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lunedì 27 febbraio 2012

Il poeta del giorno: GUILLAUME APOLLINAIRE

Pseudonimo di Wilhelm Apollinaire de Kostrowitsky, Guillaume Apollinaire nasce a Roma il 26 agosto 1880. Figlio naturale di un ufficiale italiano e di una polacca si trasferisce in Francia ancora adolescente stabilendosi a Parigi, dove dal 1908 grazie al legame con Marie Laurencin si mette in contatto con gli ambienti artistici d'avanguardia e con personalità quali Maurice de Vlaminck, André Derain, Pablo Picasso, Georges Braque, Henri Matisse. L'interesse per il moderno lo porta a sostenere anche il futurismo di Filippo Tommaso Marinetti e la pittura metafisica di Giorgio De Chirico.
Del 1910 sono i sedici racconti fantastici intitolati "L'eresiarca & C.", mentre nel 1911 pubblica le poesie di "Bestiario o corteggio di Orfe" e nel 1913 il fondamentale "Alcools", raccolta delle migliori poesie composte fra il 1898 e il 1912, che costituisce uno dei testi di poesia più importanti del secolo scorso. Quest'opera rinnova profondamente la letteratura francese ed è oggi considerata il capolavoro di Apollinaire insieme con lo splendido "Calligrammi" (1918).Fra le altre opere in prosa si ricordano "Il poeta assassinato" (1916), raccolta di novelle e racconti tra il mitico e l'autobiografico, ispirati alle esperienze sul fronte della prima guerra mondiale, e il dramma "Le mammelle di Tiresia" (scritto nel 1903 e pubblicato nel 1918), nell'introduzione del quale per la prima volta compare la definizione di un'opera surrealista.
Muore a Parigi il 9 novembre 1918.



Verso sud

Zenit
Tutti quei rimpianti
Quei giardini sconfinati
Dove modula il rospo un tenero grido d'azzurro
La cerva del silenzio sperduto rapida passa
Un usignolo straziato dall'amore canta sul
Tuo corpo giardino di rose che ho colto
I nostri cuori pendono uniti dallo stesso melograno
E i fiori di granato nei nostri sguardi schiusi
Cadendo poco a poco hanno coperto il sentiero.

Crepuscolo

Sfiorata dalle ombre dei morti
Sull'erba dove muore il giorno
L'arlecchina s'è spogliata
E specchia il suo corpo nello stagno
Un ciarlatano crepuscolare
Vanta i prossimi giri
Il cielo incolore è costellato
Di astri pallidi come il latte
Sul palco il pallido arlecchino
Saluta subito gli spettatori
Stregoni venuti di Boemia
Qualche fata e gli incantatori
Staccata una stella
la maneggia con le braccia tese
Mentre coi piedi un impiccato
Suona i piatti cadenzando
La cieca culla un bel bambino
Passa la cerva con i suoi cerbiatti
Il nano guarda con un'aria triste
Ingigantire l'arlecchino trismegisto.

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