’attore John Belushi, avvenuta
ieri mattina in seguito ad un’overdose di eroina. Il corpo, trovato privo di
vita dalla sua guardia del corpo Bill Wallace, giaceva sul letto di un bungalow
dello Chateau Marmont di Beverly Hills, e presentava numerose punture su
ambedue le braccia. Ricordiamo John Belushi in film come “Animal house” o “The
Blues Brothers”, dove la sua prorompente e devastante comicità, lo aveva
innalzato ad idolo dei giovani americani e non solo.”
“QUANDO IL GIOCO SI FA DURO,
I DURI COMINCIANO A GIOCARE!”
DON’T LOOK BACK IN
AGER!
JOHN BELUSHI
( 24.1.1949 - †
6.3.1982)
ADDIO
JOHN!!!
Riposa
in pace!
Verso i primi giorni di aprile, come Roby aveva previsto, successe qualcosa
nel suo rapporto con Raffaella… ed ecco quel che accadde.
Quel pomeriggio del 2 aprile si presentava bene: sole primaverile in un
bel cielo sereno, gli uccellini che cinguettano gaudenti nei loro nidi e il
pullman che s’inerpica lungo la strada per Sangemini.
Roby andò da solo, quel giorno, perché Mauro aveva un appuntamento dal
dentista. Attese Raffaella davanti alla porta del paese, come sempre,
aspettandosi di vederla arrivare insieme con Paola, ma lei venne da sola.
Lì per lì non ci fece caso, le prese la mano e con lei si avviò verso il
parco, luogo dei loro incontri clandestini, ma si accorse subito dopo che
qualcosa non andava: lei tremava un po’ e la sentiva distante… i suoi baci non
erano appassionati come sempre, ma gelidi come acciaio e lontani anni luce, e
questo mise Roby sul chi vive.
«Che c’è che non va?» le chiese.
«No… niente, niente!» rispose lei gelida come un soldato russo.
«Come niente… si vede lontano cento chilometri che c’hai qualcosa!»
«Senti Roby…» disse alfine la dolce pulzella, cercando il modo di
esprimersi come meglio poteva, ma senza alzare gli occhi da terra «credo che la
nostra storia deve finire qui! Non voglio prenderti in giro, lo sai, ma in
questo modo lo farei: io penso sempre ad Angelo! C’ho provato a dimenticarlo,
credimi, con tutte le mie forze, ma gli ho voluto troppo bene e penso che
adesso ha bisogno di me!»
Effetto orario: erano le 14 e 52.
Effetto emotività di Roby: una
doccia gelata in pieno inverno!
«Beh, non dici niente? Mi hai sempre detto di essere sincera, ed io lo
sono stata!»
Roby rimase zitto per un attimo, cercando di non far capire a Raffaella
la sua profonda amarezza, o meglio, la propria delusione (l’orgoglio è l’orgoglio). Aveva perso e questo lo stava frustrando
oltre il dovuto.
«Cosa c’è da dire… me l’aspettavo, ne ero quasi sicuro. In due mesi che
stiamo insieme, non mi hai mai detto “ti amo” neanche una volta. Non che la
cosa sia di vitale importanza, ma mi aspettavo questo gesto da te. Se non mi
ami è inutile stare qui a tergiversare sui “come” e sui “perché”. Bene… mi
faccio da parte… esco dalla tua vita… ma non venirmi a dire di restare amici,
perché io non ci credo nell’amicizia tra un uomo e una donna (scusa… che per caso hai scritto tu i testi
de “La regola dell’amico” di Max Pezzali? Scusa se mi sono intromesso, ma
volevo vederci chiaro perché nel qual caso potresti chiedere i diritti
d’autore… no?). Stammi bene, salutami Angelo quando lo vedi e salutami
anche quella stronza di Betta, perché sento che c’è anche il suo zampino…»
«No, no, Betta non c’entra per niente…» disse lei.
«C’entra… c’entra… come se c’entra… non mi dire cazzate! Tutti quei
discorsi del kazzo su Angelo e su quei quattro deficienti di Borgo Rivo che ti
stavano appresso… ti sembra corretto parlare di certe cose davanti a me? Almeno
avesse avuto il pudore de dittele in privato… In ogni modo, risalutami Angelo
quando lo incontri, anche se non lo conosco, ma l’ho avuto vicino per du’ mesi
senza che me n’accorgessi… riguardate, e mettite la maja de lana quanno fa
freddo! Ce vedemo!!!» (fa anche
l’ironico il pupo… ma penso che sia incazzato come una bestia!)
E così, alle 15 e 03, Roby si
alzò dalla panchina che per due mesi aveva sorretto il suo sedere, e se ne andò
senza guardarsi indietro, da vero macho, con la testa ben rigida sulle spalle,
ma sapeva che lei stava piangendo, e di brutto. E lui? Lui no, non piangeva,
non lo faceva mai neanche nelle situazioni ben più gravi come la morte di una
persona cara… era solo il fumo della Camel a bruciargli gli occhi… era solo un
tantino arrabbiato, così arrabbiato, che diede un calcio ad una bicicletta
facendola volare contro il muro della chiesa.
Lo stupido tornò a Terni a piedi (sono
quasi 10 chilometri da Sangemini al capoluogo, brutto scemo!), in preda più
ad una violenta incazzatura, che ad una cupa disperazione.
Arrivò al bar Quadrifoglio, luogo abituale di ritrovo degli Strangers,
verso le quattro e mezzo di quel pomeriggio, e lì trovò Alessandro e Manetta
seduti sulle sedie del bar a parlottare del più ma anche del meno.
«O-oh… ecco lu Mume a piedi!» fece Manetta.
«Chi?» ribatté Alessandro.
«Lu Mume… lui!»
«Ah, non lo sapevo che si chiamava così!» rispose il dottor Zantaff
(soprannome di Alessandro n.d.a.) «Ma che cavolo di soprannome è?»
«Non lo so! Io l’ho conosciuto che già ce lo chiamavano ma… domannamolo
a lui… sta per arrivà!»
«Credo proprio che non sia il caso… me sembra un po’ giù de corda!»
«Ciao Mume!» disse Fabrizio “Manetta” «che kazzo hai fatto? Sembra che
t’è passato sopra ‘n autotreno!»
«Gniente, gniente… c’ho solo bisogno de beve quarcosa de forte, e
subbito, ma non c’ho ‘na lira in tasca e l’alcolici qui lu barre costano cari…
Vengo a piedi da Sangemini… me so appena lasciato co’ Raffaella e devo affogà
lu dispiacere co’ l’alcool!»
«Beh, a questo si può rimediare… » disse il Manetta «annamo a casa mia,
‘che cosa troveremo… e poi c’ho “The number of the beast”, il nuovo lp degli
Iron Maiden da favve sentì prima de mannello in radio stasera…»
«Non me la sento proprio de sentì musica in queste condizioni… sono
depresso, anzi, sono così depresso, che se fossi triste, mi sentirei
allegro!... Ma per quanto riguarda il bere… ok, te ringrazio!»
«Mmmmh… bel pomeriggio che se prospetta!» disse Alessandro.
I tre si diressero verso la Manetta’s home: Roby e Fabrizio sul “Si” di
quest’ultimo e Alessandro sul suo motorino che sembrava il fratello più vecchio
di quello di Roby.
Arrivati che furono dentro casa (fortunatamente non c’erano i genitori),
Fabrizio mise sul piatto il nuovo, fiammante disco dei Maiden, il primo con
Bruce Dickinson alla voce al posto del desaparecido Paul Di Anno, e tirò fuori
dal mobile “cassaforte” bar, una bella bottiglia di Ballantine’s.
PRIMO BICCHIERINO: Roby lo
tracannò d’un sol fiato, quasi a volersi sballare in un sol attimo, mentre sul
giradischi “Invaders” filava via, e a Roby cominciò a sciogliersi la lingua:
«’Sta troia! Dopo du’ mesi me vène a dì che penza ancora a quillu faccia da
kazzo de ‘n drogato! Ma che ho fatto de male pe’ meritamme questo? Eh? Su,
ditemelo che so ‘nu strunzu… bello ‘sto pezzo… che è?»
«Allora ce stai co’ la capoccia! S’intitola “Children of the damned”... bello, eh?»
«Cacchio se è bello! Me piace! Brutta troia, e io che j’ho dato tuttu e
anche de ppiù… ecco la bella ricompensa!»
SECONDO BICCHIERINO: tra
“Prisoner” e “22 Acacia avenue” fece l’effetto di una bomba molotov lanciata
contro un distributore di benzina.
«Perché m’hai lasciato? Perché m’hai lasciato?» disse Roby al povero
Alessandro, che per la seconda volta (e non fu l’ultima) in vita sua, doveva
stare a sorbirsi gli sproloqui amorosi del povero Roby.
«Ma che kazzo ne so!» disse Ale e quelle parole scoppiarono come una
mina nel cervello imbambolato e quasi fuso di Roby «Sembravate tanto innamorati
che questa me pare un’emerita cazzata! Mò vedrai che te telefona e te dice che,
nonostante tutto… e blà blà blà… te vòle ancora bene e… blà blà blà!»
«Lo dici pe’ famme contento, no?» disse Roby con le palpebre semichiuse
e già paurosamente abbassate sugli occhi luccicanti «Non me lo meritavo un
trattamento così, però!»
«Ecco, mò mettete pure a piagne!» disse Fabrizio mentre girava il disco
sul lato B, e quando la puntina iniziò a solcare “The number of the beast”,
Roby chiese un altro bicchierino.
«Ahò! E mica me la devi scolà tutta! Mi’ padre m’ammazza se vede la
bottija scolata!» urlò il Manetta disperato.
«E daje, solo ‘n antro, per favore!» lo supplicò Roby a mani giunte.
TERZO BICCHIERINO: comincia a
scendere la notte sul viso di Roby.
«Senti Alessà, è mejo che lo riportamo a casa sua, sennò, primo me fa
fòri tutta la bottija de whisky… mannaggia a me e quando l’ho invitato a beve…
eppoi se s’addormenta quanno ce lo riportamo a casa, l’anno del mai?» disse
Fabrizio che intanto spento lo stereo, rimise a posto la bottiglia di
Ballantine’s (versandoci dentro qualche goccia d’acqua per non far vedere la
mancanza), e chiuse a chiave la casa.
Aiutato del povero Alessandro, fece scendere le scale (terzo piano senza
ascensore) al poveraccio, lo mise di peso sopra il suo “Si”, e si avviò con una
certa fretta (a parole dato che i due,
insieme, facevano oltre 170 chili e il povero motorino stentò non poco e non
superò mai i 20 chilometri orari) verso San Giovanni. Lungo il tragitto,
vuoi per la ciucca, vuoi per l’arietta frescolina che gli schiaffeggiava il
viso, Roby cominciò ad urlare a squarciagola: «666 the number of the beast… 666
the one for you and me!»
Appena svoltarono l’ultima curva, Roby intravide tra le lacrime che
scendevano copiose (su gente, era
l’aria!) sua madre affacciata al balcone che stava parlando con la vicina
di casa. Cercò in qualche modo di ricomporsi, per evitare domande inutili, ma
appena arrivati sotto il palazzo, sua madre lo apostrofò con un «Ma che sei
‘mbriaco?»
Roby rientrò a casa in preda allo sconforto più sconfortevole e nero… si
chiuse in camera sua e buttò via il cuscino firmato “Sarah Key” che Raffaella
gli aveva regalato per San Valentino, mise sullo stereo una vecchia raccolta di
Guccini (più depresso di così) e
sprofondò in un’apatia degna di Bob De Niro in “Taxy driver”.
Effetto orario: erano le 18 e 43
Effetto emotività di Roby:
«Scusa, ma ce l’ahi con me? No, dico… ce l’hai con me?»
Dopo circa una mezzoretta, sua madre bussò alla sua porta: «Il signore è
desiderato al telefono!»
«Eh? Uh? Ma… chi è…» disse Roby completamente rincoglionito.
«Tu’ regazza!» disse sua madre.
Vuoi vedere che Alessandro è diventato preveggente? «Si, chi è… come
kazzo gira sta capoccia…»
«Ciao Roby… sono Raffaella… come ti senti?» sussurrò una vocina
dall’altro capo del filo.
«Abbastanza male, grazie! Che vòi?» rispose gelidamente.
«Te ne sei andato senza neanche salutarmi, con un’aria da condannato a
morte, credendo che solo tu stai male… ma a me non hai pensato? Come kazzo
credi che mi senta io, eh? Sto malissimo quanto te, anche perché mi sono resa
conto di essere stata egoista e stronza! Io ti voglio bene e tu lo sai, e non
voglio che finisca tutto così, come se fossi colpevole di chissà quale
delitto!»
«Senti… Raffaella… hai chiamato solo per rigirà il coltello più in
profondità nella ferita? Se è così è mejo che archiudi perché sennò me incazzo
de brutto… tu non m’hai visto mai incazzato sul serio… ce metto poco a venì su
a Sangemini e fa un casino che tu manco te l’immagini…»
«Ma non capisci? Io non voglio che finisca! C’ho pensato bene e sono
giunta alla conclusione che, almeno per me, tu conti più di qualcosa! Se mi
sono comportata da stronza, ti prego di perdonarmi, ma non parlarmi in quel
modo così… così come se fossi una bastarda… credo di non meritarmelo!»
«Scusa… ti chiedo scusa, ma sono ancora in preda di una mostruosa ciucca
e non so neanche io quello che sto a dì! Davvero vuoi continuà la nostra
storia? Non me stai a pija per culo, eh?»
«No, davvero Roby, sono sincera come non mai ed tu mi conosci bene, non
sono capace di dire una bugia a nessuno! Voglio continuare questa storia con
te, e ti giuro che cercherò in tutte le maniere il modo di farmi perdonare per
questa disgraziata situazione che si è creata oggi! Mi accompagni a scuola
domattina?»
Lui rimase un attimo in silenzio, cercando di dare un ordine ai suoi
pensieri, stravolti prima dall’alcool e poi da questa telefonata, che roteavano
senza logica nel suo cervello.
«Uh, va bene, ci vediamo davanti alla scuola e ne parliamo a voce!»
«Ok, ma tirati un po’ su… dai… non farti ancora più male…»
«Si, sto già mejo, anche se la testa continua a girà pe’ li kazzi sua…
la tua voce m’ha tirato un po’ su… ma non ti prometto qualcosa di cui ancora
non sono del tutto convinto, questo me lo devi concede…»
«Ok, ti aspetto domani domattina davanti alla Banca!»
«No, domattina non posso che devo accompagnà mi’ madre a fasse le
analisi del sangue… »
«Ok, ti aspetto all’uscita della scuola…» (si, i ragazzi vendevano i libri… ma fatemi il piacere!)
«Va bene… a mezzogiorno e 40 davanti a la scòla!» e chiuse il telefono
senza neanche salutare, lo screanzato.
L’indomani, all’ora di uscita, Roby (naturalmente,
ci avrei messo la mano e anche qualcos’altro sul fuoco) si trovava davanti
al Ginnasio, deciso a farsi rispettare, a comportarsi da “vero uomo” e non da
burattino: distaccato ma con classe. È ovvio che non ci riuscì, anzi, cadde
come una pera cotta davanti all’immagine celestiale da “Madonna di Lourdes” di
lei che gli si presentò davanti quasi a mani giunte.
«Ti prego, cerca di perdonarmi!» disse lei prima che lui provasse ad
aprire bocca «Sono stata una stronza, ed hai tutto il diritto di odiarmi… ma ti
prego, non lasciarmi adesso!»
A queste parole Roby ebbe un tracollo e si sciolse definitivamente, non
disse niente, la l’abbracciò come mai aveva fatto (come volevasi dimostrare, c’era bisogno di scriverlo?) e le diede
un bacio talmente hard che se qualche poliziotto si fosse trovato a passare di
lì per caso in quel momento, lo avrebbe messo dentro per atti osceni in luogo
pubblico!
La storia di questo pseudo-amore, tra i due protagonisti di questa prima
parte di questo racconto, tra questi novelli Romeo e Giulietta, questi novelli
Paolo e Francesca, questi novelli Francesco e Ilary, riprese a girare nella
pellicola della vita, con qualche fotogramma sfocato e qualche altro pieno di
colori inimmaginabili; la primavera era
già iniziata, e con la primavera, si sa, gli amori sbocciano come le rose a
maggio, ma, pensava Roby, non era questo il suo caso: quell’inconveniente aveva
ingigantito ancor di più il pensiero che questa storia non sarebbe durata a lungo.
Dal diario di Roby D. – 18 aprile 1982 – ore 21,15
(cominciavo a stare in pensiero…)
«È passato un po’ di tempo da quando ho scritto qualcosa su questa
specie di diario, e sono successe alcune cose. Andiamo per ordine. In uno dei
miei soliti pomeriggi Sangeminesi, ho avuto la spiacevole sorpresa di Raffaella
che, con due parole, mi lasciava, perché non riusciva a dimenticare Angelo. Mi
ha sorpreso la sua dolcezza (ma quando
mai), la sua sincerità. Io non ho battuto ciglio (o quasi) e mi sono fatto da
parte, augurandole tanta felicità, ma ci sono rimasto molto male, anche perché
l’ho amata davvero (si? ne sei tanto
sicuro?) come la amo adesso. Sono tornato a Terni sconvolto, e mi sono
preso una bella ciucca a casa di Fabrizio. Ma la sorpresa è stata più grande
quando, la sera stessa, Raffaella mi ha telefonato dicendomi che ci aveva
ripensato, che nonostante tutto mi vuole ancora bene, che si era affezionata
parecchio a me, che Angelo era una cosa passata. Mi sono sentito l’uomo più
felice del mondo (coglione! coglione!
coglione! coglione al cubo!). Mi sono accorto, nel giro di pochi attimi, di
quanto fosse diventata veramente importante per me. Adesso il nostro rapporto
si è stabilizzato su binari di massima scorrevolezza. C’è però un altro neo:
Lory. Nella sua ultima lettera datata 13 marzo (giorno anche della presunta, ma
poi non risultata vera, morte di Ozzy Osbourne, ma intanto è morto il suo
chitarrista Randy Rhoads), ho conosciuto una Lory diversa, una Lory che non
volevo conoscere, una Lory schifata della vita e stanca di vivere, e tutto
questo perché il suo amore per Gigi è ostacolato da mille problemi: i genitori
di lei, ma anche di lui, l’eroina soprattutto, la lontananza (lui è di
Catania); la Lory piena di voglia di vivere che ho conosciuto durante i lunghi
anni della nostra corrispondenza, era stata sostituita da una Lory senza nerbo;
la Lory che ride e che scherza, da una Lory che piange e si dispera. Era
inevitabile: sta crescendo e se ha ragione o no, questo non sta a me deciderlo,
non sta a me a giudicarla. Io, da amico, più di confortarla, di porgerle la mia
mano, non posso. Terza cosa importante, è di poche ore fa. Passeggiando per il
corso, ho incontrato Paolo, che è molto deciso ad andare via di casa. La
decisione la deve prendere stasera, ma ancora non so cosa sia successo. Mi
dispiace, perché conosco Paolo da una vita e so che quando decide di fare una
cosa, va fino in fondo (il suo scherzo della partenza per il Sinai è stato
memorabile, c’eravamo cascati tutti). Mi dispiace, ma se ha deciso di cambiare
vita ed iniziare una nuova era per conto suo, sono affari suoi, non posso
intromettermi in queste decisioni. Tra Mauro e Paola tutto procede liscio, la
storia si è fatta seria, lui ha già conosciuto da tempo i genitori di Paola,
quindi la cosa è, come si dice, ufficiale. I rapporti con gli Strangers si sono
fatti più intensi: sono ragazzi in gamba. Nonostante l’aria da duri, sono buoni
come una bella fetta di zuppa inglese! Vi ringrazio tutti, e spero di meritare
questa vostra amicizia.»
PS ore 22,00 : Paolo ha deciso per questa notte!
PS² ore 10,30 del 19 aprile : è andato tutto a puttane per colpa di
Mauro!
E VAI COL TANGO!
Domenica 25 aprile: tipica giornata primaverile, sole già a buon punto
di calura, temperatura sui 22°. La Ternana gioca fuori casa (ma ormai da un po’
di tempo Roby, specialmente da quando la squadra era retrocessa in C1, non
andava più allo stadio, preferendo andare a vedere suo nipote sui campetti in
terra battuta di periferia nei tornei riservati ai giovanissimi).
Al cinema non fanno niente di buono, Mauro e Paola sono andati fuori per
un paio di giorni (la loro prima vacanza insieme), gli Strangers sono andati
tutti a Roma a vedere i Krokus (Roby non
ne aveva voglia e poi i Krokus non erano proprio il massimo… i cloni degli
Ac/Dc… puah!). Che fare? Come passare quella giornata?
Verso le 10 del mattino, telefona a Raffaella a Borgo Rivo, per sapere
se, nel pomeriggio, si possono vedere (essendo
fidanzati “di nascosto”, non è che si potevano vedere ogni cinque minuti… erano
altri tempi).
«No, non devo andare da nessuna parte… pensavo di fare compagnia a mia
nonna che sta sempre sola… e poi tu mi avevi detto che andavi a Roma al
concerto…»
«C’ho ripensato! Non mi andava di spendere questa bella domenica andando
a zompare con gli altri… e poi sto a corto di quattrini…»
«Beh, allora vediamoci… va bene alle tre in centro? Poi decideremo cosa
fare, ok?»
«Ok, perfetto! Alle tre davanti alla Banca.»
Roby non aveva in mente niente di particolare: il fatto di non avere la
macchina né tanto meno la patente, limitava alquanto il suo raggio d’azione.
Dove potevano andare in quella bella domenica di primavera? Una passeggiata per
Terni? Squallido, la domenica Terni è vuota (devono arrivare ancora le romene e le ucraine nella nostra città)
Al cinema? Meno che mai, non c’era un film decente da vedere. In discoteca? Dio
me ne guardi! La decisione presa fu di andare a casa di Roby a sentire un po’
di musica, a sgranocchiare qualche Oro Saiwa con il tè, a scrivere qualche
stupidaggine sull’agenda, così, per passare il tempo soli soletti.
Alle 15 e 35 sono dentro casa di Roby che, per gentilezza, presenta
Raffaella alla sua mamma. Sua madre sapeva perfettamente che erano fidanzati,
ma lui la presentò come un’amica, ma tanto il senso era quello. Si chiusero in
camera, senza girare la chiave nella porta, tanto mamma è in sala a vedere
“Domenica In”, e poi non è la tipa che viene a rompere le uova nel paniere. Si
preparano due belle tazze fumanti di tè, un pacco nuovo nuovo di biscotti, il
portacenere per le sigarette, e via, sul compatto stereo vecchio come Noè,
volano in rapida successione “Dark side of the moon” dei Pink Floyd, un
“Greatest hits” di Janis Joplin, “Diary of a madman” di Ozzy Osbourne (l’unico
disco metal che piaceva a Raffaella, che aveva gusti abbastanza hippy in fatto
di musica), “I buoni e i cattivi” di Bennato, una raccolta di De Andrè (chissà che kazzo di fine hanno fatto ‘sti
dischi… n.d.R. nota di Roby… scusate l’intrusione)… e loro, tra un sorso di
tè, una Camel, un bacio lungo e appassionato, ridono e scherzano e scrivono
cazzate sull’agenda. Poi, Roby, ha la brillantissima idea di mettere sul
giradischi il doppio album live dei Genesis “Seconds out” e qui scatta una
molla imprevista ed imprevedibile. Lei si siede sul letto, mentre lui appoggia
la puntina sul disco, e lo invita a sedersi accanto. Roby si siede, lei gli
prende la mano e se l’appoggia sul seno, lui ha il batticuore, lei ansima
quando lui le accarezza e mentre le slaccia delicatamente i bottoni della
camicetta. Roby comincia a sudare a freddo, lei gli accarezza i capelli.
PAUSA
Roby va a chiudere a chiave la porta della camera, che non si sa mai e
poi, calmo e sensuale, le slaccia il reggiseno e i suoi occhi escono fuori
dalle orbite quando lei rimane a seno nudo, un seno piccolo e sodo, ben
proporzionato al resto: è la prima volta che lui lo vede! Si, c’era stato quel
pomeriggio a casa di Paola, ve l’ho già raccontato, ma il brusco finale mise
tutti di cattivo umore (a parte le dita
di Roby, ah! ah! ah!). Lei lo abbraccia e lo bacia più volte, lui le prende il piccolo
seno tra le mani, lei butta la testa all’indietro e comincia a respirare con
affanno.
PAUSA
CONSIGLI PER GLI ACQUISTI!
Questa parentesi pseudo-erotica, fu l’inizio
della fine del rapporto tra Roby e Raffaella. Il loro rapporto continuò ancora per qualche tempo, senza sesso, solo e sempre i soliti baci e le solite carezze, fino al 10 maggio. Poi,
per cinque lunghi giorni, Raffaella fece perdere le tracce. Roby non riusciva a
rintracciarla, né a Sangemini né tanto meno a Borgo Rivo. Neanche Paoletta
aveva più notizie della sua amica; anche le amiche di scuola notarono la sua
assenza, finché, il 15 dello stesso mese, Raffaella si rifà viva verso l’ora di
pranzo telefonando a Roby dalla casa della nonna materna, dicendogli se si
potevano vedere quel pomeriggio su al bosco di Collerolletta. E in mezzo alle
querce, ai tigli e ai castagni, l’unione tra l’ex-fricchettone neo-metallaro
Roby e Raffaella, finì, senza drammi, stavolta: il loro rapporto era durato
esattamente 107 giorni.
OK,
BOYS! CERCHIAMO DI COMPRENDERE LO STATO D’ANIMO DI QUESTO POVERACCIO, SONO
MOMENTI TERRIBILI QUESTI, QUINDI STRINGIAMOCI
TUTTI ATTORNO AL SUO DOLORE E AL SUO CAPEZZALE E CONFORTIAMOLO… SE LO MERITA!
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