- Le rane allo stagno erano assise
I cieli su in alto intente osservando,
La rana maestra la conoscenza
Dell'universo a loro inculcando.
Trattava con esse dei vasti cieli,
Delle faci che vediam lì bruciare
E che gli "astronomi", uomini curiosi
Come talpe scavan per imparare.
Ma se le stelle vanno a disegnare
Ciò che è grande assai piccolo diviene
Venti milioni di miglia per noi
Sono per loro un piede, se conviene.
Così, come quelle talpe scoprirono
(Se creder potete al loro modello)
Nettuno è trenta piedi a noi distante
Venere sol un piede, o men di quello.
Diss'anche che se il Sole frantumiamo
(Fissavan lo sguardo le rane soltanto)
Otteniamo trecento mila Terre
E ne resta ancora in avanzo alquanto.
Il Sole ci aiuta all'uso del tempo,
Lui ruota intorno alla celeste sfera
E divide in turni il nostro lavoro
Per ogni anno dalla mattina a sera.
Cosa sian le comete è arduo a dire,
Son assai strane manifestazioni
Ma non è questa una buona ragione
Per partire in vuote speculazioni.
Non son segni maligni, noi speriamo,
Non c'è motivo per un gran temere,
Come nella storia che raccontò
Lubyenyetsky, quel grande cavaliere:
Apparve un dì nel cielo una cometa,
E allor che ognuno vide il suo splendore,
i ciabattini dentro una taverna,
iniziarono un indegno clamore.
La maestra spiegò lor che le stelle
Che vediamo così tante lassù
Sono in realtà solo lontani Soli
Alcuni verdi, o rossi, ma anche blu.
Se con lo spettroscopio poi osserviamo,
La loro luce altresì ci dimostra
Che quei lontani Soli hanno la stessa
Composizione della Terra nostra.
La maestra tacque. Le rane intorno
Gli occhi di rana roteavan stremate.
"Quali altre cose su quest'universo
Vorreste che vi vengan raccontate?"
"Soltanto un'altra cosa, per piacere"
Chiese una rana, "E' la verità?
Ci son creature vive come noi
Invero, esistono le rane anche là?"
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