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lunedì 9 gennaio 2012

Il poeta del giorno: KIKUO TAKANO

È nato nel 1927 nell'isola di Sado. Laureato in ingegneria civile, ha insegnato a lungo al liceo. Negli anni Cinquanta ha fatto parte del gruppo “Arechi”, ispirato alla Terra desolata di Eliot. Negli stessi anni si è molto nutrito di letture esistenzialiste (Heidegger, Jaspers).
Parecchie sue poesie sono state musicate da celebri compositori giapponesi (in particolare Saburô Takata). Oltre che in Italia, Takano è tradotto negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Francia e in Cina.





In me

In me c'è qualcosa di rotto.
Sono come l'orologio che si ferma
poco dopo averlo caricato,
come il piatto incrinato che non torna
nuovo se anche
lo incolli con cura.
In me c'è qualcosa di schiacciato.
Sono come il tubetto di dentifricio
quando nulla ne esce
se anche lo premi,
come la pallina da ping-pong ammaccata
che non può tenere più in gioco
nemmeno un buon giocatore.
Ci sono oggetti distrutti e schiacciati
dal principio, senza motivo, in me:
l'ombrello che non sta aperto, il violino
fuori uso e i sandali coi cinturini rotti,
il rubinetto intasato, il flauto
sfiatato, la lampada consumata.
Eppure non mi perdo di morale,
l'ira non mi trascina, né mi tormento
come una volta, anzi mi auguro
di potermi riempire
di quelle cose inutili,
restando distrutto e schiacciato,
in questo trovando il mio orgoglio.

Mano, và

Mano, và a cercare
l'altra via.
Cedi, lascia
una a una
le cose che hai preso;
tenta la via
dove non resta nulla
nella mano.

Mano, và a cercare
l'altra via.
Dopo che hai perso
tutto ciò che hai lasciato,
oh, il vuoto!
Le mani vuote
si congiungano
in un gesto severo.

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