«Quando un uomo piange,
o piange sulle spalle di sua madre,
oppure piange da solo.»
(Seneca)
TERZO
Credo che sia superfluo dire che quella notte non fu una notte come
tutte le altre. Roby faticava a prendere sonno per l’agitazione e il pensiero
di ciò che sarebbe potuto succedere di lì a poche ore. Dalle parole, dagli
sguardi, dai piccoli gesti affettuosi, aveva capito che a Raffaella non gli era
indifferente. Era su di giri il nostro amico, e ci credo… dopotutto ha poco più
di 21 anni, è ancora un ragazzino, e quella poteva diventare una piccola e
importante storia d’amore.
Verso le 2 di notte, visto che il sonno faticava ad arrivare, prese
carta e penna e scrisse una bella letterina alla sua amica Lory, una dolcissima
ragazza casertana conosciuta per caso leggendo un annuncio sulla rubrica “Help”
di CIAO 2001, e con cui si scambiava lettere ormai da quasi sei anni. Se volete
vi racconto anche come la conobbe, diciamo, dal vivo, il 18 novembre del ’79.
No? Ok, magari più in là con la storia.
Va bene, tiriamo avanti fino alle sette e mezzo del 29 gennaio di quel
particolare e, per certi versi, esaltante 1982.
C’era una volta un ragazzo un po’ sovrappeso, con i capelli lunghi,
jeans e giubbotto di pelle, che stava beatamente fumando una Camel seduto sul
muretto del finestrone della Banca Nazionale del Lavoro di viale Battisti della
città di Terni, in una fredda giornata invernale di fine gennaio. A prima vista
sembrava molto rilassato. Impiegati con la ventiquattrore nella mano, studenti
con l’acne e il compito in classe di matematica che aspettava, casalinghe con
le buste della spesa dondolanti piene di filoni di pane appena sfornato,
camminavano sul marciapiede senza badargli… a nessuno fregava minimamente
quello che passava per la mente di quel giovanotto che ricordava, molto ma
molto da lontano, il primo Marlon Brando del “Il selvaggio”. Il suo nome era
Roberto, ma tutti lo chiamavano Roby: era più breve ed immediato.
E che cosa ci faceva Roby seduto su un muretto, alle sette e quaranta di
una fredda mattina di pieno inverno, invece di stare comodamente sotto le
coperte? Aspettava… aspettava un autobus, un autobus che, forse, gli avrebbe
cambiato il destino.
Arriva il suo amico Mauro. Saluto. Stretta di mano da veri duri,
stringendo tra di loro i pollici e ruotando le altre quattro dita tutte
intorno. Colonna sonora: “Also
spracht Zarathustra”… BOOM – BOOM – BOOM – BOOBOOM!!! La telecamera fa una
zoomata sul vialone e, in lontananza, s’intravede un bus azzurro, di quelli extraurbani,
che si stava avvicinando.
EFFETTO NERVOSISMO N°1 : ROBY
SI ACCENDE UN’ALTRA SIGARETTA COL MOZZICONE DI QUELLA APPENA FINITA… MAI
SUCCESSO PRIMA!
La telecamera ritorna sul bus che, nel frattempo, ha già messo la
freccia a destra e comincia a frenare. Il bus è ormai fermo. Le porte si aprono
e una marea di zaini colorati comincia a scendere gli scalini.
EFFETTO NERVOSISMO N°2 : LA
SIGARETTA VOLA VIA DOPO UNA SOLA TIRATA… MAI SUCCESSO PRIMA! Uno, dieci, trenta
ragazzi scendono scaglionati e, quasi alla fine, tutto lo scopo di questa
attesa: LEI! Per Roby sembra la
Venere del Botticelli che esce dalle acque del mare.
EFFETTO NERVOSISMO N°3 : RISATINA
EBETE TIPO EUGENE DELLA RYDELL SCHOOL NEL FILM “GREASE… MAI SUCCESSO PRIMA!
C’era tutto un mondo attorno che girava vorticosamente, ma Roby non se
ne stava minimamente accorgendo… i suoi occhi erano solo per lei, così bella,
così perfetta per lui. L’amava veramente, non era una semplice infatuazione…
era sicuro del suo sentimento, ora più che mai.
Salutino… bacino… salutino e bacino anche a Paola, e via, verso nuove e
fantastiche avventure: lui e Raffaella verso il Liceo Classico, Mauro e Paola
verso il Liceo Sperimentale.
Camminavano vicini vicini, uno accanto all’altra, lungo via 1° Maggio,
parlando di tutto fuorché d’amore: «Allora, sei stata bene ieri alla festa?»
chiese Roby, e lei: «Si, sono stata benissimo e voi siete persone
simpaticissime.» e lui: «E Betta s’è divertita?» e lei: «Si, anche lei s’è
divertita…» e lui: «Ti piace l’heavy metal?» e lei: «Lo conosco poco… a me
piacciono molto i Doors…» e lui era molto impacciato e lei si vedeva lontano un
miglio che non aspettava altro che quel coglionotto le dicesse qualcosa di
carino e romantico tipo “ti amo alla follia!” o “mi piaci da morire!”. Ma anche
quella mattina, come già nel pomeriggio precedente, non successe niente che
meno di niente. Lei salì le scale dell’Istituto e lui rimase lì davanti alle
scale a guardarla estasiato, scomparire insieme ad altri trecento figli di
papà. Il portone si chiuse e lui quasi non se ne accorse, tanto era un metro
sopra il terreno… poi cominciò a camminare avanti e indietro, cercando di
riordinare le idee e cercando, soprattutto, di capire quanto era stato scemo e
coglione, stupido ed imbranato e… e mi fermo qui, se no finisce il libro perché
IO L’AMMAZZO!!!!!
«Ma che te spacchi ‘n gorbu! Se te piace, se te senti bbene assieme a
lei, se l’ami… ma cosa kazzo t’è passato per quella ciocchia, eh? Perché non
j’hai detto gniente?» fu il lapidario e secco commento di Mauro (e come dargli torto!).
«Non lo so che m’è successo! Forse un ritorno de fiamma della mia
secolare timidezza… la consapevolezza che stavo per fare un passo importante…
non lo so, ma m’è mancato il coraggio! Ma all’uscita, costi quel che costi, je
lo dico, venisse giù lu monnu e me sprofondi all’inferno, che tanto quello è l’unico
postu che me merito!»
Roby tornò a casa sconsolato, abbacchiato, col morale sotto i tacchi dei
suoi stivali, e davanti allo specchio del bagno, si prese letteralmente a
schiaffi per essere stato tanto coglione come un quattordicenne alle prime
armi.
Non aveva mai fatto una dichiarazione d’amore prima, era una cosa
dell’altro secolo per lui, ma qui ci voleva proprio, con tanto di serenata al
chiaro di luna (si e lallera!): era
la sua prima vera storia d’amore (si
dice così) e passò tutta la mattinata a rimuginarsi il cervelletto per
trovare le parole adatte.
«Senti Raffaella… mi sono accorto che senza di te non posso vivere… no,
troppo “Via col vento”… ehm… Raffaella, ti amo con tutto il cuore e se per te è
lo stesso… no, no, NO, KAZZO! Che stronzate! Non mi viene in mente niente… com’era
quella poesia di Neruda… Senti brutto stronzo! Vai lì, le prendi la mano e il
mento, l’avvicini a te (si, e poi dici
“essere o non essere…” ma andiamo!) e le dai un bacio, delicatamente, sulle
labbra, quasi a sfiorarle (guarda che te
chiami Roby non Brad Pitt brutto scemo!)… senza strafare. Si! (ok, il prezzo è giusto!) Questa è la
cosa migliore da fare… meglio i fatti che le parole. Ok! Sono Pronto! Andiamo!»
«A mà, io scappo, ritorno verso le una e mezza!» disse a quella povera
vittima di sua madre che stava preparando le penne all’arrabbiata che gli
piacevano tanto.
Erano le 12 e 1/4 , scese con calma olimpica le scale, incontrò suo zio
che gli chiese dove andasse a quell’ora: «Mi vado a fidanzare con una de
Sangemini!»
Prese il suo leggendario motorino e riandò verso il Classico: lei usciva
alle 12 e 40… l’avrebbe aspettata e… l’avrebbe accompagnata alla fermata
dell’autobus… e… ZAK!... avrebbe risolto tutto nel migliore dei modi (ottimista il pupo, eh?).
Puntuale come l’aumento delle sigarette, suonò la campanella del
Ginnasio: Roby era fisso con gli occhi puntati verso l’uscita, cercando un viso
conosciuto tra la folla.
Eccola! Lei lo vede… lo saluta con la mano… gli si avvicina e… «Ciao,
come mai qui?»
«È che ti devo parlare… una cosa molto importante… ma non so da che
parte cominciare!»
PAUSA
LEI: «Beh, che cosa mi
devi dire?»
LUI: «Su, dai… l’hai capito, no?»
LEI: «Capito cosa?»
LUI: «Dai… su… che cosa mi rispondi?»
LEI: «Ma a cosa devo rispondere se non mi hai fatto domande?» (direi più che logico!)
LUI: «Mah… beh… uhm… dai che hai capito che… si, insomma… mi… dai che
l’hai capita!»
PAUSA DI QUALCHE SECONDO
Lei non ribatte… lui la guarda… lei tiene gli occhi bassi nascosti
dietro gli occhiali dalla montatura un po’ vecchiotta.
LUI: «Oh! che kazzo… senti… io non sono capace di fare certi discorsi…
mi si sta complicando tutto (e la
mattinata passata a fare il Clark Gable?)… non so veramente come… ehm…
dirtelo… non so come cavolo cominciare… uff!... credo che… credo di… (singhiozzo)… oh cavolo… insomma… (calma!)… bella giornata, eh?... vabbè…
uhu… credo che… si… mi piaci… uff!» (evvai,
vecchio porco, ce l’hai fatta!).
Lei lo guardò con lo sguardo più dolce di
questo e di quell’altro mondo… ora è lui a tenere gli occhi bassi e ad avere le
orecchie che friggevano come i supplì sull’olio bollente (però, che paragone!).
LEI: «Roby… Roby… guardami! Guardami negli occhi… sei di una dolcezza e
di una tenerezza unica! L’avevo capito che non ti ero indifferente. Tu mi
piaci… mi sei simpatico… sto bene insieme a te… non lo so se è amore… però…
penso che… si, a me va bene se ci frequentiamo!» e lo baciò teneramente. Lui la
strinse a sé e il bacio divenne più appassionato, lì, sopra il marciapiede di
via Fratti, sotto gli alberi spogli, con cinque gradi di temperatura, con le
macchine e gli studenti che passavano accanto… ma quello era un altro mondo.
LUI: «È che è una cosa difficile… ma ora mi sento più sciolto… mi piaci
da morire Raffaella, penso di amarti, anzi, ne sono sicuro!»
I due rimasero qualche minuto abbracciati, senza dirsi niente, ma era
una abbraccio vero, degno di Ali Mc Grew e Ryan O’Neal in “Love story” (ma come siamo romantici…).
1: SONO 2: VERAMENTE 3:FELICE… ecco in ordine di apparizione, le
tre parole che riuscì a dire nel tragitto tra il marciapiede di via Fratti e la
fermata del bus in piazza dell’Orologio.
Mauro e Paola erano già lì, e vedendoli arrivare mano nella mano, risero
di gusto e s’abbracciarono pure loro: quello che doveva succedere, era
effettivamente, ma soprattutto, finalmente, successo.
Appena tornato a casa, Roby mangiò un boccone di pasta con la velocità
della luce, si cambiò di corsa e, seppur in tivvù c’era l’ennesima puntata del
cartone animato strappalacrime “Candy Candy”, che lui non si perdeva mai (ma com’è tenero ‘sto pacioccone!),
uscì alle due meno cinque e, alle insistenze della mamma, disse che andava a
Sangemini, che si era fidanzato con una ragazza di quel paese e che adesso lo
stava spettando, quindi… «Mamma, ti prego, niente domande che ti spiego tutto
per bene stasera quando torno!»
Insieme a Mauro se ne andarono nel piccolo paese di collina noto per
l’acqua minerale, e quello fu un pomeriggio davvero speciale per il nostro
amico. Se all’inizio c’era un po’ di titubanza in lui, dovuta probabilmente
alla novità del momento, con i baci e le carezze e le paroline dolci come il
miele, riuscì a sentirsi più se stesso e a far sparire, per un paio d’ore,
quell’aria malinconica dal viso di Raffaella: ora che la stringeva forte al suo
petto, s’accorse della tristezza dei suoi occhioni neri.
«Amore, che c’è… non sembri molto convinta di questa tua decisione…»
chiese Roby.
«No, non è questo! È successo tutto così in fretta… In momenti come
questi sento molto la mancanza di mia madre… a questa età è importante sentirla
vicino, parlarci come ad un’amica… ma lei non c’è più, e la nuova compagna di
mio padre non mi dà quelle sensazioni che vorrei e che lei sicuramente mi
avrebbe dato…» mentre una piccola lacrima cominciò a scendere sul suo viso. Roby
le prese la testa tra le mani e se la strinse ancor più forte al petto, le
accarezzò dolcemente i capelli, le diede un bacio sulla fronte e le asciugò il
viso col dorso delle mani.
«Dai, su, smetti di piangere… lei non sarebbe felice se vedesse la sua bambina
in questo stato… Io posso capire il tuo stato d’animo: ho perso mio padre che
avevo dodici anni… »
«Scusami sai, ma ci penso spesso a mia madre…»
«E ci devi pensare, è normale! Cavolo, era tua madre! Lei ti ha messa al
mondo, ti ha cresciuta e per quanto tu possa voler bene all’amica di tuo padre,
lei non potrà mai essere sostituita nel tuo cuore. Sai… penso che da lassù
adesso ci sta guardando, ed è contenta della sua Raffaella e la vuole sempre
vedere felice… non vuole vederla piangere… ha già pianto troppo…»
«Grazie Roby… sei molto dolce! Ti chiedo solo di starmi vicino e di
aiutarmi quando mi vedi triste come ora!»
«Certo! Ora accanto a te ci sono io (dammi
forza mio Dio…): ti proteggerò, ti aiuterò, ti farò ridere e divertire,
perché credo che tu ne abbia veramente bisogno, amore mio, come me!» e le
accarezzò e baciò le guance, timidamente, come un bambino bacia la sua compagna
di giochi; le sussurrò all’orecchio paroline dolci e affettuose, sotto lo
sguardo attento di Mauro e Paola seduti nella panchina più in là (quando ce se mette d’impegno è proprio un
bravo ed onesto ragazzo, non vi pare?).
Dal diario di Roby D. – 29 gennaio 1982 – ore 20,40
«Raffaella è diventata la mia ragazza… non è una cosa eccezionale? Sono
felice come non mai! È fantastica, dolce e sto veramente bene insieme a lei,
anche se la conosco ancora troppo poco. Non è stato facile stamattina chiederle
se si metteva con me, purtroppo la mia timidezza comincia ad essere di una noia
mortale. Poi, però, tutto è diventato facile e nel pomeriggio, a Sangemini, ho
vissuto momenti fantastici con lei. Se in un primo momento ho avuto qualche
incertezza, data anche la mia inesperienza su certe cose, dopo tutto è avvenuto
spontaneamente. Ti amo amore mio! Sei stupenda e ti ringrazio per quello che mi
dai. Sento nostalgia della tua voce… che ne dici se vengo a telefonarti?
Per tutto il giorno seguente, Roby era stato
in paranoia: non aveva visto né sentito la sua Raffaella, e questa, era la
prima volta, da quando si erano messi insieme, (in pratica da un giorno… ma come si fa!) che la cosa succedeva.
Ciò gli servì per cercare di comprendere questo rapporto nato quasi per caso.
In pochissimi giorni, diciamo 12, aveva conosciuto questa ragazza, carina e
dolce quanto si vuole ma sconosciuta, e già era la “sua” ragazza. Classico
colpo di fulmine? Oppure c’è dietro qualcos’altro? Che Roby non sia altro che
il capo espiatorio di tutta una situazione strana che si era creata nella vita
di Raffaella?
Io non so cosa passasse esattamente nella testa di Roby, in quei giorni.
Felicità, senza dubbio, dopo tutto aveva poco più di vent’anni, e quelli erano
altri tempi, si maturava più tardi rispetto ad adesso. Oggi a 15 anni i ragazzi
hanno avuto le loro brave esperienze mentre allora a 15 anni si giocava ancora
con le figurine dei calciatori.
A distanza di tempo, lui dice che quella fu, senza ombra di dubbio,
un’esperienza positiva, che gli è servita per capire meglio le donne (mah!) e di quanto queste siano, alle
volte, infime e perfide, di come sanno prendere in giro quei coglionotti come
lui che non sono capaci di fare i duri quando la situazione lo richiede.
Non che Raffaella sia stata perfida con lui, o che l’abbia preso in
giro, su questo ci metterei la mano sul fuoco. Lei, a modo suo, gli voleva
bene, ma bene veramente, e fu sempre sincera; però ci fu un’altra persona che
rovinò quel rapporto… anzi, due: il fantasma di Angelo (il tossico di Pescara)
e Betta (forse per invidia, visti i suoi problemi con l’altro sesso), che, con
la sua influenza sull’ingenua Raffaella, fece sì che il rapporto, dopo qualche
tempo, si deteriorasse. Ma di questo parleremo nel prossimo capitolo.
Dal diario di Roby D. – 30 gennaio 1982 – ore 20,40
«Oggi ho capito veramente che ti amo di brutto. Stare tutto il
pomeriggio senza sentire nemmeno la tua voce, mi ha fatto stare veramente male.
Ho girovagato senza meta, per cercare di distrarmi un po’, macché! Che giornata
di merda! Poi, la tua telefonata, mi ha ridato la gioia. Ti amo Raffaella, ti
amo da morire! Che noia Sanremo! Non vedo l’ora che venga domani, almeno
staremo un po’ insieme. Ti è piaciuta la poesia della pagina accanto? (*) Spero di si. L’ho scritta nel
momento di massima paranoia, oggi pomeriggio. Infatti, a rileggerla adesso, mi
sembra un po’ così. Comunque, rispecchia il mio stato d’animo.
(*) Capisco la curiosità, ma è proprio ‘na fetecchia, comunque la
riporto qui di seguito. Io vi ho avvertito… ambasciatore non porta pena!
“Se anche una sola
nube
offuscherà il nostro amore
chiederò al vento di spazzarla via.
Se anche una sola persona
ostacolerà il nostro amore
chiederò al demonio di sprofondarlo negli
inferi.
Se anche tu, amore mio,
ti opporrai al nostro amore
solo allora mi posso considerare battuto.”
ROBY
30.1.82 Ti amo Raffaella!
Ve l’ho riportata tale e quale
come lo scemo l’ha scritta sul suo diario, anche con la sottolineatura della
parola “amore”. Non è colpa mia: io sono solo un menestrello che riporta i
fatti accaduti. Quindi, per qualsiasi protesta, pigliatevela con lui
direttamente.
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