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domenica 7 agosto 2011

Rabindranath Tagore (6/5/1861 - 7/8/1941)

Sognai che lei sedeva vicino al mio capo,
arruffando teneramente i capelli
con le dita, suonando la melodia
del suo tocco.
Guardai il suo volto,
e lottai con le lacrime,
finché l'agonia di parole non dette
lacerò il mio sonno come una bolla.

Mi sedetti sul letto e guardai lo splendore
della Via Lattea sopra la finestra,
come un mondo di silenzio in fiamme,
e mi chiesi se in questo momento
lei sognasse un sogno simile al mio.

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Nella tua eterna veglia,
tu ascolti i miei passi che s'avvicinano,
mentre la tua letizia si raccoglie
nei primi albori del mattino
ed erompe nell'esplosione di luce.
Più mi accosto a te, più profondo diventa
il fervore nella danza del mare.
Il tuo mondo è uno spruzzo di luce
che si diffonde, colmandoti le mani,
ma il tuo cielo è nel mio cuore segreto;
esso schiude lentamente
le sue gemme in timido amore.

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Dirò il Tuo nome sedendo solitario tra l'ombra dè miei silenziosi pensieri.

Lo dirò senza parole, lo pronuncerò senza proposito.

Giacché io somiglio al bimbo che chiama la madre cento volte,
felice di poter dire: "Mamma."

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