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sabato 28 gennaio 2012

Il poeta del giorno: RAFAEL ALBERTI

Rafael Alberti nasce nel 1902 a Puerto de Santa Maria (Cádiz), nel 1917 si trasferisce a Madrid dove comincia la sua avventura artistica come pittore. Nel 1922 i suoi lavori vengono esposti nell’ateneo di Madrid, poco dopo entrerá in contatto con gli artisti e gli scrittori nella Residencia de Estudiantes.
Nel 1924 mentre è costretto a vivere nella sierra (Guadarrama y Rute) pubblica la raccolta di poesie "Marinero en tierra" che vince il "Premio nacional de Literatura". Nel 1927 partecipa alle celebrazioni per la morte di Góngora in omaggio al quale pubblicherà "Cal y Canto". Nel 1928 compone "Sobre los ángeles" in seguito ad una profonda crisi personale, poi "Sermones y moradas" e "El hombre deshabitado". Una nuova fase inizia con l’avvento della Repubblica. Nel 1931 entra nel Partido Comunista de España (PCE), con la sua compagna Maria Teresa León fonda la rivista rivoluzionaria "Octubre" e partecipa alla lotta contro il franchismo. Nel 1939, dopo la sconfitta repubblicana, si rifugerà in Francia, poi in Argentina quindi in Italia a Roma presso Trastevere (1963).
Rientrerà in Spagna solo dopo la morte di Francisco Franco e otterrà il Premio Cervantes. Muore a Puerto de Santa Maria il 28 ottobre 1999.



Terzo ricordo

Ancora i valzer del cielo non avevano sposato il gelsomino e la neve,
né i venti riflettuto la possibile musica dei tuoi capelli,
né decretato il re che la violetta fosse sepolta in un libro.
No.
Era l'età nella quale viaggiava la rondine
senza le nostre iniziali nel becco.
Quando convolvoli e campanule
morivano senza balconi da scalare né stelle.
L'età
nella quale sull'omero di un uccello non c'era fiore che posasse il capo.
Allora, dietro al tuo ventaglio, la nostra prima luna.

Amaranta

Biondi, lucidi seni di Amaranta,
limati da una lingua di levriero.
Portico di limoni, dal sentiero
disviati che alla tua gola monta.
Rosso, un ponte di riccioli sormonta
il volto e incendia i tuoi ondulati avorii.
Morde e ferisce dei denti il biancore,
curvo, per aria, ti innalza nel vento.
Solitudine dorme in ombratura,
calza il suo piede di zeffiro e scende
dall'alto olmo al mar della pianura.
E il corpo in ombra, oscuro, le si accende,
e gladiatrice, come brace impura,
tra Amaranta e il suo amante si distende.


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