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martedì 7 febbraio 2012

Il poeta del giorno: KENNETH PATCHEN

KennethPatchen, poeta enarratore statunitense (Niles, Ohio, 1912-1972). Amante dei toni surreali, scrisse alcuni romanzi molto riusciti. Ingiustamente meno celebrato dei vari Ginsberg, Ferlinghetti ecc.; pacifista,anarchico, scrittore di romanzi sperimentali tra cui ricordiamo  The Journal of Albion Moonlight (1941; Il diario di A. Chiarodiluna) ;e  The Memoirs of a Shy Pornographer” (1945; I ricordi di un pornografotimido). Solitario, recluso, ma allo stesso tempo perdutamente innamorato della vita, sempre alla ricerca della bellezza in ogni cosa, Patchen ha lottato e lavorato per oltre trent' anni con un animo positivo che neanche la durezza della malattia riuscì a spegnere.  Artista, celebrato da Henry Miller come il vero precursore della beat generation, è stato soprattutto un maestro della letteratura americana moderna.  Patchen pubblicò anche numerose poesie, raccolte nel 1969 inCollected Poems, seguiti ancora da Aflame and Afun of Walking Faces (1970; Festival di volti in movimento),Wanderings (1971; Vagabondaggi),In Quest of Candlelighters (1972; In cerca di accendicandele). 



COLLEGE ALL’ANGOLO DELLA VIA
L’anno prossimo ci coprirà l’erba della tomba.
Ora stiamo su, e ridiamo;
Guardando le ragazze di passaggio;
Puntando su dei brocchi; bevendo gin da quattro soldi.
Da fare non c’è niente; da andare, in nessun posto; c’è nessuno.
L’anno scorso era un anno fa; nient’altro.
Non eravamo più giovani allora; né ora siamo più vecchi.
Riusciamo a tenerci un’aria giovanile;
Dietro le facce non sentiamo niente, in nessun modo.
Probabilmente non saremo davvero morti quando moriremo. 
E comunque non siamo mai stati niente: nemmeno dei soldati.
Noi siamo gli insultati, fratello, i figli desolati.
Sonnambuli in una terra buia e terribile,
Dove la solitudine è un coltello sporco alle nostre gole.
Stelle fredde ci guardano, socio
Stelle fredde e puttane.
Dobbiamo andare piano
Perché io e te siamo immersi nel silenzio:
qui dove la campagna tutt’intorno
è quieta; addormentata nella morbidezza
di questa stella della sera, scintillante
al polso della notte. Le luci del villaggio,
come antichi bardi in preghiera, vengono
dolcemente a noi attraverso campi di granturco
                                                                    che cresce
e docili pecore. Vorremmo far parte
di questo luogo, dove il sonno non è quello cittadino,
dove il sonno è pieno e lieve e vicino
come il profilo di una foglia in un bicchiere di tè; ma
la sapienza ha dipinto nel cuore di ognuno di noi
occhi marci nella testa: non abbiamo scelta: vediamo
tutte le cose che piangono e i giorni sgargianti
su quest’umile terra, mischiando
clacson di taxi e una gigantesca disperazione
con ogni paesaggio, qui, o altrove.

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