Parte languido il giorno; odine il segno
che il cavo bronzo ammonitor del tempo
al consueto rintoccar diffonde.
Va passo passo il mugolante armento
5per la piaggia avviandosi: dal solco
move all'albergo l'arator traendo
l'affaticato fianco, e lascia il mondo
alle tenebre e a me. Già scappa al guardo
gradatamente, e più e più s'infosca
10la faccia della terra, e l'aer tutto
silenzio in cupa maestade ingombra.
Se non che alquanto lo interrompe un basso
ronzar d'insetti e quel che il chiuso gregge
tintinnio soporoso al sonno alletta.
15E là pur anco da quell'erma torre,
ch'ellera abbarbicata ammanta e stringe,
duolsi alla luna il pensieroso gufo
di quei che al muto suo segreto asilo
d'intorno errando, osan turbare i dritti
20del suo vetusto solitario regno.
Sotto le fronde di quegli olmi, all'ombra
di quel tasso funebre, ove la zolla
in polverosi tumuli s'inalza,
ciascun riposto in sua ristretta cella,
25dormono i padri del villaggio antichi.
Voce d'augello annunziator d'albori,
auretta del mattin che incenso olezza,
queruli lai di rondinella amante,
tonar di squilla o rintronar di corno
30non gli alzeran dal loro letto umile.
Più per essi non fia che si raccenda
il vampeggiante focolar; per essi
non più la fida affacendata moglie
discorrerà per la capanna, intesa
35di scarso cibo ad apprestar ristoro.
Non correran festosi i figliuoletti
al ritorno del padre, e balbettando
vezzi indistinti aggrapperansi a prova
sul ginocchio paterno, a còrre il bacio,
40della dolce famiglia invidia e gara.
Quante volte cadeo sotto i lor falci
la bionda messe! l'ostinata zolla
quante dei loro vomeri taglienti
cesse all'impronta! come lieti al campo
45traean cantando gli aggiogati bovi!
Come al colpir delle robuste braccia
gemeano i boschi disfrondati e ignudi!
No, della rozza villereccia gente
le pacifiche ed utili fatiche,
50le domestiche gioie e 'l fato oscuro
non dispregiarlo, Ambizion superba;
né sdegni il Fasto con sorriso altero
della semplice e bassa Povertade
gli oscuri sì ma non macchiati annali.
55Pari è di tutti il fato: avito ceppo
nella notte de' secoli nascoso,
pompa di gloria e di possanza, e quanto
può ricchezza ottener, donar beltade,
tutto sorprende inevitabil punto,
60e ogni via dell'onor guida alla tomba.
Vano mortal, non recar loro ad onta
se su i sepolcri lor trofeo non erge
la pomposa Memoria ove per l'alte
volte dei tempii ripercossa echeggia
65canora laude. Ah l'ammirato busto
o l'urna effigiata al primo albergo
può richiamar lo spirito fugace?
Può risvegliar la taciturna polve
voce d'onore? o adulatrice lode
70il freddo orecchio lusingar di Morte?
Ma che? negletto in questo angolo oscuro
un cor già pregno di celeste foco
forse è riposto, e qualche man possente
a regger scettro di fiorito impero
75o ad avvivar l'armoniosa cetra,
rapitrice dell'anime gentili.
Sol non aprì Dottrina ai loro sguardi
il suo misterioso ampio volume
delle spoglie del Tempo altero e carco.
80La freddolosa Povertade il sacro
foco ne sperse, ed inceppò dell'alma
l'agile vividissima corrente;
ché molte gemme di serena luce
disfavillanti l'ocean rinserra
85nell'ime grotte, e molti fior son nati
a vagamente colorarsi invano
non visti, e profumar l'aer solingo
di loro ambrosia genial fragranza.
Questa zolla, chi sa? forse ricopre
90rustico Hamdeno, che de' patri campi
al picciolo tiranno oppose il petto.
Là forse giace inonorato, ignoto
Miltone agreste, e Cromoel poc'oltre,
cui non bruttò della sua patria il sangue.
95Attrar con lingua imperiosa i plausi
d'attonito senato, ire, minacce
di tiranni sfidar, bear contrade
coi doni d'ubertà, legger negli occhi
d'intenerito popolo confuso
100la grata istoria de' suoi fatti egregi
vietò la sorte a que' negletti ingegni.
Pur se basso natal rattenne il volo
delle innate virtù, represse ancora
di vizi e di misfatti il germe e l'esca.
105Fortunata impotenza a lor non diede
per mezzo il sangue farsi varco al trono,
né di pietade al meschinello in faccia
chiuder le porte, né affogar le strida
di coscienza roditrice, e 'l foco
110dell'ingenuo pudor spegnersi in petto,
né del lusso e del fasto arder sull'are
incenso acceso all'apollinea face.
Lungi dal folle vaneggiar del volgo,
dai desiri infiniti e gare insane,
115non traviar giammai le innocue genti
dal sentier di natura, e per la cheta
della vita mortal solinga valle
tennero un corso tacito e tranquillo.
Or a guardar le fredde ignobili ossa
120dall'ingiurie del ciel, qui presso eretto
di fragil terra un monumento, adorno
di rozze rime e disadatte forme,
dal molle cor del passaggero implora
picciol tributo di sospir pietoso.
125I lor nomi, i lor anni, informe scritto
d'inerudita Musa, all'ombre oscure
servon di fama e d'eleghi dolenti.
che il cavo bronzo ammonitor del tempo
al consueto rintoccar diffonde.
Va passo passo il mugolante armento
5per la piaggia avviandosi: dal solco
move all'albergo l'arator traendo
l'affaticato fianco, e lascia il mondo
alle tenebre e a me. Già scappa al guardo
gradatamente, e più e più s'infosca
10la faccia della terra, e l'aer tutto
silenzio in cupa maestade ingombra.
Se non che alquanto lo interrompe un basso
ronzar d'insetti e quel che il chiuso gregge
tintinnio soporoso al sonno alletta.
15E là pur anco da quell'erma torre,
ch'ellera abbarbicata ammanta e stringe,
duolsi alla luna il pensieroso gufo
di quei che al muto suo segreto asilo
d'intorno errando, osan turbare i dritti
20del suo vetusto solitario regno.
Sotto le fronde di quegli olmi, all'ombra
di quel tasso funebre, ove la zolla
in polverosi tumuli s'inalza,
ciascun riposto in sua ristretta cella,
25dormono i padri del villaggio antichi.
Voce d'augello annunziator d'albori,
auretta del mattin che incenso olezza,
queruli lai di rondinella amante,
tonar di squilla o rintronar di corno
30non gli alzeran dal loro letto umile.
Più per essi non fia che si raccenda
il vampeggiante focolar; per essi
non più la fida affacendata moglie
discorrerà per la capanna, intesa
35di scarso cibo ad apprestar ristoro.
Non correran festosi i figliuoletti
al ritorno del padre, e balbettando
vezzi indistinti aggrapperansi a prova
sul ginocchio paterno, a còrre il bacio,
40della dolce famiglia invidia e gara.
Quante volte cadeo sotto i lor falci
la bionda messe! l'ostinata zolla
quante dei loro vomeri taglienti
cesse all'impronta! come lieti al campo
45traean cantando gli aggiogati bovi!
Come al colpir delle robuste braccia
gemeano i boschi disfrondati e ignudi!
No, della rozza villereccia gente
le pacifiche ed utili fatiche,
50le domestiche gioie e 'l fato oscuro
non dispregiarlo, Ambizion superba;
né sdegni il Fasto con sorriso altero
della semplice e bassa Povertade
gli oscuri sì ma non macchiati annali.
55Pari è di tutti il fato: avito ceppo
nella notte de' secoli nascoso,
pompa di gloria e di possanza, e quanto
può ricchezza ottener, donar beltade,
tutto sorprende inevitabil punto,
60e ogni via dell'onor guida alla tomba.
Vano mortal, non recar loro ad onta
se su i sepolcri lor trofeo non erge
la pomposa Memoria ove per l'alte
volte dei tempii ripercossa echeggia
65canora laude. Ah l'ammirato busto
o l'urna effigiata al primo albergo
può richiamar lo spirito fugace?
Può risvegliar la taciturna polve
voce d'onore? o adulatrice lode
70il freddo orecchio lusingar di Morte?
Ma che? negletto in questo angolo oscuro
un cor già pregno di celeste foco
forse è riposto, e qualche man possente
a regger scettro di fiorito impero
75o ad avvivar l'armoniosa cetra,
rapitrice dell'anime gentili.
Sol non aprì Dottrina ai loro sguardi
il suo misterioso ampio volume
delle spoglie del Tempo altero e carco.
80La freddolosa Povertade il sacro
foco ne sperse, ed inceppò dell'alma
l'agile vividissima corrente;
ché molte gemme di serena luce
disfavillanti l'ocean rinserra
85nell'ime grotte, e molti fior son nati
a vagamente colorarsi invano
non visti, e profumar l'aer solingo
di loro ambrosia genial fragranza.
Questa zolla, chi sa? forse ricopre
90rustico Hamdeno, che de' patri campi
al picciolo tiranno oppose il petto.
Là forse giace inonorato, ignoto
Miltone agreste, e Cromoel poc'oltre,
cui non bruttò della sua patria il sangue.
95Attrar con lingua imperiosa i plausi
d'attonito senato, ire, minacce
di tiranni sfidar, bear contrade
coi doni d'ubertà, legger negli occhi
d'intenerito popolo confuso
100la grata istoria de' suoi fatti egregi
vietò la sorte a que' negletti ingegni.
Pur se basso natal rattenne il volo
delle innate virtù, represse ancora
di vizi e di misfatti il germe e l'esca.
105Fortunata impotenza a lor non diede
per mezzo il sangue farsi varco al trono,
né di pietade al meschinello in faccia
chiuder le porte, né affogar le strida
di coscienza roditrice, e 'l foco
110dell'ingenuo pudor spegnersi in petto,
né del lusso e del fasto arder sull'are
incenso acceso all'apollinea face.
Lungi dal folle vaneggiar del volgo,
dai desiri infiniti e gare insane,
115non traviar giammai le innocue genti
dal sentier di natura, e per la cheta
della vita mortal solinga valle
tennero un corso tacito e tranquillo.
Or a guardar le fredde ignobili ossa
120dall'ingiurie del ciel, qui presso eretto
di fragil terra un monumento, adorno
di rozze rime e disadatte forme,
dal molle cor del passaggero implora
picciol tributo di sospir pietoso.
125I lor nomi, i lor anni, informe scritto
d'inerudita Musa, all'ombre oscure
servon di fama e d'eleghi dolenti.
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