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giovedì 10 novembre 2011

Miklos Radnoti (1909 - 10/11/1944)

Sulla cima dei miei giorni siedo, e ne oscillano
I miei piedi, una nuvola di neve
Mi leva il cappello, e le mie parole
Di quassù, tra penne di gallo
Alzando la polvere, marciano.

Dicono che albeggia al fondo dei fossati,
e sotto le erbe spiano
luccicanti grilli, e il letto delle pozzanghere
bevute dal sole si entusiasma
dietro i passi risuonanti.

Forse verrà la tempesta perché
L’acqua increspata si fa liscia portando i pesci,
e il silenzio allarga le gambe
sopra la strada e con rumori di battaglia
si prepara a menare le mani.

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Nella radice guizza la forza,
beve la pioggia, vive di terra
e il suo sogno è bianco, di neve.

Di sotto terra urge alla superficie,
si arrampica ed è furba,
ha le braccia come funi.

Sulle sue braccia dorme il verme,
ai piedi della radice siede il verme,
il mondo si vermifica.

Ma la radice continua a vivere sotterra,
non si cura del mondo,
solo dei suoi rami frondosi.

Lei li ammira, li nutre,
sapori buoni gli invia,
sapori dolci, celestiali.

Sono anch’io una radice, adesso,
vivo tra vermi, io,
e qui preparo questa poesia.

Ero fiore, sono diventato radice,
buia e pesante la terra su di me,
la mia sorte è compiuta,
una sega piange sulla mia testa.

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