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mercoledì 11 gennaio 2012

Il poeta del giorno: Gottfried Benn

Nato a Mansfeld [Prussia occidentale] nel 1886 (morto a Berli no nel 1956), determinanti per la formazione della sua personalità furono l'ambiente della casa paterna (il padre era parroco protestante) e gli studi di medicina. Le prime liriche, Morgue (1912), che elaborano motivi e impressioni in un linguaggio per meato dal gergo medico, fanno di Benn un caso letterario e uno dei fondatori dell'espressionismo. Celebre la lirica intitolata "Bella gioventù" in cui demolisce sentimenti religiosi e ideali romantici scrivendo sul cadavere di una fanciulla rinvenuta in un canneto.

La nostalgia per le origini prelogiche dell'umanità e l'avversione per la civiltà moderna portarono Benn a salutare con entusiasmo l'avvento del nazismo, in Il nuovo stato e gli intellettuali (Der neue Staat un die Intellektuellen, 1933). Lo affascina la concezione dello stato totalitario, che realizza la piena identità di potere e spirito, individuo e collettività. In Il mondo dorico (Dorische Welt, 1934) e Arte e potere (Kunst und Macht, 1934) Benn celebra il totalitarismo come trionfo della forma. "L'eccezionale istinto biologico per il perfezionamento razziale che aleggia su tutto il movimento non consente di perdere di vista un solo momento quest'unico pensiero" scriveva in incipit a "L'Espressionismo" (1933). 
Il suo passato di espressionista lo rese però inviso al nuovo potere che considerava quel movimento parte integrante dell'"arte degenerata" che occorreva recidere. Il fallimento dell'impegno pubblico rafforza in lui la tendenza a separare nettamente arte e vita, a passare a una sorta di "emigrazione interna": la sua autobiografia Doppia vita (Doppelleben, 1950) descrive questa scis sione cosciente della personalità, in cui il poeta identifica la cifra dell'uomo moderno. 
Negli anni 1935-1950 Benn cerca di realizzare l'idea di "prosa assoluta": in L'osteria Wolf (Weinhaus Wolf, 1937), Romanzo del fenotipo (Roman des Phänotyps, 1944), Il tolemaico (Der Ptolem äer, 1947) il tessuto narrativo realistico-psicologico si dissol ve in un gioco di materiali storico- culturali montati secondo meccanismi associativi. La summa poetica di questi dieci anni è nella raccolta Poesie statiche (Statische Gedichte, 1948), ricostruzione di un io lirico che riflette la situazione biografica dell'autore.



Aprèslude
Devi saperti immergere, devi imparare,
un giorno è gioia e un altro giorno obbrobrio,
non desistere, andartene non puoi
quando è mancata all’ora la sua luce.
Durare, aspettare, ora giú a fondo,
ora sommerso ed ora ammutolito,
strana legge, non sono faville,
non soltanto – guardati attorno:
la natura vuoi fare le sue ciliegie,
anche con pochi bocci in aprile
le sue merci di frutta le conserva
tacitamente fino agli anni buoni.
Nessuno sa dove si nutron le gemme,
nessuno sa se mai la corolla fiorisca -
durare, aspettare, concedersi,
oscurarsi, invecchiare, aprèslude.
La sposa del negro

Giaceva sul cuscino insanguinato
la bionda nuca di una donna bianca.
Sulla sua chioma infuriava il sole
e la leccava sulle chiare cosce,
s'inginocchiava sui seni un po' scuri
non deformati da vizio e da prole.
Un negro a lei vicino : per il calcio
di un cavallo gli occhi e la fronte spappolati.
Del piede sinistro
suo sudicio due dita gl'infilava
nell'orecchio di lei piccolo e bianco.
Come una sposa ella però dormiva:
felice all'orlo del suo primo amore,
come all'inizio di molte ascensioni
del sangue caldo e giovane.
Finchè
s'immerse nella gola bianca il bisturi
ed un panno purpureo di sangue
le si gettò sulle anche.

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