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lunedì 6 febbraio 2012

TERNI CITY ROCKERS: 32a puntata


«La differenza fra una democrazia e una dittatura
è che in una democrazia prima voti e poi prendi ordini;
in una dittatura non devi perdere tempo a votare.»
                (Charles Bukowski)

VENTISEIESIMO

   Il 1984, a Terni, si chiude tragicamente: il giorno di Santo Stefano, viene trovato il corpo penzolante da una trave, di Paolo “Hascisc” Cabiati, figura apparentemente singolare e stravagante conosciuta in tutta la città. Ecco il ricordo di Marcello Ricci:
“Paolo dalla lunga sciarpa, dai cappelli enormi e dai capelli lunghissimi, Paolo l’anarchico, Paolo il pittore inquietante, si è ucciso impiccandosi in una capanna al Villaggio Matteotti lasciando una lettera: «Non c e la faccio più, non riesco ad uscire dalla paranoia, più la mattina che lasera anche, perché non so come mai questo succede… Dovreste tener da conto questa delega per un quadro nascosto dietro l’armadio… Magari è un poco assurdo però una cosa che mi sento ormai da tempo e, d’altra parte non so neanche più cosa devo fare… Peccato è diventata una situazione impossibile non fosse altro che per la mia povera testa per quanto non succede in giro!... Vorrei scriverci dell’altro, non so nemmeno io cosa, non è nemmeno che non mi ci raccapezzo però, purtroppo è così e non c’è altro da fare né da dire nemmeno che pensarci… Che m’impicco? Fuori di qui: may be!»”
   Roby non lo conosceva personalmente, a parte quelle partite a pallone in “Passeggiata” con gli autonomi che avevano occupato l’ex Palazzo della Sanità qualche anno prima, ma la sua figura era inconfondibile, la sua andatura lenta, lo sguardo sempre un po’ perso verso un qualcosa di indefinibile. Paolo era, quel che si dice, “un’istituzione” per la Terni proletaria, nonostante lui fosse figlio di un celebre avvocato, una figura che rimarrà indelebile nella mente di tutti coloro che, in un modo o nell’altro, l’hanno conosciuto. Paolo aveva solo 29 anni.

   Il secondo numero di Sentinel abbe una tiratura di 100 copie, rispetto alle 50 del primo numero; la distribuzione fu un po’ più capillare: il negozio “Revolver” di Roma e Antonio Ferro a Padova diedero una mano ai rockers ternani per la vendita, e Roby non smetterà mai di ringraziarli per tutto il lavoro che effettuarono in quei giorni, facendo conoscere la fanzine a parecchie persone. A distanza di oltre vent’anni, quei numeri sono diventati oggetto di culto, e solo grazie al lavoro capillare di Alex ventriglia (si, proprio il direttore responsabile di Metal Maniac) se è stato possibile ritrovare quei 4 gloriosi 4 numeri, perché quello scemo di Roby, in preda ad una crisi d’identità, aveva gettato tutti i masters del giornale (che te possino!) e siccome tutti i numeri stampati allora erano o stati venduti o dati all “persone giuste”, non sarebbe stato facile rintracciarli.

   Nei primi 10 giorni di gennaio, dell’anno di grazia 1985, la cassetta della posta di casa D., rischia di scoppiare: una marea di pacchettini arrivano all’indirizzo di “SENTINEL”.
   Ferdinando Vighi di “Thorr”, madò materiale di Ghost, Whitefire, Royal Air Force e Monolith; arrivò materiale dei tedeschi Tankard, degli Anger, della fanzine “Hardware” di Milano, dei tedeschi Mania, dei Saint Anger, dei Trance, un’intervista con gli Steel Crown, materiale dei Wyzard, della fanzine “Pantzer”, dei Lionspride, dei Sodom, e le prime cassette spedite da Felic Lethmate, un carissimo ragazzo che aveva una moltitudine di audioregistrazioni live di concerti di gruppi famosi come Maiden o Metallica o Manowar o Priest eccetera eccetera.

   E poi, e poi… ehm… la vena poetica (c’è sempre un qualcosa di romantico dentro di noi, anche nella persona più “dura” di questa terra – Confucio); voi che dite se ce ne mettiamo qualcuna di poesie del vecchio Roby all’interno di questo pseudo libro? Come che c’entra! C’entra, c’entra… non si può parlare solo di musica o di spiritismo o di ragazze o di concerti o di sudore o… Un piccolo spazio cultural-romantico serve anche per spezzare la tensione, per rompere gli schemi (e non dite “solo quelli”!).
    E allora vai con qualche poesiola scritta dal nostro amico in quegli anni!

“Attimi”
Qualche volta sento il bisogno di restare solo,
con gli occhi fissi a guardare l’alone della luna,
le brillanti e serene notti di giugno,
la semplice luce fioca di una candela,
una mamma che allatta sua figlio.
Aldilà della strada il vento spazza i rami;
i miei amici di fuori giocano alla guerra
e vampate di fumo escono dalla sigaretta
perennemente penzolante sulle mie vecchie,
scolorite e scarne labbra.
Sto invecchiando e non posso fermare
il lento ed inesorabile cammino della vita.
Banali parole di un attimo malinconico,
vissuto contemplando il passato,
cercando di vivere il presente,
pensando al futuro.
   (9 dicembre 1980, sulla branda della caserma di Cividale del Friuli)

“Autoritratto”
Mi rimane difficile descrivermi:
sarebbe troppo facile dire
che sono alto o basso,
che ho gli occhi verdi o azzurri,
che ho un fisico da atleta
o che sono grasso come un ippopotamo.
Sono solo uno che, forse,
ancora non si conosce bene.
Ogni momento trovo in me
qualcosa di nuovo e di stupefacente.
Posso solo dire che a volte
mi sento malinconico,
spesso mi prenderei a schiaffi,
ogni tanto mi assale la voglia
di piangere come un bambino.
In definitiva posso definirmi,
tra lo stupore generale,
un ragazzo normale.
   (8 agosto 1983, durante la pausa della merenda sul posto di lavoro)

“I fiori della lussuria”
Che il mare, con la sua potenza,
ci gonfi del suo essere,
e la folgore scenda dall’alto
e ci avvolga ma senza toccarci,
perché i fiori della lussuria
hanno radici profonde.
Tutti gli elementi della natura,
faccaino corolla al piacere della lussuria,
che qui si rinnova.
E dove la sua presenza giace,
lì i suoi fiori germoglieranno.
   (20 febbraio 1984, in una giornata di pioggia al mare)

“Il silenzio e il rumore”
C’è un silenzio che mi sta uccidendo,
c’è un rumore che mi sta schiacciando,
ed io impazzisco perché non riesco
a conoscere la felicità di vivere.
Impazzisco come milioni di persone
che girano intorno a me.
Ma cosa fanno gli altri
per attutire questo enorme pazzia?
Costruiscono il silenzio… e il rumore.
   (22 novembre 1984, sul letto, alle 2 e 30 del mattino)

“Quando ti accorgi”
Quando ti accorgi
che il sole non ti scalda più,
quando ti accorgi
che un amico ti è nemico,
quando ti accorgi
che non sei più un bambino,
quando ti accorgi
che stai piangendo
… allora è notte.
   (21 aprile 1986, aspettando l’autobus)

“Il fiume impetuoso della vita”
Non c’è nessuno che sappia dirmi
cosa sto attraversando
a bordo di questa zattera malconcia
dove l’acqua entra da tutte le parti?
Le rapide mi avvolgono
e non riesco a manovrare
questi legni marci,
e sto scivolando lentamente
verso l’oblio di questo fiume.
Né una luce, né un tangibile segno,
ed intanto mi perdo nell’amaro vortice
di questa vita fatta di gorghi
e di quiete apparente.
Riuscirò ad arrivare ad un mare tranquillo
che sappia rinvigorirmi e ridarmi la fiducia?
   (9 dicembre 1987, sul letto con l’influenza)

   Per adesso basta così, sennò rischiamo di farvi addormentare con questi svenevoli gesti di romanticismo; magari più in là con le avventure del giovane Roby, qualche altra “chicca poetica” ce la potremmo anche “schiaffare” (termine dialettale che significa “mettere”, per chi non lo sapesse…)

   Sabato 2 febbraio, e qui ritorniamo dopo una piccola pausa per il caffè a parlare di musica vera, Roby, Fausto, Mary, Marco e Bruno, se ne vanno a Roma.
   Al mitico Teatro Mongiovino, sede di parecchi concerti dell’Italian Metal di quel periodo, si esibiscono tre nuovi gruppi: gli aquilani Powerage, i romani Ryan e i sardi Skull.

   Qualche giorno prima, il buon Giovanni Mannu, manager degli Skull, aveva telefonato a Roby, dicendogli, appunto, che quel sabato i suoi protetti avrebbero suonato a Roma, e quale occasione migliore per conoscersi? Giovanni era stato uno dei tanti acquirenti di Sentinel, ed era rimasto colpito dalla professionalità (?) di quel gruppo di ragazzi ternani. Prese la cornetta e fece il fatidico 0744/21… (non è carino mettere un numero di telefono… ma si, tanto non esiste più) 0744/21076 e parlò col buon Roby, decantando ed enfatizzando le grosse qualità del gruppo proveniente da Ozieri in provincia di Sassari. Roby, preso dalla curiosità, decise di andarli a vedere, e poi lui è sempre stato amante di un particolare sottogenre dell’heavy metal, il cosiddetto epic (che già l’avevo detto? Scusate per la ripetizione…) e gli Skull giostravano intorno a quelle atmosfere.
   Visto che era sabato, e non c’erano impegni di lavoro da parte dei soliti, si decise di partire di buon mattino per la capitale, in modo da passare buona parte della giornata in compagnia di gente nuova. Infatti, appena arrivati vicino al teatro, conobbero subito Giovanni, il fautore di tutto ciò.     
   Abbracci e strette di mani, scambi di indirizzi e numeri telefonici, poi si fece subito conoscenza con i componenti degli Skull che, vista la lontananza, erano partiti il giorno prima da Ozieri. Diedero il loro demo-tape a Roby e lo pregarono di fare una buona recensione:
   «Fatemelo prima ascoltare, ma è difficile che io stronchi un gruppo italiano… se non diamo una mano noi chi può farlo?» disse Roby che cominciava a parlare come un Biagi o un Vespa o un Montanelli (ué, a montato!).
   La sera ci fu il concerto ma non ve ne parlerò subito, in quanto leggerete la recensione sull’imminente number three di Sentinel.

   Finalmente, dopo un anno e mezzo di silenzio dovuto a vicissitudini varie (leggi servizio militare, cambio del bassista), tornano a suonare i Warhead, col nuovo bass player Flavio: un memorabile concerto nel cinema di Sangemini quello del 26 febbraio, con i “pischelli metallari” Crown e l’immancabile mole di Alex Staro e i suoi Nengue.
   Il sound degli Warhead si evolve: dai primi vagiti hardcore punk si passa ad un hardcore-rock’n’roll, un miscuglio tra Motörhead e Clash, soprattutto per l’estrazione musicale dei due leaders Fausto (metal) e Fabio (punk). Il connubio è un affascinante insieme di svariate sensazioni che vanno dai ruggenti anni ’50 (vedi il bis “Johnny B.Goode” cantata dall’onnipresente Giulio Biocca), al rock anarchico (“Rebel rebel”, “In my car”), al metal vero e proprio (“I wanna be a hero”, “No morals”) al thrash (“City of justice”, “Way of life”, “Terni city rockers”).
   Un grande rientro che preluderà alla vera rivoluzione del gruppo con l’entrata dell’ennesimo bassista, Riccardo Quattrucci e la pubblicazione di un mini lp che avverrà quanto prima.

   Ma ecco apparire sul mercato underground, più o meno in linea con i tempi, il numero 3 della gloriosa fanzine.

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