PSEUDO PROLOGO 2: LA VENDETTA
Qualche giorno fa, ero intento a non fare un benemerito niente. Me ne
stavo tranquillo ad oziare in casa mia, con in corpo qualche linea di febbre e
qualche giorno di “buono malattia” da sfruttare.
Il computer era dal dottore per una visita di controllo, lo stereo
presentava qualche problema di acustica, i libri erano ancora a casa di mia
madre, i film sullo scaffale li avevo visti tutti almeno una decina di volte,
la Play Station non ce l’ho, né la 1 né tanto meno la 2. Che fare? Come passare
il tempo nell’attesa di andare a riprendere il mio bambino alla scuola
elementare? Mi sono messo a leggere le vecchie agende della mia adolescenza.
È sempre stata una mia consuetudine tenere dei diari nel corso dei miei
anni, fin dai tempi delle scuole superiori. Certo, allora ci scrivevo i compiti
per il giorno dopo, gli orari delle lezioni. I voti di diritto e di ragioneria,
di tecnica commerciale, di francese o di economia (bassi… molto bassi!),
qualche cazzata scritta dagli amici di allora, le giustificazioni con la firma
falsificata per la “sega” del giorno prima. Poi, con il passare degli anni,
scrivevo ciò che di bello o di brutto, mi capitava giorno dopo giorno, come un
diario, ma non come quello che certe fanciulle in assorbente esterno (per dirla
alla Enrico Brizzi) tengono chiuso sottochiave o in cassaforte: il mio era
sempre aperto e chiunque poteva leggerlo, commentarlo, magari aggiungerci
qualche frase storica o qualche poesia ispirata dal momento.
Dunque… stavamo dicendo che ero intento in questa lettura di vecchi
diari, e tante cose mi sono tornate alla mente nel mio capoccione, che non è solo
pieno di capelli, ma anche, in piccolissima percentuale, di materia grigia,
cose che il mio subconscio aveva quasi dimenticato del tutto; certi piccoli
passaggi della vita che credevo perduti nel dimenticatoio del passato
straremoto, sono riaffiorati come fossero successi ieri, ed allora mi sono
chiesto: «Quasi quasi, cerco di dare un ordine e mettere insieme tutti questi
miei attimi, in un libro dal sapore autobiografico triste-allegro.»
Certo, lo so, non sono uno scrittore di professione, ne ho la presunzione
di diventarlo (mai dire mai…) ma mi sembrava carino far sapere a qualche
milione di lettori, le mie esperienze di ragazzo alle prese con i primi
turbamenti amorosi, con le inside della vita civile e, marginalmente, di quella
militare, con le amicizie che hanno sempre avuto un significato molto profondo
ed importante per me, il tutto fino alla cosiddetta linea di demarcazione che
c’è tra la spensierata gioventù e la maturità.
Ho cercato di rendere visibili, con un linguaggio, credo, abbastanza
lineare, piacevole, leggibile ed al passo con i tempi, quei momenti che hanno
caratterizzato quei dieci anni vissuti, secondo me, al massimo delle mie
possibilità.
Spero vivamente che qualcuno ci riveda un po’ di se stesso, spero che
qualcuno si ricordi di quel periodo, visto che, ormai, la stressante vita dei
giorni d’oggi, ci porta e vivere per il futuro.
Ecco una cosa che mi è sempre
piaciuta di quel periodo: io vivevo il presente in tutta la sua pienezza e
maestosità e non mi preoccupavo del futuro (chi ci pensa a 20 anni…), anche se
non lo vedevo tanto, tanto roseo.
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