«Nessuno è più schiavo
di chi si ritiene libero
senza esserlo.»
(Johann Wolfgang Goethe)
VENTITREESIMO
È l’alba del 20 ottobre 1984, una data importantissima per Roby, gli
Strangers e tutto il resto del mondo: fra poche ore uscirà il primo numero di
“Sentinel” la nuova metal fanzine nata dalle ceneri di “Terni City Rockers”
Perché “Sentinel”?
Perché Terni è troppo piccola, e fare una fanzine solo ed esclusivamente
sulla realtà rock ternana, cominciava a diventare troppo restrittivo; e poi una
marea di gruppi, gruppetti e gruppettucoli cominciavano a mandare materiale a
casa di Roby, e provenivano da tutto il mondo, quindi si rendeva necessario
ampliare le proprie visioni su tutto l’heavy metal world.
E non a caso fu scelto il nome
“SENTINEL”: era e sarà per sempre una delle più belle canzoni mai scritte dai
Judas Priest, e visto che il gruppo inglese è sempre stato il favorito di
tutti… due + due fa quattro!
Il parto di “Sentinel” non fu facile: c’era da ampliare le scelte, la
visione del mondo metal a 360° e non più solo sulla pur sempre rigogliosa
realtà di una cittadina di poco più di 100.000 anime, bisognava uscire dal
guscio e andare a vedere concerti ben oltre la distanza Terni-Roma. Bisognava
trovare collaboratori nuovi: il gruppo di amici chiamato “the Strangers”, per
quanto armato di buona volontà e coraggio non poteva raccogliere sulle proprie
spalle tutto il lavoro che sta dietro ad un giornale, piccolo e sconosciuto
quanto si vuole, ma pur sempre un giornale, e un giornale di musica è fatto di
recensioni di dischi, di concerti, di biografie e di foto, tante foto.
Loro ce la misero tutta, e anche di più, e il fatto che ad oltre
vent’anni di distanza ancora qualcuno si ricorda di “Sentinel” non fa che
avvalorare il tutto.
Articoli tratti dal n.1
14-9-1984
PAUL CHAIN & VIOLET THEATRE
GUNFIRE
LIVE!
ROCCA PRIORA
Ennesima spedizione dei Terni
City Rockers alla volta di un concerto non pubblicizzato, non importante (per
tutti quei metallari da operetta che muovono le chiappone solo per andare a
vedere Maiden, Ac/Dc e gli altri big), nonostante fosse presente la RAI 3 e
fosse presentato da Claudio Sorge (Rockerilla). Rocca Priora è stata infiammata
per diverse ore dalle performances di diversi gruppi di vario genere musicale,
dalla new wave all’heavy metal, tra cui appunto Paul Chain e Gunfire.
Giungemmo al castello di Rocca
Priora, al cui interno si svolgeva la manifestazione, verso le 20,30 di sera,
proprio in tempo per venire avvertiti dai metallari locali che di lì a mezzora
si sarebbero esibiti Catena & Co.
Come descrivere ciò che è
accaduto mezzora (circa) dopo? Il Teatro Viola è esattamente ciò che il suo
nome vuol far intendere: uno spettacolo teatrale vero e proprio, una dark-opera
più che un concerto di heavy metal, una lugubre apologia della morte. una
ventina di minuti prima dello spettacolo, il cantante Sanctis Ghoram, nel
funebre abito di scena, è stato spinto su di una carrozzella per invalidi da
una ragazza in tunica viola. Lì è rimasto, immobile, impassibile alle urla del
pubblico già esaltato, mentre i roadies finivano di portare teschi, croci e
assurdi manichini sull’allucinante palco, fino a che, annunciati da lugubri
suoni incisi nella più profonda fossa dell’Ade, sono apparsi finalmente
Hand-Chaste il batterista, affiancato da due boia incappucciati, Galley il
bassista, e lui, il sinistro leader Paul Chain, in incredibili costumi
ottocenteschi.
Ghoram si anima finalmente e
alzandosi dalla sedia a rotelle dà inizio allo spettacolo. Il primo atto del
Teatro è l’ormai celebre “Chains of death”, seguita dai migliori brani del
repertorio dei vecchi Death SS, inclusa naturalmente un’eccellente versione di
“Black and violet”. Lo spettacolo è quanto di più incredibile si possa vedere
on stage, la musica è la più dark mai udita sulla faccia della terra. Paul
Chain non ha niente da invidiare a qualsivoglia band italiana ed a buona parte
di quelle estere. Scuotano pure la testa quelli che odiano il dark e amano solo
il metallo classico; quando si assiste ad una performance di questa incredibile
band ci si trova di fronte all’ARTE pura, alla ricerca sofferta, alla più
audace sperimentazione. Termina infine lo show (durato una mezzora, come tutti
gli altri gruppi) e mentre aspettiamo i Gunfire, che avrebbero suonato per ultimi,
verso le 23, sbraniamo un panino finché Catena e soci ci raggiungono, ormai
struccati e riprese sembianze umane (!).
Dopo due bands, una di musica
pseudo-dance (leggi afro) ed una di new wave abbastanza originale, ecco
finalmente salire sul palco per ultimi, ma non ultimi, i prorompenti Gunfire.
Un look ispirato al glam, non
quello esasperato di Wrathchild ma più su Ratt o Icon, ad una musica tutta
all’opposto. Uno speed-metal classico e al tempo stesso originale, un po’ come
se i Manowar suonassero hardcore. I ragazzi, nonostante abbiano fatto
pochissimi concerti finora (si sono formati meno di un anno fa e dopo soli 4
mesi già avevano prodotto un ottimo demo-tape) sanno veramente stare sul palco
ed infuocare la folla, coinvolgendo il pubblico in maniera esemplare; quando il
metallo è nel sangue… ed il sangue non è acqua!
Ottime entrambe le bands, dunque,
e nessun rimpianto per i chilometri fatti tra andata e ritorno per gustarsi
un’ora di metallo (tra tutti e due i gruppi). Paul Chain è stato una conferma
(e chi ne dubitava?) e i Gunfire una scoperta. Speriamo di poterli ammirare al
più presto a Terni in un eventuale concerto organizzato dalla fanzine verso
Natale, se non altro per dimostrare ai colleghi metallari umbri che non
esageriamo quando ci perdiamo in sperticati elogi nei riguardi dei gruppi in
questione.
Paul
Chain è il fondatore dei DEATH SS nati nel ’77 con ideologie sataniche di
adorazione al male non più esistenti oggi. VIOLET THEATRE è tutto ciò che non è
Paul Chain e che circonda il tutto. È teatro di morte, il conflitto interiore
ed esteriore che si svolge su esso, è la pazzia della mente di ognuno che la
normalità cerca di nascondere, che esternata durante tutta l’attività musicale
e scenica: è il teatro della fine. L’ideologia principale è l’odio verso tutto
il sistema naturale perché malato in se stesso già sul nascere. Siamo propensi
alla distruzione totale del sistema naturale perché stanchi dello stupido
predominio forzato dell’attivo sul passivo. Ciò deriva da un’osservazione
personale delle cose, da studi dell’esoterismo (non su libri), da riflessioni
sugli opposti e sul loro senso. È l’evoluzione gratuita di filosofie studiate
(non su libri) per anni e l’orrore sgradevole di vivere una vita. La gente
dovrebbe vivere più a contatto con i morti, forse capirebbe meglio il senso
della vita. Paul Chain è l’osservatore menestrello che canta e avvisa la fine
di un certo sistema di cose, come la scomparsa ormai prossima del genere umano
(vedi dinosauri). Il viola è il colore positivo perché proviene dall’equilibrio
degli opposti rosso e blu (attivo-passivo). È filosofia della morte, cioè
l’osservazione della vita e delle cose al di fuori del tempo e libera da
costrizioni culturali e momentanee. Non ci sono elementi fissi all’infuori di
Paul Chain. La musica è dark senza limitazioni di generi musicali.
SHINING BLADE
Gli SHINING BLADE si formano
verso la fine del 1981, stabilizzandosi ben presto nell’attuale line up
(Francesco D’Elia alla voce, Fabio Pignataro e Jimmy Troccoli alle chitarre,
Frank Coltella al basso e Miki Ranieri alla batteria). L’esordio avviene, in
concerto, il 26 marzo 1982, entusiasmando non poco il folto pubblico. Il sound,
naturalmente, è ancora acerbo, ma già traspaiono nitidi i caratteri dei
componenti. Il 1982 è all’insegna di un’intensa attività concertistica che
contribuisce a far crescere la popolarità del gruppo. Abilità tecnica, drumming
impetuoso, classe, padronanza assoluta del palco e magnetismo, sono i
principali elementi dei loro live-act. Questa prima fase si conclude con la
partecipazione alla semifinale del “2° festival rock italiano” e alla “Festa
dell’Unità regionale”. A questo punto si decide di registrare un demo: nasce
quindi “On the battlefields”. Nonostante la non buona registrazione, è un
eccellente documento dello stato della band alla fine dell’82. i consensi della
critica specializzata (Rockerilla e le fanzines heavy italiane) e la enorme
diffusione del demo anche negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Germania,
danno ulteriore fiducia al gruppo, impegnato a raffinare ancora il proprio
sound, per renderlo più personale e confacente all’acquisita maturità
tecnico-compositiva del gruppo nel suo insieme. Altra importantissima tappa è
la partecipazione all’heavy metal festival di Certaldo. Con la risoluzione di
alcuni problemi manageriali, la band ritorna a luccicare più brillante che mai,
e come primo atto c’è la partecipazione col brano “Freakish footsteps” nella
compilation “Heavy metal eruption” curata da Beppe Riva. Adesso è in
circolazione il loro secondo demo-tape, “Ace of blades” (che recensiamo in
altra parte del giornale n.d.r.). Vengono nettamente smentite le voci intorno
all’esclusiva propensione degli SHINING BLADE verso atmosfere più melodiche.
Insorge la loro maturità compositiva cui i primi e più autorevoli pareri
assicurano riconoscimenti internazionali.
XENON
In questo numero ci occupiamo
anche di un gruppo che proviene da Macerata: XENON, autori di un 45 giri
autoprodotto, “Steal my mind/Song for a dreamer”.
XENON nasce agli inizi del 1983,
da un’idea di Moreno Malaisi (basso e synth), Claudio Maurizi (batteria e
percussioni), Eliseo Mozzicafreddo (chitarra) e Gigi De Luca (voce e synth). Le
varie esperienze precedenti (heavy, soft-rock, hard e jazz-rock), li hanno
portati ad unirsi col preciso intento di fare qualcosa di concreto. Quindi, nel
luglio ’83, sono entrati in sala di registrazione per il master del loro primo
45 giri, che uscirà soltanto a gennaio ’84, per i soliti problemi. “Steal my
mind” racconta di un ragazzo che decide di rinchiudersi in sé stesso per
difendersi dagli altri e dalle proprie paure. “Song for a dreamer” parla invece
di quelle persone che amano sognare ad occhi aperti e che spesso si ritrovano
con un mucchio di mosche in mano. Temi questi, tipici dell’hard rock, più che
heavy metal vero e proprio. Ed infatti le due songs ricordano molto i pezzi in
stile 70’s (B.O.C., Nazareth). Sembra che abbiano intenzione di incidere un
long playing, dopo la consueta gavetta fatta di concerti, soprattutto per l’estate.
Hanno anche approntato un nuovo pezzo, “After the hell”, per promozione
radio-televisiva. Noi di “Sentinel” li abbiamo visti a Viareggio e non è che ci
siano piaciuti tanto, forse per il fatto che la loro musica non “tira”.
RECENSIONI
MANOWAR – “Sign of the hammer”
Nel giro di 14 mesi, sono usciti
ben tre long playing + due mix dei favolosi MANOWAR. “Into glory ride” è stato
votato il Top album del 1983; “Hail to England” non lo sarà solo perché sono
usciti due dischi come “Defenders of the faith” e “The warning”. Invece questo
“SOTH”, navigherà verso l’ottava/nona posizione. Non è che il disco sia brutto,
anzi… ma secondo noi è stato fatto in fretta (che sia colpa del nuova etichetta
10 rec. ?). I Manowar cercano anche di scrollarsi di dosso quell’immagine,
travista, che qualcuno vuole addossare loro, sfornando un disco di puro heavy
metal.
Il platter inizia con la già
conosciuta “All men play on ten” (dedicata alla vecchia casa discografica, la
MFN), quindi passiamo senza indugi al secondo pezzo, “Animals”, un gran pezzo,
duro e sporco, come mai sono stati i Manowar. “Thor (the powerhead)” è senza
dubbio, insieme alla seguente “Mountains”, la cosa migliore dell’album.
Atmosfere care al “guerriero”, le tematiche invece pure (in un album intitolato
“Il segno del martello” non poteva non comparire una canzone sul Dio Thor). “Thor the mighty – Thor the brave –
crush the infidels in your way – by your hammer let none be saved – live to die
on that final day!”. Di “Mountains”, vale lo stesso discorso fatto per
“All me...”.
Il lato B si apre con una
sorprendente “Sign of the hammer”, autobiografica, sullo stile di “Army of the
immortals”. Ma la vera sorpresa si chiama “The oath”, in cui Manowar si diletta
in un brano quasi hardcore (!?!?) o comunque molto tirato. Quindi si giunge
all’ormai consueto virtuosismo del piccolo bass a 8 corde di Joey Di Maio
(“Thunder pick”), che fa da preludio all’ultima song: “Guyana, cult of the
damned” che tratta di quella famosa storia in cui un migliaio di persone si
suicidarono perché il reverendo Jim “aveva deciso così”.
In definitiva un album dai due
volti: il primo prettamente Manowar (“Mountains”, “Thor”, “Sign of…”, “Guyana”)
e l’altro è una ricerca di cose nuove per cercare di non ripetersi (“All men…,
“The oath”), cosa che succede spesso quando si pubblicano 3 dischi nel giro di
un anno.
Da acquistare senza indugi… ma
c’era proprio bisogno di dirlo?
QUEENSRYCHE – “The warning”
1983: esce un mini lp
comprendente 4 pezzi per una sconosciutissima label americana, la 206 rec. Il
gruppo in questione si chiama QUEENSRŸCHE. Nessuno di voi e di noi avrebbe mai
pensato che sarebbe diventato la rivelazione dell’83, il più grosso gruppo
nuovo dopo l’avvento dei Manowar. Ad oltre un anno di distanza esce il loro
primo vero lp, stavolta per una grossa casa discografica, la Emi, che li ha
messi sotto contratto per ben 7 albums. Primo della serie questo “The warning”.
Gridare al miracolo sarebbe troppo, ma quest’album è il più bello uscito
quest’anno, secondo solo a “DOTH” e proietta i Queensrÿche nelle alte vette
dell’olimpo metallico. L’ellepi’ inizia con “Warning”, la canzone più
tradizionalmente heavy metal, perché le altre 8 gemme tralasciano l’heavy metal
classico, per scoprire nuovi orizzonti di questo genere che ogni volta ci stupisce
sempre di più. In “En force” le influenze priestiane sono molto marcate, in
particolare nel ritornello, e non a caso è una delle songs migliori. Segue la
bellissima “Deliverance” e si sale subito ad alti livelli con “No sanctuary”.
“Nm 156” è una track shockante, originale, con un testo tipico degli ultimi
Rush, che chiude perfettamente la side A e ti fa correre a girare il disco sul
piatto per sbrigarti ad andare a sentire di che altro sono capaci costoro. Side
B: “Take hold of the flame” apre e… ti lascia senza parole. Segue “Before the
storm” che già si va a catalogare tra i migliori pezzi del 1984; sfuma
nell’ottima “Child of fire” che precede il capolavoro dell’album: “Roads to
madness”.
Che dire di questa band esplosa
di colpo, prendendo tutti in contropiede? Per noi sono attualmente i migliori,
dopo i Judas Priest. Vi basti!
MERCYFUL FATE – “Don’t break the oath”
Rinnovati, più duri, più
“metallici”, e allo stesso tempo più dark, tornano i 5 del Fato Misericordioso
con uno dei dischi più attesi dell’anno. King Diamond è riuscito a rendere la
sua voce, se possibile, ancor più sepolcrale, ed a definire completamente il
suo stile difficilmente imitabile. Testi satanicamente belli, per chi ama il
genere, musica ossessiva e complessa, con continui cambi di tempo, di riffs e
di giri di voce, come è ormai consuetudine della band; un dico consigliatissimo
non solo per i cultori del dark, ma per chiunque ami quel genere di metallo
“adulto” (di scuola Priest, Maiden, Sabbath ecc.) che non è “…only rock’n’roll…”.
I brani, ottimi, sono tutti su un certo livello (alto) ed è difficile trovarne
uno veramente migliore di un altro. Forse “The oath” e l’ultima meravigliosa
“Come to the sabbath” sono quelle che colpiscono di più ad un primo ascolto, ma
tutte le altre non sono da meno. SATAN BLESS KING DIAMOND!!!
IRON MAIDEN – “Powerslave”
La prima cosa che appare evidente
in questo disco è il fatto che in copertina Eddie non la fa da padrone come
nelle precedenti. Infatti, il “buon mostriciattolo” appare solo con la testa
incassata in un corpo di sfinge in un panorama prettamente egiziano. Da ciò,
sempre di primo acchito, si può pensare ad un concept-album basato sull’antico
Egitto. Invece, a parte la title track, il disco corre sui binari prettamente
maideniani. “Aces high” è tra le migliori cose del disco e lo apre
adeguatamente. È seguita da “Two minutes to midnight” già uscita a 45 giri una
quindicina di giorni prima. Non ha l’impatto di “Run to the hills” o “Flight of
Icarus”, ma è un buon pezzo che sfiora i 6 minuti. “Losfer words” è uno
strumentale, ma sono lontani i tempi di “Transylvania” o “Gengis Khan”. Seguono
“Flash of the blade” e “The duellists” che, prese singolarmente, sono buone, ma
nel contesto del disco appaiono abbastanza scontate. Il lato B si apre con
“Back in the village”, buona, sulla falsariga di “Aces high”. Si giunge così a
“Powerslave” il gioiellino del disco insieme al capolavoro finale “The rime of
the ancient mariner”. Lo stile è quello consueto dei Maiden, certamente meno
rozzo del periodo Di Anno, sempre ad altissimi livelli di qualità. Bisogna
dire, però, che c’è un’involuzione rispetto a “Piece of mind” o “The number of
the beast”. Siamo sicuri che Iron Maiden non ha espresso ancora del tutto il
suo valore… una prova leggermente opaca, dopo 4 albums meravigliosi, è
pienamente giustificabile.
METALLICA – Ride the
lightning”
Questa estate ’84 si chiude in un
inferno di fuoco e fiamme e… fulmini. Altro disco attesissimo, quello del
quartetto californiano. La prima canzone “Fight fire with fire” fa subito
mancare il fiato, tanta è la violenza e la velocità dell’hardcore quasi punk
dei quattro folli; poi lo stordimento si attenua per lasciare spazio allo
stupore. “Ride the lightning” è senz’altro un bel pezzo, ma è con “For whom the
bell tolls” e soprattutto “Fade to black” che i Metallica compiono
l’inaspettato. La voce riesce ad essere orecchiabile nei ritornelli e i brani
presentano un’inattesa sofisticatezza. Il lato due si apre con un altro bel
pezzo hardcore “Trapper under ice”, e passa poi di nuovo a dei brani che ci
hanno lasciato piacevolmente compiaciuti della maturità tecnica raggiunta dalla
giovanissima band. “Escare”, “Creeping death” e soprattutto l’ottimo
strumentale, violento, ossessivo, e perché no, dark, di quasi 9 minuti “The call
of Khtulu”, ispirati ai racconti di Lovercraft, chiudono un lp veramente
sorprendente. Non che noi sottovalutassimo i Metallica, anzi, ci piacquero
molto subito, fin dal primo album rivelazione “Kill ‘em all”, ma sinceramente
non li reputavamo capaci di spaziare da un genere a volte ripetitivo come può
essere l’hardcore, all’heavy più classico con tanta facilità e professionalità.
Metallica è ormai una band decisa a conquistarsi un suo posto tra i “grandi”
del metallo e, se già non c’è riuscita, il traguardo è prossimo.
TWISTED SISTER – “Stay hungry”
Torna alla grande anche la
depravata famiglia Snider, sempre in bilico tra il glam e il cialtronesco, che,
al solito, non manca di divertirci con le consuete stravaganze (vedi
l’esagerata copertina). Qui vale il discorso inverso di quello fatto per i
Mercyful Fate: “it’s only rock’n’roll… but we like it!” I Twisted Sister non
hanno mai preteso di essere altro di una band di rock’n’roll, e riescono ad
esserlo in tutti i sensi, e quest’ultimo lp ne è la prova. Ormai essendo
riusciti anch’essi a trovare un proprio stile personale, ci propongono un
prodotto che è la logica conseguenza del precedente “You can’t stop r’n’r” e lo
supera senz’altro in piacevolezza. Sopra le altre: “Stay hungry”, “Burn in hell” e l’originale horror-teria
“Captain Howdy-Street of justice”.
DIO – “The last in line”
Quando si parlà di Dio è facile
parlare… di miracoli, e lo è anche se non si tratta di Jehova ma di Ronnie
James. Eccolo qui il magico cantore di castelli incantati, di streghe dei
laghi, di elfi, demoni e folletti, che riappare con questo meraviglioso lp che,
almeno per noi, ma anche per molti altri, è riuscito a battere il precedente,
ottimo, “Holy diver”. Dio dimostra ancora una volta (ma ce n’era bisogno) di
essere, se non il più grande, uno dei 4 o 5 nomi che di diritto siedono sui più
alti troni dell’olimpo metallico. Il disco si apre con “We rock” e non si
poteva aprire meglio, seguita dall’evocativa “The last in line”, eseguita
nell’ormai classicissimo stile Dio. “Breathless” è un altro gioiello, e precede
addirittura un brano hardcore, “I speed at night”, con il quale Ronnie e Co.
dimostrano di potersi cimentare in qualsiasi genere di heavy metal, superando
anche gli “specialisti” del settore. Chiude il lato A “One night in the city”
che, naturalmente, è bella. Side B: torna rimirata “Evil eyes”, già edita su un
45 giri della scorsa estate, seguita da “Mystery”, che ad un primo ascolto può
ricordare “Rainbow in the dark”, ma già ad un secondo si rivela superiore. “Eat
your heart out” è il classico brano che ti fa riprendere fiato prima del
capolavoro finale “Egypt (the chains are on)”. Questo brano ha un po’ la stessa
funzione che ebbe l’altro anno “Dune” sul “POM” dei Maiden: chiudere in
bellezza un album che giudicare ottimo è poco, troppo poco.
MANOWAR – “All men play on ten”
I Manowar sono diventati un po’
come i Judas: ogni volta che esce qualcosa, non vediamo l’ora che esca qualcosa
di nuovo. A febbraio uscì “HTE” e adesso, poco prima di “Sign of the hammer”,
ci sollazziamo con questo 45 contenente “All men play on ten” sul lato A, un
rock’n’roll molto, molto heavy, mentre sul lato B compare il gioiello
“Mountains”, una delle migliori opere della band, nel classico stile da loro
stessi inventato. Ritornello eccezionale, epico, drammatico, romantico, perché
no! Sembra veramente di essere sopra una montagna, in comunione con la natura,
ed è solo questo che i Manowar predicano con le loro canzoni… ma questo è un
discorso troppo lungo… ne riparleremo tra un po’ di tempo.
HELSTAR – “Burning star”
La MFN sforna l’ennesima nuova
band dalle enormi qualità tecnico-sonore. Vengono dal Texas, ma invece delle
pistole imbracciano potentissime Fender, dalle quali escono piccoli capolavori
come “Run with the pack” o “Dracula’s castle”. A tratti ricordano i Maiden, ma
il loro stile rimane comunque molto personale. I testi sono per lo più ispirati
a tematiche fantascientifiche (bene, bene!).
TOKYO BLADE – “Night of the blade”
Cacciati via John Wiggins (ch) e
Alan Marsh (vc), ritornano i meravigliosi Tokyo Blade, alla loro seconda prova
e mezza in meno di un anno. Il sound è leggermente diverso che sul primo
lavoro, più melodico se vogliamo, ma lo stile è quello, e la voce del nuovo
vocalist, lo rende ancor migliore. La title-track, “Warrior of the rising sun”
e l’iniziale “Someone to love” si ergono su tutte, ma tutto il lavoro è su
altissimi livelli, e non poteva essere altrimenti.
CHATEAUX – “Fire power”
Seconda prova per gli inglesi
Chateaux. Ci troviamo di fronte ad un disco molto buono, diverso dal precedente
“Chained and disperate”, Pezzi prettamente hardcore si susseguono a pezzi di
innegabile perizia tecnica, per quanto la Ebony ha fatto, come sempre, un
pessimo lavoro di registrazione. Qualche buon gruppo inglese, ogni tanto, riesce
ad emergere.
KILLER – “Shock waves”
In tutto e per tutto i belgi
Killer cercano di imitare Lemmy e Co. Ci riescono fino ad un certo punto,
soprattutto nei pezzi più tirati “”Shock waves”, “In the name of the law”,
“Richter scale 12”). C’è anche una buona ricerca di sonorità diverse ma altrettanto
potenti. Per gli amanti del genere.
RODS – “Let them eat metal”
Già dalla copertina il disco
appare godibilissimo. I Rods non sono nati certo ieri, sono stati tra gli
alfieri dell’U.S. Metal e bene o male i loro dischi piacciono sempre. Un titolo
su tutti: “White lightning”.
P.S. Quando ascoltate “Bad blood”
non gridate «AL PLAGIO!» anche se è la copia spudorata della “Breaking the law”
di priestiana memoria.
MILLENNIUM – “Millennium”
Un
gruppo senza infamia e senza lode, come ce ne sono tanti in circolazione oggi.
Di gruppi come Maiden o Priest o Motorhead ne nascono pochi al girono d’oggi in
Inghilterra. Non vi segnaliamo neanche i brani migliori, perché sono tutti
sullo stesso piano (basso!). Da acquistare solo in nel caso in cui il negozio
da cui vi fornite abbia finito tutti i dischi di heavy metal.
JAGUAR – “This time”
Questa volta i Jaguar ci hanno
deluso. Cioè, il disco in definitiva non è proprio una schifezza, ma è
totalmente diverso dal primo, ottimo “Power games”. Sound americano (Ratt
soprattutto), ma con meno grinta dei cinque topolini. Potete risparmiarvele le
consuete 16.000 lire!
SLAYER – “Haunting the chapel”
(12”)
“Hell awaits”, il secondo lavoro
degli Slayer è alle porte. Intanto i 4 c’ammazzano con questo three-tracks che
non aggiunge molto a quanto sapevamo su di loro. Venom si dimostra il gruppo
più ricercato dalle ultime leve dell’hardcore-black-metal. Ma i maestri sono
sempre i migliori… o no???
WITCH CROSS – “Fit for fight”
Dalla prolifica terra danese
(M.Fate, Pretty Maids) vengono questi Witch Cross. Il disco è buono, oltre la
media. Tematiche che non si discostano molto dalle leggende nordiche, ma la
musica è sullo stile inglese. “Nightflight to Tokyo”, “Face of a clown”, “Alien
savage” i pezzi migliori di un lp più che buono… quasi ottimo.
W.A.S.P. – “W.A.S.P.”
Erano attesissimi alla prova su
33, dopo i due 45 usciti durante l’estate. Francamente all’inizio li avevamo
considerati una classica montatura americana, una nuova trovata pubblicitaria
come lo furono i Kiss nel mid-seventies. E proprio i 4 killers struccati ci
ricordano questi 4 depravati, assassini, alcolizzati del rock’n’roll. Pezzi
tutti sullo stesso piano, da sballare nelle discoteche metal.
WENDY O’WILLIAMS – “W.O.W.”
Lasciati i Plasmatics, la
“zozzona” entra nella famiglia MFN e sforna un disco molto buono, per chi ama
un genere un po’ “dancereccio”. I Kiss compaiono qua e là, soprattutto il
drummer Eric Carr e l’ex Ace Freheley alla chitarra. Prodotto da Gene Simmons. “Ready to rock”, “I
love sex (and rock’n’roll”)”, “Priestess” i brani più riusciti.
DEMON EYES – “Rites of chaos” - H BOMB –
“Attaque”
...e adesso manca solo l’Italia!
I nostri cugini transalpini hanno rotto gli indugi, e dopo le prove dei Trust,
che rimangono sempre i migliori, ecco quindi apparire sulla scena metallica
nomi come DEMON EYES, SORTILEGE, H BOMB, WARNING, WITCHCRAFT, SATAN JOKERS e
tanti altri. Noi abbiamo scelto Demon Eyes e H Bomb perché ci sembrano i
migliori, Demon Eyes soprattutto. Il loro dark ci ricorda i Mercyful Fate, ma
il trono del Re Diamante è ben saldo e troppo alto per un Philippe Masson
qualunque. I titoli sono in inglese ma loro cantano in francese, come gli H
Bomb, che si rifanno più ad uno stile prettamente motorheadiano. Facce da
catastrofe nucleare come la copertina ci fa vedere. Ma verrà il giorno in cui
anche i nostri metal heroes………..
FATES WARNING – “Night on bröcken”
Band rivelatasi su Metal Massacre
vol. 5, messa sotto contratto (ma guarda un po’!) dalla MFN, anche se il disco
esce per la Roadrunner. Il disco è bello e vario ma ricopiano troppo la Vergine
di Ferro. Sentite la voce di John Arch: è i-den-ti-ca a quella di Bruce. Poca
carne al fuoco quindi, ma cotta al punto giusto.
CIRITH UNGOL – King of the dead”
È senza dubbio il gruppo più
strano in circolazione. Vuoi per i toni delle chitarre e della base ritmica,
vuoi per la particolare voce di Tim Baker e anche per gli strani accordi che
usano, a metà strada tra il dark e l’epico. C’è anche una stravolta versione
della “Toccata e fuga” di Bach (!!!) oltre a due buoni pezzi come “King of the
dead” e “Cirith Ungol”
VOIVOD – “War and pain”
Vale
lo stesso discorso fatto nell’apertura della recensione dei Fates Warning.
L’unica differenza è che questi Voivod sono la cosa più inascoltabile che sia
uscita sul mercato hm. Hardcore tirato fino alla morte, oltre la morte, al
punto che dopo un paio di brani, ti viene la voglia di levarlo e di buttarlo
tra la spazzatura, ma poi ci ripensi e lo rimetti sul piatto.
MAINEEAXE – Shout it out”
I
nuovi gruppi inglesi non sono certo tra le cose migliori usicte sul mercato
internazionale. Ci sono comunque le eccezioni: Tokyo Blade su tutti, poi Cloven
Hoof e questi Maineeaxe. Certo, non sono il non-plus-ultra dell’olimpo metallico,
ma i loro pezzi sono per lo meno suonati bene e cantati meglio. Puro
hard-rock’n’roll sulla scia dei Tokyo Blade. Da acquistare.
ARTISTI VARI – “Metal massacre V”
Quinto
volume per l’enciclopedia metallica prodotta dalla Metal Blade. Nomi
sconosciutissimi (Omen, Fates Warning, Final Warning, Hellhammer, Voivod ecc.),
ma lo erano anche Metallica, Ratt, Bitch, Warlord, quindi non possiamo che
augurare loro tanta, tanta fortuna.
ARTISTI VARI – “Scandinavian Metal Attack”
Questa
invece è una compilation scandinava. 5 i gruppi per 10 canzoni (Oz, Trash,
Bathory, Zero Nine e Spitfire). I migliori sono senz’altro OZ e SPITFIRE,
mentre i BATHORY sono la copia spiccicata dei Venom; TRASH volano sui binari di
un heavy metal-rock’n’roll in stile Ac/Dc, ma molto più “sporchi”
HEADPINS – “Line of fire”
Prendete gli ACDC. Uccidete Brian
Johnson. Mettete al suo posto Derby Mills, una gattona, anzi una tigre dalla
voce acuta e incazzatissima. Eccovi, quindi, i canadesi Headpins. “Mine all
mine” e “I know what you thinking” una piccola spanna sopra le altre.
WARLORD – “Lost and lonely days’Alien” (12”)
In attesa dell’album “Thy kingdom
come”, esce un 45 giri dei Warlord col nuovo cantante Damien King II. Nulla di
nuovo rispetto a “Deliver us”. Anche il nuovo singer canta come colui che l’ha
preceduto. Comunque, i due pezzi sono ottimi. Sarà, ma a noi ricordano i libri
di fantascienza eroica (Rush docet). Da acquistare a scatola chiusa.
CLOVEN HOOF – “Cloven Hoof”
Cloven Hoof è tra le cose
migliori uscite nella terra di Albione in questo prolifico 1984. Bello,
eccezionale, sotto tutti i punti di vista. Atmosfere Manowar, piccoli
gioiellini di hard-rock’n’roll fanno di questo platter tra i migliori di
quest’anno (l’abbiamo già detto) secondo solo ai Tokyo Blade come band esordiente.
“Cloven Hoof”, “Gates of
Geenna” e “The return of the passover” le tre gemme epiche dell’album.
TYSONDOG – Bewere of the dog”
Prodotti da Cronos (!!!) per la
Neat records, esordiscono i Tysondog. Sound prettamente di marca inglese, con
qualche sprazzo hardcore sulla scia dei belgi Acid (anche nei titoli).
“Hammerhead”, “The inquisitor”, “Voice from the grave” ci sembrano le cose
migliori.
GLORY BELLS – Century rendez-vous”
Anche loro sono alla seconda
prova discografica. Il gruppo è capitanato da Glory North, un vocalist che ha
studiato Halford fin dai tempi delle elementari. Intorno a lui gravita uno
stuolo di ottimi musicisti che fanno da contorno all’ottima voce di Glory. C’è
spazio per l’heavy in puro stile priest e per un rock-blues alla Whitesnake.
WRATHCHILD – “Stakk attakk”
Dopo un 45 e un mini-lp, ecco
finalmente l’esordio dei ragazzacci glam. Glam, glam, glam, rock’n’roll,
coretti, sospiri, e tanta allegria in questo disco. A noi piace, nonostante non
gradiamo il look esasperato. “Stakk attakk” è un buon brano heavy, “Trash
queen”, “Kick down the walls” e le altre ci ricordano gli Sweet prima maniera.
LEE AARON – “Metal queen”
La megabona Lee Aaron, partorisce
il suo secondo lavoro. L’album è bello anche se leggerino, ma contiene una song
come “metal queen” che è uno dei pezzi più belli degli ultimi anni. “Lady of a
darkest night” e “Deceiver” gli altri pezzi migliori.
ICON – “Icon”
In America va molto, in questo
momento, l’heavy metal “da classifica”, tipo Ratt, Mötley Crüe e Def Leppard.
Quindi i nuovi gruppi americani o seguono questa via o tentano la carta
europea. Questi ultimi sono i migliori (Manowar, Queensrÿche, Metallica). Del
secondo gruppo fanno parte anche gli Icon, al loro esordio su vinile. Hard
rock’n’roll fatto come si deve, per tutti gli amanti di questo particolare
genere.
GOW – “Mr. Tippel”
STRANA OFFICINA – “Strana
Officina”
DARK LORD – “Dark Lord”
Riusciranno i nostri eroi a
diventare una vera forza dell’heavy europeo? Cominciamo con i livornesi STRANA
OFFICINA, senza dubbio il gruppo italiano più boicottato da quando l’heavy si è
avventato su di noi agli inizi degli 80’s. Sono sulla scena da una decina
d’anni, ma riescono solo ora a pubblicare qualcosa su vinile. È senz’altro il
miglior gruppo italiano (Paul Chain e il suo teatro viola permettendo!), sia
tecnicamente che come presenza sul palco. Il loro demo era stupendo, il disco,
che comprende 4 pezzi ed è registrato superbamente, è ancora superiore. I GOW
sono invece di Torino (prossimamente un articolo di presentazione n.d.r.). Si
erano fatti conoscere con un 45 giri che, personalmente, a noi piace poco.
L’album, invece, ce li offre in maniera migliore. Non aspettatevi certo un
sound stile Metallica. Semmai si può collegare il gruppo con certe sonorità
tipiche dei Rainbow e dei Whitesnake, ma nel complesso ci sembrano abbastanza
originali. DARK LORD sono veneti, e anche loro ci offrono un four-tracks dopo
un ottimo demo. La registrazione è scarsissima, ma nonostante ciò, si riesce a
capire la validità di questo four-pieces guidato del “Signore Oscuro” Nalesso
Gable. C’è anche un pezzo dal vivo. Peccato manchi “Lady Skydrive”.
BATTLEAXE – “Power from the universe”
L’avevamo conosciuti un anno fa
con “Burn this town”. Ora tornano migliorati con “PFTU”, ma sempre adepti al
tempio di Giuda. Ascoltate l’iniziale “Chopper attack” e con la fantasia
mettete Rob “the voice” al posto di David King ed avrete una nuova song dei
Judas Priest. Comunque la differenza di classe e di tecnica è abissale. E non
possiamo certe pretendere di più da un gruppo che esce dall’anonimato. Di Metal
Gods ce ne sono soltanto cinque.
DARK WIZARD – “Devil’s victim”
Un disco anonimo, per un gruppo
anonimo, per una recensione inutile. Ma se fanno dischi gruppi come Dark
Wizard, allora siamo proprio al limite massimo della commercialità dell’heavy
metal!! PUAH!!!!!!!!!!!!
LOUDNESS – “Disillusion”
A pochissimi mesi di distanza
dell’ottimo doppio live, esce la nuova prova in studio dei “stacanovisti”
giapponesi Loudness. Il disco non aggiunge molto al meraviglioso “The law of
devil’s land” se non una nuova meravigliosa performance di Akira Takasaki,
nuovo mostro della sei corde. Molta classe e, perché no, parecchia fantasia nei
cervelli dei quattro kamikaze. “Crazy doctor”, “Esper” e “Dream fantasy” sono
le cose migliori, ma tutto l’album è su ottimi livelli.
ITALIAN DEMOS by BLOODY RIDER
SHINING BLADE – “Ace of blades”
Tra i migliori gruppi italiani, i
baresi S.B. dimostrano ancora una volta di essere validi e abbastanza
originali. Compare naturalmente la già nota “Freakish footsteps”. Gli altri tre pezzi sono “On the
battlefields”, “Winged snake” e “Night walking”. Attualmente è il gruppo
italiano che ascolto di più!
FIRE – “Fire”
Ottimo demo del trio romano, tra
i più conosciuti nell’ambiente capitolino per i numerosi gigs fatti. “I got the
fever” è un pezzo tipo dell’heavy inglese, mentre il successivo “Metal
breakdown” e soprattutto “Angel of the glory”, stanno più sul dark-epic. Buoni,
da seguire, e se lo diciamo noi, ci dovete credere!!!
EXILE – “Temptations”
Conosco molto bene (non di
persona però), Metal John, vocalist della band veronese. È un ragazzo
straordinario che ci sta incoraggiando in tutti i modi per la buona riuscita di
questa fanzine. Il demo contiene 9 pezzi ed è molto buono, riuscendo a spaziare
nel vasto campo dell’heavy metal più duro e veloce, non tralasciando spazi più
melodici. I pezzi sono ben congeniati. Se manca qualcosa nella tecnica, nessun
problema: arriverà! Mai come adesso ho voglia di gridare “ROCK WILL NEVER DIE!!!”
(scusate lo sfogo… ci voleva proprio!)
ASTAROTH – “Astaroth”
Dopo averli visti all’opera a
Roma l’aprile scorso, ero curioso di sentirli in studio di registrazione. Beh…
mi piacciono sempre parecchio. Il loro stile è una magica fusione tra BLACK
SABBATH/primi JUDAS/METALLICA violenti/MANOWAR (mamma mia quanta roba!!!)…
eppoi, perché etichettare sempre un gruppo italiano come la copia di qualche
mostro sacro. Loro sono gli ASTAROTH E BASTA!!! 4 pezzi sul lato A “Burning the diamond”, “Die
to be alive”, “Resurrection day” e “Astaroth”. Sul lato B due pezzi dal
vivo registrati al Teatro Mongiovino “Legion wanna fight” e “Mental explotion”.
MAUSEN – “Rocker”
Giovanissimi rockers romani, alle
prime esperienze. E ciò si sente nell’ascolto di questo two-tracks-demo.
“Cocker” con una registrazione migliore può essere un buon pezzo. Sulla stessa
scia “Love me rock me”.
DARK LORD
DARK LORD nasce nell’autunno
1982, riunendo attorno ad un sound di rock energico, alcuni musicisti della
provincia di Venezia con anni di presenza sulla scena musicale locale, e
provenienti dalle esperienze musicali più diverse. Il loro primo concerto
riscuote ampio successo di pubblico. Durante l’estate del 1983, in un piccolo
tour veneto, toccano varie città della regione nelle quali consolidano il loro
seguito e suscitano un vasto interesse di critica e di pubblico. In quello
stesso anno, in agosto, entrano in sala di registrazione e producono il loro
primo demo-tape. “Painless tapes”, che li porta alla conoscenza della gran
parte del circuito heavy nazionale. Nella primavera del 1984, esce il loro
primo e.p. omonimo, contenente 4 pezzi di cui uno dal vivo (leggetevi la
recensione in altra parte del giornale n.d.r.). Il “Signore Oscuro” è formato
da Gable Nalesso, cantante dalla voce che può ricordare R.J.Dio, Alex Masi alla
chitarra, Sandro Bertoldini alla batteria e Al Guariento al basso.
Il loro sound è una fusione
ritmico-armonica che, avvalendosi delle esperienze passate e pur restando
legate a delle sonorità prettamente heavy, trascende dall’uso ripetitivo ed
esasperante dei riffs per una concreta ricerca di una linea sonora originale
non riconducibile a forme già sperimentate.
LIVE AT THE
DINGWALLS PUB
LONDON 8/8/1984
Dal nostro inviato Roberto Latini
Il metallo femminile, oltre alle
orecchie, fa bene anche alla vista. Infatti è stato più che eccitante il
concerto delle nuove Girlschool al Dingwall dove oltre al tuono elettrico, si
sono potuti ammirare 5 corpi di donna, con tutta la loro femminilità
prorompente negli attillatissimi pantaloni.
Aprendo con l’ormai storica
“C’mon let’s go”, le scolarette hanno subito dato il via nel modo migliore al
pubblico già fortemente sudato e pressato (il piccolo pub dove si è tenuto il
concerto era stracolmo). La novità del gruppo è la definitiva sostituzione
della bella Kelly con due nuovi elementi: niente paura, la nuova cantante è
altrettanto gustosa e dotata di buona voce, senza contare che la “mezza”
calabrese chitarrista p forse più brava sulle sei corde della stessa Kelly. Si
tratta di Jackie Bodimead (lead vocals & keyboards) e di Chris Bonacci
(lead guitar), entrambe ex-membri (?) delle SHE.
Metà dei brani sono cantati da
Kim e mentre ciò avveniva Jackie si cimentava sulle tastiere che comunque
risultano superflue nel contesto e non hanno determinato diminuzioni di
durezza.
Il concerto è stato saltellante
ed energico e solo con l’esecuzione di pezzi tratti dall’ultimo album come
“Play dirty” o “Running for cover” il livello è calato seppure non di molto;
maggiormente ben accolte sono risultate “Demolition”, “Emergency” e “Race with
the devil” che il pubblico inglese e noi pochi italiani abbiamo salutato con lo
scatenamento esagerato di tutta la carcassa corporea.
In poche parole, le Girlschool,
pur muovendosi poco sul palco (forse era troppo piccolo), tirano, tirano
davvero.
Un accenno al gruppo spalla: i
Satan’s Daughter: hanno delle belle songs ma tecnicamente peccano di scarsa
competenza, eccetto forse il chitarrista. Scusiamoli, visto che non sono
neanche maggiorenni. La serata ha avuto una leadership femminile, infatti i
Satan’s Daughter posseggono una cantante che ci piacerebbe sentir rockare nel
proprio letto (però senza la frusta che sul palco impugnava).
Breve accenno faccio del concerto
del gruppo omonimo di Paul Di Anno (non più Lonewolf) a cui ho assistito 5
giorni prima delle Girlschool. Non comprate il disco e non vi crucciate se non
potete andare al concerto: la voce è bella e calda, ma che delusione, neanche
hard rock, bensì facile A.O.R. annaffiato di tastiere. Paul, è tutto qui quello
che hai saputo fare in 3 anni?
UMBRIA
IN METAL
“LA
GRANDE DEPRESSIONE”
Ricordate l’articolo “Terni rock
city” del 1° glorioso numero del vecchio “Terni City Rockers”? Con quante
spavalderia e ottimismo avevamo fatto quell’elenco di gruppi rock ternani, spuntati
come funghi e tutti più o meno promettenti! E adesso? L’Umbria, e Terni in
particolare, sta affrontando la più grande crisi musicale a memoria di cocker
dall’inizio degli anni ’80 ad oggi. I gruppi veramente attivi sono due o tre ed
attivi in maniera precaria, tra l’altro (escludiamo la miriade di gruppetti
new-wave più o meno sconosciuti dell’area perugina. Ce ne scusiamo con gli
interessati, ma non abbiamo alcuna notizia di loro). Terni vede attivi, se
escludiamo i MY MINE che ormai sono
passati dalla qualifica di gruppo ternano a quella di band “europea”, gli
sconosciutissimi DRAGON’S FIRE, metallari, il divertente STARO e la sua
electronic dance ed è chiuso qui. I SYNTHESIS, gruppo storico dell’heavy
ternano, sono temporaneamente fermi a causa di cambiamenti più o meno radicali
nell’organico del gruppo: sembra che Giulio Biocca, lasciati definitivamente
gli INTERCEPTOR, entri a tempo pieno nei SYNTHESIS (è dubbia la conservazione
del vecchio nome) e si prepari con i suoi colleghi alla pubblicazione di un
e.p. entro 4 mesi. I WARHEAD, bersagliati dalla sfiga, attendono di trovare una
sala prove fissa (situazione che si protrae da più di un anno) e l’incazzatura
è latente. Gli STAGE si sono sciolti: tanto di guadagnato. Gli SHARK sono
decimati e immobilizzati dalla partenza per il militare del solista Giulio
Rossi e del batterista. Le WALKŸRIA si sono sciolte già da qualche mese, con la
felicità dei bacchettoni dell’istituto briccialdi (scritto volutamente in
minuscolo), ma è una lunga storia. Chi conosce i particolari capirà. Godono di
ottima salute invece gruppi castranti come ICE, BAROCK (ex-SHABAZZ) o PYRHEUS;
bands formato balera, gioia dei semplici, composte naturalmente da ottimi
musicisti inattaccabili dal punto di vista tecnico (la loro sola “forza”), che
suonano solo in funzione delle varie feste dell’unità e sagre della bruschetta;
il brutto è che poi capita che qualche coglione di turno li infila nelle rare
manifestazioni “rock” stile ternano dove ci si trovano, per intenderci, anche
qualche cantautore con un picchione in culo o gruppi folk che piacciono tanto
alla zia. RES MAJES, gruppo fautore di un improbabile, ma almeno originale,
rock greco-romano (?) è anch’esso alle battute finali di una carriera non certo
baciata dalla gloria, e gli SWEARS, usciti all’inizio dell’anno in maniera
abbastanza promettente con un originale rock duro influenzato da sonorità alla
Rush, vengono anch’essi dati per dispersi (temporaneamente?) dall’impossibilità
di trovare una sala prove adeguata. Unici due nomi nuovi che si preparano ad
esordire sono il gruppo di rock’n’roll (con chitarre distorte) THE SILVER
SURFERS che attende solo di trovare una cantante donna, e i misteriosi
WINTERWÖLF, gruppo heavy metal dedito alla magia e al fantastico, che intendono
portare sul palco una scenografia a livello teatrale.
Tutto molto sul vago, dunque.
Per quanto riguarda Perugia, come
già detto prima, escludendo i new-wavers con i quali non ci sono attualmente
contatti, sono attivi solo i metallari TYRANT TOWN, il cui chitarrista è in
procinto di partire per il maledetto servizio di leva e che quindi andranno
anch’essi incontro a qualche difficoltà (la supereranno, ne siamo certi). Gli
INTERCEPTOR, disciolti, potrebbero riformarsi per opera del chitarrista
Aurelio, che in caso si assumerebbe anche il ruolo di cantante. In poche
parole: la situazione umbra è tragica, ma non disperata. Dopotutto i SYNTHESIS
esplosero con il loro periodo migliore nell’81 (ricordate la formazione
motorheadiana a tre di quei tempi gloriosi?) proprio mentre si usciva dal
malcostume musicale degli anni ’70 infarciti di discotecari febbricitanti solo
il sabato sera e pecoroni il resto della settimana, cantautori pallosi e
sballoni desiderosi solo di emulare Genesis, Pink Floyd ecc. (leggi CAMPO DI MARTE
e tutta quella scuola lì); anche i WATER KRAUSE videro la luce in quel periodo
e shockarono la città con le loro follie.
Quindi, visti i precedenti,
neanche il più pessimista di noi potrebbe asserire che la situazione attuale
non migliorerà, proprio mentre il metallo sta esplodendo in tutta la penisola e
mentre persino la terribile disco-music è stata ormai quasi del tutto
sostituita dalla new-wave più commerciale (non è un gran cambiamento, sempre di
merda si tratta, ma almeno il livello è leggermente superiore). Tutto dipende
da noi e da voi: rockers di tutta l’Umbria, unitevi! Anche se non sapete
suonare, compratevi una chitarra e provateci, oppure cercate attivamente di
diffondere la fede con coerenza. Invece di farsi le canne o di bucarsi, alzimo il
volume delle chitarre! Daremo molto più fastidio così che sballati o morti di
overdose.
Alla prossima.
REX INFERI
Musicalmente i REX INFERI nascono
intorno al 1979, dallo scioglimento di una band ancorata a schemi prettamente
rock-blues stile primi ‘70’s. Da allora il gruppo, formato da Maurizio Samorì
chitarra e voce, Gerry Otta basso e Piero Versari batteria (che ha sostituito
il drummer originale chiamato “a servire la patria”) ha tenuto molti concerti
soprattutto in Romagna, facendosi conoscere dai metallari della zona, tanto che
nel recente poll del mensile Rockerilla, si sono piazzati al 6° posto tra le
bands heavy italiane, dietro a gruppi come Death SS, Vanadium, Steel Crown,
Halloween e Vanexa, gruppi ormai conosciutissima in tutto il suolo italico (e
oltre). Fino ad oggi hanno registrato un demo (recensito sul n° 3 di Terni City
Rockers), demo che non dimostra appieno le qualità della band forlivese. Siamo
in attesa di qualcosa di nuovo. Hanno promesso qualche “metallica sorpresa”. Un
giudizio più globale, lo daremo allora.
PLAYLIST
ESTATE–AUTUNNO 1984
1)The last in line
2)Ride the lightning
3)Powerslave
4)Don’t break the oath
5)Stay hungry
6)The warning
7)Sign of the hammer
8)Wasp
9)Night of the blade
10)Haunting the chapel
(by JOE BREAKER)
1)The warning
2)Sign of the hammer
3)Ride the lightning
4)The last in line
5)Don’t break the oath
6)Powerslave
7)Night of the blade
8)Strana Officina
9)Fit for fight
10)Night on brocken
(by BLOODY RIDER)
1)The warning 1)The warning
2)Sign of the hammer 2)The last in line
3)Powerslave 3)Sign
of the hammer
4)The last in line 4)Powerslave
5)Don’t break the oath 5)Don’t break the oath
6)Night of the blade 6)Ride
the lightning
7)Ride the lightning 7)King
of the dead
8)Animalize 8)Animalize
9)Stay hungry 9)Night
of the blade
10)Wasp 10)Fit
for fight
(by LORD MYSTERIOUS) (by
JACK OF SHADOWS)
1)The last in line 1)The
warning
2)The warning 2)Sign of the hammer
3)Sign of the hammer 3)Don’t break the oath
4)Powerslave 4)Ride
the lightning
5)Ride the lightning 5)The
last in line
6)Stay hungry 6)Wasp
7)Fit for fight 7)Powerslave
8)Don’t break the oath 8)All hail to thee
9)Animalize 9)Strana
Officina
10)Night of the blade 10)Haunting
the chapel
(by ROBUR) (by
DOCTOR EVIL)
Nessun commento:
Posta un commento