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mercoledì 11 gennaio 2012

TERNI CITY ROCKERS: 5a puntata


FLASHBACK

   Quel pomeriggio di un giorno da cani agli albori degli eighties, Roby se ne stava stravaccato sul letto ad ascoltare “Making movies” dei Dire Straits, perso nei suoi ricordi tardo-adolescenziali fatti di domeniche fricchettone con la chitarra in spalla con Mauro e Maurizio in piazza del Duomo a Spoleto a fare serenate alle belle signore impellicciate per qualche spicciolo, fatti di interminabili partite di pallone nello spiazzo antistante la Chiesa del Carmine alla “Passeggiata” con gli amici estremisti conosciuti durante quella visita all’ex Palazzo della Sanità (ribattezzato Palazzo Primavera dagli Autonomi), pomeriggi a zonzo per la città con Paolo e Francesco (la strafica, strafamosa e stracult Pierrezeta, ovvero Premiata Rosticceria Zi Checco) a raccogliere interviste e testimonianze della gente comune sull’aumento della carne e delle patate nel reparto alimentare dell’Upim in nome di un fantomatico e misterioso “Liceo Sperimentale Non Riuscito”, i ricordi di quando con un microfono nascosto tra le pieghe o sotto le maniche dei maglioni, si registravano i dialoghi piccanti tra ragazze o tra massaie o tra pensionati sull’autobus, per poi farsi quattro grasse risate nel programma dei G.A.S. (Gruppi Armati Strufubù) alla radio.

   Sul vecchio stereo (quei compatti che andavano tanto negli anni ’70 con giradischi, registratore a cassette e radio assemblati tutti insieme, e dal peso che si aggirava intorno ai 50 chili) comprato da mammina cinque anni prima per la promozione in 4° Ragioneria, stava girando ora un vecchio album dei Police, “Reggatta de Blanc”, quello di “Message in a bottle”, “Bring on the night” e “Walking on the moon” tanto per intenderci, quando il campanello di casa D. cominciò a strillare con impazienza.
   «E che è! Un attimo!» Roby era solo in casa e, di malavoglia, fu costretto ad alzarsi «Sarà quella rompiscatole della vicina che cerca mi’ madre!» pensò mezzo rincoglionito, ma davanti ai suoi occhi c’era Mauro e due energumeni vestiti di pelle nera, bracciali di borchie ai polsi, stivali neri ai piedi, capelli corti, sguardo truce, spille e toppe attaccate al giubbotto con nomi sconosciuti come Saxon, Mötorhead o Iron Maiden; in Roby ci fu un attimo di esitazione: chi erano costoro? E chi li aveva invitati? E perché? Ma soprattutto, che cosa volevano da lui?
   Fu Mauro a rompere quello stato di tensione apparente:
   «Ciao Mume, c’hai da fa’? Noi annamo tutti quanti su a li Campacci delle Marmore a vedè li Synthesis! Vóli venì?» (Mume era il soprannome che Roby si portava dietro dai gloriosi tempi delle medie. Non significava praticamente nulla e le cronache del tempo non registrano il modo o il momento in cui gli venne affibbiato tale soprannome, ma ormai era un’istituzione e solo gli amici più intimi osavano chiamarlo così!).
   «I chi?» rispose Roby ancora sconvolto dalla visione.
   «I Synthesis… è un gruppo di heavy metal delle Cesure…» fece Mauro.
   Roby stralunò gli occhi e fece entrare i tre e offrì loro un Martini col ghiaccio e chiese al suo amico chi fossero gli altri due.
   «Ah, già! Quasi me ne scordavo… lui è Fausto e lui è Luca… sai gli Strangers… metallari!... l’heavy metal!»
   «Metallari? Heavy metal?» disse Roby «vòli dì rumore, strilli, urla disumane, vomiti o kazzi del genere? Ce dovrei avé qualcosa… mmmmh… Deep Purple, Rainbow, Led Zeppelin, AcDc, un live dei Judas Priest, Van Halen… ma non li sento spesso…»
   «Come inizio non c’è male» disse Fausto «ma sennò che musica senti?»
   «Beh… (ma come si permette questo! Che ne sa lui di musica! Quando Roby ascoltava Emerson Lake & Palmer o i Tangerne Dream lui probabilmente vedeva lo “Zecchino d’oro” alla tv!) Genesis, Pink Floyd, Dire Straits… Toto… Police… uhmmm… Bennato, Guccini, Styx… Yes… De Andrè (R.I.P.)… e poi… Jethro Tull e Alan Parsons, Eagles, specialmente “Hotel California”, Bob Seger, i Kansas, Meat Loaf… l’hai mai sentito “Bat out of hell”? è stupendo! Poi i Reo Speedwagon… li conosci? I Queen, i mitici Queen del “Live killers”… i King Crimson, Mike Oldfield, David Bowie, i Kraftwerk... Tom Petty... qualcosa di Emerson Lake & Palmer... ah, c’ho anche un disco dei Black Sabbath… mmmh… come kazzo s’intitola… ah, “Sabbath bloody sabbath”. Di recente ho comprato i Cars… carini!... e poi Finardi, Camerini, Branduardi…»
   «Si, si, ho capito… musica dell’altro secolo! Sei un fricchettone, o no?» (aridaje!!!)
   Punto sul vivo Roby si risentì un po’ e disse orgogliosamente: «Bisogna vedere che cosa intendi per fricchettone! Se per te è uno che si fa le canne dalla mattina alla sera e pensa solo alla rivoluzione proletaria… allora no, non sono un fricchettone! Se invece intendi uno spirito anarchico, selvaggio e libero da ogni regola… allora si, sono un fricchettone… e me ne vanto!»
   «Embè? E allora? È il nostro stesso stile di vita… spirito selvaggio e libero! Solo che invece dei camicioni portiamo giubbotti di pelle… invece dei sandali portiamo stivali da motociclisti… invece dei libri sulla spiritualità dell’anima leggiamo libri di fantascienza e fumetti americani tipo “I Fantastici Quattro” o “L’uomo ragno”… Se vuoi ti presto qualche disco e qualche libro e poi mi saprai dire!»
   «Fa’ ‘n po’ come te pare! Te dico, però, che gniente può sostituire i Pink Floyd!»
   «Allora che fai, vieni su ai Campacci?» disse Luca «Suonano i nostri amici Synthesis, fanno metallo allo stato puro e così ti renderai conto cosa significhi essere metallari!»
   «Vabbè… vengo anch’io!» rispose Roby dopo un attimo di indecisione «Non c’ho da fa niente e uscì me farà bene prime de rientrà in caserma dopodomani…»
   Lasciò un messaggio scritto a sua madre, si mise quel giacchino marrone che gli piaceva tanto sopra la camicia avana come sempre fuori dai jeans.

   Scese di sotto insieme agli altri tre e subito si rese conto della differenza tra lui e quei due tipi vestiti di pelle: Roby aveva uno scalcinato Benelli 50 a tre marce tutto rattoppo e ruggine (ma con la marmitta ad espansione che gli permetteva di raggiungere, in discesa e a favore di vento, anche i 70 kmh!), mentre sia Fausto che Luca avevano due belle moto 125 (una Harley e una Cagiva) da strada, niente dei eccezionale, ma per dei ventenni erano pur sempre due buone moto.

   E fu così che da un giorno all’altro, per Roby iniziò un nuovo stile di vita: al diavolo le camice indiane, i maglioni tre misure più grandi, i simboli Zen e hippy, i braccialetti di cuoio, Siddharta, Guccini e De Gregori, gli occhialini alla John Lennon (R.I.P.), e largo al giubbotto di pelle (il primo gli fu regalato da un suo cugino) ricoperto di spille e toppe dei gruppi più disparati, bracciali di borchie ai polsi fatti a mano artigianalmente, stivali da motociclista ai piedi, capelli lunghi e ben curati, anelli con il teschio, e tutta una simbologia pseudo-fascista che di fascista aveva solo la simbologia, dato che il nostro… beh, diciamo che, politicamente parlando, stava da tutt’altra parte.
   Quel concerto dei Synthesis fu la svolta della sua vita musicale, e non solo della sua, ma anche di chi comprese come fino a quel momento si fosse sentito antico e fuori dal mondo.
   Anche il concetto di amicizia sembrò cambiare radicalmente: se prima gli amici erano “quelli dell’Isola”, che pensavano solo alla rivoluzione proletaria e a farsi le canne, ora erano giovani figli di buona famiglia (la maggior parte, ma nessuno te lo facevano pesare) con cui dividere ogni singola cazzata, ogni singolo minuto della giornata, ogni singolo respiro di questa nuova vita. Conobbe Marco, il fratello di Luca, Roberto F. (che d’ora in poi chiameremo Robur), Roberto P. (che d’ora in poi chiameremo Bob), Bruno, Mary (la fidanzata di Fausto), Fabio un punk stile Johnny Rotten, Alessandro R. (che continueremo a chiamare Alessandro), Carlo; ritrovò anche un suo vecchio amico d’infanzia, tal Fabrizio detto “Manetta”, ex dj di radio Evelyn passato di recente a Radio Antenna Musica perché lì «almeno qualche soldo te lo danno!» vecchio compagno di musica buona (gli aveva fatto conoscere un sacco di gruppi nuovi come Blue Oyster Cult o Thin Lizzy o Butchman Turner Overdrive).
   Roby provò tutta una serie di nuove fantastiche sensazioni, di brividi a fior di pelle, momenti di esaltazione e scariche di pura adrenalina solo a vedere i guizzi chitarristici di David Pieralisi o gli assoli ai tamburi di Roberto Uccellini.

   Quella notte, sdraiato sul letto, Roby non guardava le stelle dalla finestra sul tetto, né seguiva le scie dei satelliti nel cielo. Faticava a prendere sonno: era stata una giornata molto piena, cominciata prestissimo e finita tardissimo.
   Cominciò a pensare seriamente alla sua vita: cosa aveva avuto fino ad allora? Si, c’era stato il periodo scolastico, il diploma risicato (ancora, però, non gli andava giù quel “40” preso agli esami di maturità, visto come erano andati sia gli scritti che gli orali), quel piccolo lavoretto di “consegna fiori a domicilio”, quel maledetto anno passato ai confini orientali dell’italico paese, qualche storiella pseudo amorosa (Tiziana, Francesca e migliaia di flirt da adolescente).
   MA DAL PUNTO DI VISTA UMANO, NEI RAPPORTI CON GLI ALTRI… BEH, COSA AVEVA AVUTO?
   Certo, i suoi amici di sempre come Mauro, o suo fratello Paolo, o Francesco, o Roberto R. (che d’ora in poi chiameremo Rivelli), o Massimo e Grazia… ma loro ci sarebbero sempre stati fino alla fine dei suoi giorni, questo lo sapeva: loro erano amici con la A super maiuscola!
   QUI SI TRATTAVA DI INIZIARE UNA NUOVA VITA, CAMBIARE RADICALMENTE LE PROPRIE ABITUDINI, I PROPRI GUSTI MUSICALI, FINANCHE LE PROPRIE IDEE POLITICHE, (anche se questo non era un particolare molto importante per Roby: al nostro amico la politica non era mai interessata particolarmente, a parte quel piccolo periodo verso i 17 in cui s’era iscritto alla Federazione dei Giovani Comunisti; da quando aveva compiuto 18 anni, e quindi aveva la facoltà di apporre il suo “marchio” sulle schede elettorali, dava il suo voto al Piccì più per eredità familiare che per pura e vera convinzione; certo, era pur sempre un figlio della Terni operaia e piuttosto di dare il voto ai padroni…).
NE VALEVA VERAMENTE LA PENA? AI POSTERI L’ARDUA SENTENZA…

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