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sabato 14 gennaio 2012

TERNI CITY ROCKERS: 8a puntata


   Il 28 gennaio arrivò in un batter d’occhio. La mattina, benché fredda e pungente, era assolata e Roby se ne stava tutto solo al bar Principe in attesa di Mauro: insieme sarebbero andati a prendere Paola a scuola, al Liceo Sperimentale di via Guglielmi.
   Dopo un Martini liscio, Roby si avviò lungo il Corso, e davanti al Carnaby Street, “l’isola” come la chiamavano i fricchettoni ternani, incontrò il suo amico ed insieme si avviarono verso la scuola.
   «Lo vòi sapé?» disse Roby «C’ho pensato parecchio in questi due giorni… vojo dì… a Raffaella… Credi che ce devo provà?»
   «Che te devo dì… sarebbe bello, cucì c’annamo assieme a Sangemini… io a Paola… tu e Raffaella… se, penso proprio che ce devi provà!»
   «Si, va bene, va bene, ma non vorrei fa’ ‘na cosa solo per il gusto de falla… se me ce devo mette assieme è perché provo quarche cosa per lei… lo sai che non me metterai mai co’ una solo pe’ portalla a letto o cose del genere!»
   «E che non ce lo so bacchettone del cavolo? Non faresti mai una cosa simile! Te conosco troppo bene! Però, può èsse che stannoce assieme, frequentandola, la cominci a conosce mejo e poi… da cosa nasce cosa!»
   «Si, c’hai raggione! Credo che ce proverò, ma dopo la festa tua… prima c’ho da controllà alcune cosette…» e non volle più tornare sull’argomento almeno fino alla fine dei suoi controlli.

   Ora, io penso che ognuno di noi, a vent’anni, aveva in mente quale fosse la donna o l’uomo ideale: biondo/a, occhi azzurri, alto/a, il tutto in un bel corpo da modello/a ecc. ecc.
   Il nostro amico non aveva bene in mente quale che fosse la sua donna ideale: era meglio bionda o mora? «Mora sicuramente, al 100%!», occhi azzurri o verdi o neri? «Non me ne frega proprio niente!», alta o bassa? «Mejo un po’ più bassa de me!», magra o in carne? «Mejo in carne, così so ‘ndo devo mette le mano!». Ma in fondo in fondo non c’aveva mai pensato seriamente. Di una cosa era strasicuro: non era importante se fosse bella o brutta, ma guai se fosse stata un’oca, una di quelle che conoscono solo due o tre vocaboli, ma che sanno molto bene come sbatterti le tette in faccia! Ecco: la sua donna ideale non doveva essere una tigre del sesso, ma doveva saper vivere la sua sessualità normalmente, senza pregiudizi né tabù. Non doveva essere un’ammaliante peccatrice e mangiatrice di uomini, anche perché il nostro, non era quel che si dice un grosso esperto in materia. Quante volte aveva fatto sesso prima? Dunque… c’era stata Tiziana, quella ragazza di Assisi durante le vacanze al mare quattro anni e mezzo prima, più inesperta di lui (ancora si domanda se hanno fatto veramente del sesso); poi, quel mignottone (nel senso vero della parola… leggi 5000 per ‘na pelle!) a Pian di Massiano a Perugia durante i tre giorni della visita di leva; Stefania a Udine, e quella era stata senz’altro l’esperienza più bella; ed infine quella ninfomane, sempre in Friuli, come si chiamava… ah, già, Valeria… ma quella s’era fatta l’intera caserma Zucchi-Lanfranco e anche l’altra caserma, compresi marescialli, sergenti, caporali, garitte, fall e garand, quindi lascio a voi le conclusioni.

   Ok, fatta questa inevitabile precisazione, torniamo ai fatti.
   Venne il pomeriggio del fatidico 28 gennaio, e Roby stava incartando il libro che aveva comprato per il suo amico, “A bordo dei dischi volanti” di George Adamski, quando il telefono squillò.
   «A mà, ce pòi annà te?» urlò Roby dalla sua camera. Sua madre andò a rispondere e lo chiamò, visto che la telefonata era per lui, e Roby, a malincuore (ma ti rompe così tanto i cosiddetti rispondere al telefono? Ah, già, i cellulari non li hanno ancora inventati… scusa!), si avviò verso la cornetta.
   «Ma chi è?» chiese Roby a sua madre.
   «Boh! Mi sembra la voce di una donna…» rispose la su’ mammina.
   «E chi può essere a quest’ora… siiiii?» bofonchiò Roby.
   «Ciao Roby, sono Raffaella, l’amica di Paola!» Oh kazzo! Oh kazzo! Oh kazzo! Era lei da qualche cabina del telefono! Ma come diavolo aveva avuto il suo telephone number? «Quale autobus dobbiamo prendere per arrivare a casa di Mauro?»
   Roby diventò completamente bordeaux e spiccicò là un numero: «Il 2… fino al capolinea!»
   «Ok, ci aspetti lì?» chiese dolcemente la fanciulla.
   «Uh… va bene, vi aspetto al capolinea del “2”… parte a un quarto alle tre dalla stazione, quindi ci vediamo tra una ventina di minuti, così andiamo su insieme!»

   Roby impacchettò in quattro e quattr’otto il libro, si mise un bel maglione rosso e nero, due spruzzate di Axe dietro il collo e due sotto le ascelle, il piumino nuovo e corse verso la fermata del bus con diciannove minuti di anticipo.
   Furono, quelli, 19 minuti tra i più nervosi della sua vita. Non stava più nella pelle, si puliva continuamente e nervosamente le unghie, si soffiava il naso ogni tre secondi, provava l’alito fresco Sturbans e s’accorse che non si era fatto la barba, ma ormai non c’era più il tempo per quello, e poi quei quattro pelacci non avrebbero dato fastidio neanche ad un bambino in fasce, quindi…
   Il bus sbucò da dietro il palazzo e arrivò al capolinea quasi in orario, e quando Roby vide scendere Raffaella e Betta, sentii il cuore battere come la doppia cassa di Philty Animal Taylor, e le sue mani cominciarono a sudare.
   «Ciao… come va?» buttò là gracchiando come una cornacchia.
   «Uh… non c’è malaccio, a parte ‘sto kazzo de freddo!» rispose Betta agitando le sue manine da scaricatrice di porto «Speramo che su dall’amico tuo ce stia un po’ de alcool, almeno me riscallo le budella!» (All’anima della finezza! Scuola Oxford!) Ma, dopotutto, a Roby di Betta non gliene poteva fregar di meno: bruttina, sul metro e 75 e un naso aquilino da paura (lui stava intono al metro e 70 circa e quelle più alte di lui lo mettevano chiaramente a disagio). Raffaella era all’incirca un metro e 60, 62, capelli castano scuro lisci fino alle spalle, occhiali da vista con la montatura un po’ vecchiotta, e un corpicino proprio niente male, molto, ma molto proporzionato. Aveva 16 anni ma ne dimostrava un paio di più; lui ne dimostrava un paio di meno, e allora…
   Entrarono nell’ascensore e salirono al 6° piano del palazzo di Mauro, e Roby, mentre l’ascensore saliva su, pensò a quante volte era salito a casa del suo amico in sedici anni (tanti ne erano passati da quando si erano conosciuti)… almeno un migliaio di volte, ma mai con una ragazza, anzi due, a parte quelle tredicenni che venivano, nel mezzo degli anni ’70, a ballare a casa del suo migliore amico… ma questa è un’altra storia.
   Il dito si poggiò tremante sul campanello, arrivò la mother e i tre si accomodarono in salotto, dove già avevano preso posto la triade Paolo-Francesco-Rivelli e una bella bottiglia di Jack Daniels che stava facendo il giro dei bicchieri come la playmate di settembre tra un nugolo di bei maschioni. L’umore di Betta salì di tono, mentre Roby strizzò l’occhio agli altri tre, facendo capire loro che non era lei Raffaella, ma l’altra accanto a lui, e Francesco rispose alzando il pollice in puro Fonzie’s style.
   Mauro e Paola si erano acquattati sul divano di un’altra stanza a pomiciare, i porci, mentre sul divano della sala, con Mary sulle ginocchia, c’era Fausto.
   «Ah, ciao Fa’! Non t’avevo visto! Non pensavo che ci stessi anche tu!»
   «Ciao Mume! T’ho portato un po’ di dischi… Judas Priest, Dark Star, Angel Witch, Def Leppard, Mötorhead, le Girlschool e i Kiss...»
   «Ah si, grazie... questi li conosco di fama, ma non mi piacciono tanto...» e per un nanosecondo Raffaella era scomparsa dalla sua mente.
   «Mume? E che nome è?» chiese la ragazza a Roby.
   «È il mio soprannome che mi porto dietro dai tempi delle medie…» spiegò Roby «ma perché non prendiamo qualcosa e andiamo un attimo di fuori io e te?»
   La festa continuò regolarmente per tutto il pomeriggio, finché si fecero le 6 e ¾, e sia Raffaella che Betta salutarono Mauro e tutto il resto della compagnia, facendo di nuovo gli auguri al festeggiato per i suoi 21 anni, ma si stava facendo tardi e dovevano tornare a casa, erano pur sempre minorenni. Naturalmente Roby fece il cavaliere e le accompagnò fino in piazza dell’Orologio, dove le due girls avevano la coincidenza d’autobus per Borgo Rivo.
   Mi sembra inutile dire che, durante quelle tre ore abbondanti, Roby aveva cercato spesso gli occhi di Raffaella che, dal canto suo, non staccava mai il suo sguardo dal nostro amico; probabilmente, anzi, sicuro al 100%, Paola le aveva parlato del desiderio di Roby di diventare il suo ragazzo fisso. Avevano parlato spesso, del più ma anche del meno, cercando di conoscersi meglio, e così Roby aveva scoperto che lei faceva il Classico, abitava a Sangemini, ma da quando sua madre, sei anni prima, era morta, stava spesso dalla nonna materna a Borgo Rivo, soprattutto nei fine settimana, insieme al fratello più piccolo. Roby ebbe anche i suoi due numeri di telefono. Lei aveva già il suo.

   Dalla curva di piazza Tacito sbucò il “24” che le due ragazze dovevano prendere. Roby chiese a Raffaella se la mattina dopo poteva venire ad aspettarla per accompagnarla a scuola.
   «Certo, perché no!» fu la risposta.
   «Ok! Ci vediamo domattina verso le…»
   «Le otto meno un quarto» lo interruppe lei «l’autobus arriva verso quell’ora davanti alla Banca Nazionale del Lavoro… ci vediamo lì?»
   «Perfetto! Ciao Betta… piacere di averti conosciuta, ci vediamo eh?» ma Betta era già salita, mentre Raffaella indugiava ancora sul primo scalino, poi salutò Roby schioccandogli un bel bacino sulla punta delle labbra e uno sulla guancia che diventò subito rossa (giù il sipario, please!).
   La prima cosa che Roby fece quando il bus partì, fu quella di chiamare a casa di Mauro, ma la festa era ancora in atto e nessuno aveva voglia di parlare… l’ambiente era già molto surriscaldato dall’alcool.
   E così Roby s’avviò mestamente su per il Corso, stretto nel suo piumino mentre si passava delicatamente le dita infreddolite sulle labbra, ricordo di qualcosa di magico successo da qualche minuto. Incontrò Alessandro, uno degli Strangers, e gli fece una “capa tanta” sul conto di Raffaella… e su come era carina… e su come gli occhiali le davano un nonsoché di sexy… e su come gli aveva dato quei due bacini affettuosi prima di andarsene… e su come lo aveva guardato per tutto il pomeriggio. Il poveraccio stava a sentire, ma vedeva Roby troppo eccitato per chiudere l’argomento e mandarlo a ‘fanculo… e non fu l’ultima volta.

Dal diario di Roby D. – 28 gennaio 1982 – ore 23,15

«Sono felice! Era tanto tempo che non stavo così bene. Raffaella, ti ho lasciata da 4 ore ma non faccio che pensare a te. Forse ti sarai stupita del mio comportamento, oggi pomeriggio. Ti devo dire la verità, non ero molto sicuro di quello che stavo per fare. Volevo la certezza. E ora ce l’ho e sono felicissimo. Domani sarà un grande giorno, forse il più bello da 3 o 4 anni a questa parte. La botta che ho preso è grande e solo al pensiero che domani, forse, io e te diventeremo, come si dice, una cosa sola, mi rende felice. È meraviglioso amare una persona. Mi è successo due volte prima: Angela, che è stata la prima vera ragazza, ed è finita come è finita, e Loredana (dove sarai in questo momento) a cui, adesso come adesso, voglio più bene che mai, ma questo è un amore fraterno. Raffaella, se un giorno leggerai queste quattro cazzate, potrai renderti conto che sono un ragazzo molto difficile. Con gli amici cerco di essere espansivo, ma la solitudine che mi prende quando sono solo, è tremenda. Ti ringrazio di esistere. Vorrei che il tempo si fermasse, quando sono con te. Sto bene con te, e stasera l’ho capito veramente. Forse è per questo che oggi non ti ho parlato del sentimento che provo nei tuoi confronti. Volevo essere sicuro che il passo che stavo per fare, poteva rendermi felice oppure no. Scusa se ti parlo così, ma con te voglio essere sincero. E la certezza me l’hai data te, con la tua tenerezza, la tua dolcezza. Me l’hanno data quei tuoi occhi che chiedevano, che aspettavano una mia parola. Adesso posso dirlo con certezza assoluta: ti amo! E nel dirlo sento il cuore che mi scoppia nel petto. Vorrei tanto che fosse già domani. Buonanotte amore!» (oh, my God!)

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