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martedì 10 gennaio 2012

Il poeta del giorno: Novalis

Pseudonimo di Georg Philipp Friedrich Leopold von Hardenberg, uno dei maggiori esponenti del circolo di Jena, Novalis nasce il 2 maggio 1772 a Wiederstedt, in Sassonia, nel castello di Oberwiederstedt, di proprietà della famiglia. E' il secondo di undici figli e la sua educazione è austera e religiosa.
Fin dalla giovane età, Novalis deve fare i conti con la sua salute cagionevole, che lo porterà a convivere, per tutta la vita, con la paura della morte: inoltre, la sua esistenza sarà continuamente contrassegnata da passioni estreme e di costante tensione visionaria. 
Si iscrive all'Università di Weissenfeels-Sale, ma prosegue i suoi studi a Lipsia.
NovalisNel 1792, incontra Friedrich Schlegel del quale diventa subito amico, condividendo gli analoghi ideali romantici. Guidato dal suo slancio giovanile s'immerge completamente nella scrittura e produrrà, in particolare, poesie ispirate da ragazze, libelli politici e pensieri di lieve stampo filosofico.
Nel 1793, vorrebbe entrare nell'esercito, ma si scontra con la famiglia che lo osteggia, soprattutto per gli alti costi dell'Accademia.
Si trasferisce, quindi, a Tennstedt, alle dipendenze dell'amministratore distrettuale, August Just.
Durante un viaggio di lavoro a Gruningen incontra la famiglia Rockentien e s'innamora della figliastra Sophie Van Kuhn, con la quale si fidanza nel marzo 1975.
Qualche tempo dopo, in un ricevimento a casa del professor Niethammer, a Jena, fa la conoscenza di Holderlin e del filosofo Johann Fichte; con quest'ultimo inizia una fitta collaborazione, tanto da diventarne allievo e da intraprendere gli studi sulla dottrina della scienza sviluppata dal filosofo.
Ben presto due gravi eventi sconvolgono la vita di Novalis: l'amato fratello Erasmus viene a mancare improvvisamente e nel 1977 Sophie muore a causa di una gravissima malattia. Per dar sfogo alla pena della sua anima, il giovane inizia a scrivere un diario e a rifugiarsi nello studio, in particolare, rivolge la sua attenzione all'arte dell'olandese di Frans Hemsterhuis. L'orientamento intellettuale di Novalis è segnato profondamente da questi eventi, che lasciano in lui una profonda ferita non rimarginabile.
Influenzato dagli scritti di Jacob Böhme, di Nikolaus Ludwig von Zinzendorf e di Friedrich Schleiermacher, diventa l'esponente più celebre del primo romanticismo tedesco. In particolare, gli scritti di Zindendorf lo portano ad avvicinarsi alla religione. L'amore gli appare come forza creatrice e insieme come sophia divina e azione redentrice del Cristo; a questa visione si aggiunge anche il rinnovato influsso di Hemsterhuis; l'amore è identificato con la forza dell'attrazione nella natura fisica, cui s'oppone, l'egoismo.
NovalisPer Novalis, la poesia e la filosofia erano una cosa sola con la religione in passato, e sono destinate a fluire in una nuova unità per opera della stessa poesia. Egli è convinto che l'immaginazione e l'intuizione intellettuale celino in essere una forza produttrice e creatrice di un vero mondo spirituale che porterà al dominio dello spirito sul proprio corpo. Di qui il tentativo dell'idealismo magico di trasformare la fisicità corporea e quella della natura esterna in un organo spirituale, facendo delle cose pensieri e dei pensieri cose. La natura reale non è la vera natura, e dev'essere resa tale per opera del messia, ovvero dell'uomo.
Nel 1978, intensifica i suoi studi sulle scienze naturali, stimolato anche dall'incontro con Abraham Werner avvenuto a Freiberg. Nello stesso anno, l'incontro a Dresda con Friedrich e August Schlegel e con Friedrich Schelling diede origine alla scuola romantica.
Poco tempo dopo viene pubblicato sul primo numero dell'Athenaum, il manoscritto dal titolo Bluthenstaub, inviato precedentemente da Novalis allo stesso August. A quest'opera segue la raccolta di brevi poesie ed epigrammi, Blumen e la raccolta di riflessioni politico-filosofiche, Glauben Und Liebe.
Insieme ad August si reca a Jena per incontrare Johann Wolfang Goethe e Friedrich Schiller e visita spesso la Galleria d'Arte di Dresda, rimanendo affascinato da alcune opere.
A luglio si trasferisce a Teplitz per seguire una cura ed ivi scrive centocinque frammenti dedicati alla donna, alla religione cattolica e al quotidiano. Tornato a Freiberg inizia a comporre Gli studi sulle scienze naturali ed il Brogliaccio generale e inizia la stesura del romanzo I discepoli di Sais.
Nel 1799 si reca a Jena dove conosce Ludwing Tieck, che diventerà suo grande amico e curatore della diffusione delle sue opere dopo la morte. In questo periodo compone i primi Canti Spirituali e il saggio La cristianità o l'Europa.
Verso il finire del 1799 inizia la stesura del romanzo Heinrich von Ofterdingen.
Nel 1800 conclude gli Inni alla notte e li invia a Friedrich Schlegel che li pubblica sull'Athenaum.
In realtà, Novalis aveva iniziato a comporli nel 1797, dopo un «momento di lampeggiante estasi», provato sulla tomba di Sophie.
Un anno dopo, il 25 marzo, Novalis morirà nella zona in cui è nato, consumato dalla tisi.
NovalisIl suo pensiero filosofico è contenuto principalmente nella raccolta Frammenti. Secondo Novalis il mondo va romanticizzato, scorgendo nel particolare un valore universale e viceversa, comprendere che l'universale si esprime nel particolare. Per romanticizzare la realtà è necessario guardarla con occhi diversi; la fantasia prende il posto della ragione. Negli Inni alla notte, lo spazio notturno diventa il regno del sogno e della fantasia, indispensabili veicoli verso l'infinito; l'uomo entra nella notte che è metaforicamente la notte mistica dello sposalizio, all'interno della quale si cela l'amata, ovvero «l'amabile sole notturno». Le speculazioni sulla natura de I discepoli di Sais riflettono i numerosi studi naturalistici-filosofici di Novalis, e preludono al romanzo Heinrich Von Oftterdingen, incompleto tentativo di una summa della visione romantica di redenzione della natura attraverso la riconciliazione delle stagioni e di fusione finale tra uomo e mondo in una realizzata e vivente allegoria. In Heinrich Von Ofterdingen il protagonista incarna il tipico sognatore romantico, nel quale lo spirito poetico prevale su quello razionale. La poesia viene intesa da Novalis come produttrice di realtà, non la realtà banale del quotidiano, ma la realtà che scaturisce dallo spirito; essa, pertanto, è la vera conoscenza, la vera scienza e la stessa filosofia è vista da Novalis come poesia. Novalis riprende la dottrina di Fichte, interpretando l'Io non come semplice soggetto trascendentale, ma come una fonte senza fine di pensiero e realtà.
L'idealismo di Novalis è di tipo magico, dove il soggetto individuale è onnipotente, e quindi in grado di trasformare il mondo con la sua volontà e fantasia. Questo ampliamento delle capacità del soggetto comporta principalmente l'unità tra individuo e natura. Nel predetto I sacerdoti di Sais, la natura è unica perché identificabile con il soggetto umano che la contempla. Dopo aver cercato a lungo la natura, personificata dalla dea Isis, Giacinto la trova proprio nella sua amata, Fiorellin di Rosa. La natura, quindi, è vicina a noi, basta saperla vedere.
Al concetto della natura è connessa l'idea dell'unità dell'uomo con Dio, che porta ad accettare una sorta di panteismo ispirato a Giordano Bruno e Spinoza. La realizzazione ultima dell'uomo è pertanto la risoluzione dell'Uno nel Tutto: l'individuo esplica il suo infinito valore e contemporaneamente l'infinito si determina come individuo. In Fede e Amore, Novalis presenta il suo ideale di stato: una comunità armonica, in cui i cittadini trovano nella coppia sovrana il modello di vita esemplare; la monarchia si fonde alla repubblica, il sovrano è uno, ma alla vita politica sono chiamati a partecipare tutti gli individui. Egli per il suo modello ideale guarda all'Europa medioevale, dove tutti i popoli cristiani erano governati da un unico pontefice; tutta la storia successiva è semplicemente il processo di disgregazione dell'unità cristiana. Al termine dello scritto, Novalis prevede il ritorno all'unità attraverso un Concilio Europeo, tesi opposta a quella di Friedrich Nietzsche che prevedrà lo sgretolamento dei valori cristiani.



ANELITO DI MORTE
Laggiù nel suo grembo, lontano
Dai regni della luce, ci accolga
La terra! Furia di dolori e spinta
Selvaggia è segno di lieta partenza.
Dentro l'angusta barca è veloce
L'approdo alla riva del cielo.

Sia lodata da noi l'eterna notte,
Sia lodato il sonno eterno.
Ci ha riscaldati il torrido giorno,
ci ha fatti avvizzire il lungo affanno.
Non ci attraggono più terre straniere,
vogliamo tornare alla casa del Padre.



CHI TI HA GUARDATO UNA VOLTA
Chi ti ha guardata una volta, irretito
non sarà mai dalla rovina, o Madre;
da te lontano, cede alla tristezza,
ti amerà sempre con passione ardente,
e la memoria in lui della tua grazia
resta il più alto volo del suo spirito.

Mi volgo a te con devozione immensa,
tu già conosci quello che mi manca.
Sii tenera con me, Madre soave,
dammi un segno di gioia, finalmente.
Tutta la mia esistenza in te riposa,
resta vicino a me solo un istante.

Più volte nei miei sogni ti ho veduta
così bella, e nell'intimo amorosa;
il piccolo dio che avevi tra le braccia
voleva muoversi a pietà del compagno;
ma tu tornasti, levando il tuo sguardo
sublime, tra le nuvole in tripudio.

Me infelice! Che cosa ti ho mai fatto?
Pieno di nostalgia, ti prego ancora;
non sono il luogo dove la mia vita
trova pace, le tue cappelle sante?
Regina benedetta,
prenditi questo cuore e questa vita.

Lo sai, regina amata,
che sono tutto interamente tuo.
Non ho goduto già da lungo tempo
nel segreto del cuore la tua grazia?
Quando ero ancora ignaro di me stesso
succhiavo il latte al tuo beato seno.

Sei stata accanto a me infinite volte,
guardavo a te con gioia di fanciullo;
mi tendeva le mani – perché un giorno
potesse ritrovarmi – il tuo bambino.
Con dolce e tenero sorriso – oh tempo
di paradiso! – un bacio tu mi davi.

Questo beato mondo ora è lontano,
e già da tempo il lutto mi accompagna,
perdutamente ho continuato a errare:
dunque ho peccato in modo così grave?
Fanciullo, tocco l'orlo del tuo manto,
svegliami tu da questo grave sogno.

Solo un fanciullo può guardarti in viso,
con fiducia aspettare il tuo soccorso;
allora sciogli il vincolo degli anni,
ch'io ritorni com'ero, il tuo bambino.
Vivono in me la fedeltà, l'amore
mio di fanciullo, da quel tempo d'oro.

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