L’appuntamento
In una di quelle case, create dal libertinaggio,
Dove a tutti è offerto un letto mercenario,
Nel talamo delle carezze comuni, sgualcito or ora,
Anche noi trovammo rifugio – per celare il nostro amore.
Era una luminosa giornata estiva, ma le tendine tirate
Ci isolavano da un raggio nitido;
Nell’oscurità artificiale coglievo solo gli sguardi
E le ombre vaghe della pettinatura e d’una spalla.
Avevamo tutta la vita nelle mani; sentivo tutti i battiti,
Tutto il tepore del petto, tutte le linee del fianco;
Ti sdraiasti accanto a me, ormai illanguidita,
E per un attimo fosti – come una tenera sorella.
Ma da lontano, turbinando, volava la tempesta della passione…
Come mutarono d’improvviso i tuoi occhi in basso!
E il letto divenne una barca. In preda a onde impetuose,
Essa sfrecciò, e un vortice strappò tutte le vele!
M’apparve in sogno: s’era avverato il destino della terra.
Non c’era l’umanità! La barca era sballottata dal caos!
E io, incontrando la morte, cercavo in fretta una parola,
Per esprimere il fremito degli ultimi sogni nel mondo.
Ma in luogo delle parole c’era il delirio, e, pungendo implacabile,
Il tuo sguardo mi fissava e mi estenuava dal profondo.
Sentivo la tua voce: “Ti amo! Sono tua! Mio Valja!”
La barca volava più veloce… e la cascata precipitò.
Rinvenimmo sulla riva, coperti da schizzi di schiuma.
Lentamente, come da forme d’un’altra esistenza,
Giungeva un rumore esterno e risaltavano le pareti,
L’“io” si fondeva lentamente con la realtà.
Quando timida, col viso avvolto nel grosso scialle,
Uscisti dal portone sulla strada, dietro di me,
La giornata era ancora luminosa, le carrozze tintinnavano,
E la gente passava accanto – davanti, davanti…
Nessun commento:
Posta un commento