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mercoledì 1 febbraio 2012

TERNI CITY ROCKERS: 27a puntata


«Solo sulle solide fondamenta          
di un’inflessibile disperazione,
si può d’ora innanzi
costruire l’edificio dell’anima.»
   (Bertrand Russell)

VENTUNESIMO

E tra viaggi a Roma alla ricerca spasmodica di nuovi dischi e nuovi gruppi, trasmissioni via radio con sempre nuovo materiale da far ascoltare alle affamate orecchie dei kids ternani e narnesi, continui andirivieni da casa al centro smistamento pacchi postali per ritirare il materiale che ogni gruppo stava mandando alla redazione, arrivò il 26 marzo, e con lui, l’uscita del secondo numero di

TERNI CITY ROCKERS.

Dalle lettere di Lory a Roby – Catania, 28 marzo 1984

«Caro Roby, lo so che sono un’imperdonabile Caina, che meriterei la forca, ma essere mamma e compagna di due maschiacci come i miei, porta via una sacco di tempo; senza contare che anche il lavoro è uno dei peggiori “rubatempoatradimento”. È dal mese di ottobre che lavoro in un’Assicurazione. Gigi, purtroppo, dopo che per merito mio è stato, insieme a me, licenziato dal supermercato, non è riuscito a trovare un altro lavoro, le promesse sono tante, però è da ottobre che si trascina la situazione. Questo, naturalmente, non ci consente di farci la nostra casa, e per ora, siamo ancora dalla mamma di Gigi; non ci sto bene con loro, né io né Gigi, c’è troppa differenza di mentalità; questo comporta che, ogni tanto, nascono delle stupide, ma spiacevoli, discussioni, cose che, però, rendono ancora più pesante questa dipendenza, questa impossibilità di potersi rendere indipendenti, di potersi fare una vita per conto proprio, con la propria liberà, autonomia, nel vero senso che può avere la vita in due, anzi, in tre. Mi auguro che presto so possa risolvere la questione, perché l’intimità è una cosa troppo importante. Oltre a questo, tutto procede bene. Da una settimana abbiamo cambiato casa, ora siamo in un paese non tanto vicino a Catania, ma neanche tanto lontano. La casa è una casetta di campagna e nella cucina c’è un grande forno: a me, a Gigi, a Luca, piace molto, a mia suocera e a mia cognata un po’ meno. Solo l’aria è d’oro, è un po’ fredda, ma l’estate non è così lontana e io credo che ci arricreeremo (termine tipo napoletano in versione italianizzata).Tutto intorno è pieno di mandarini, aranceti, e tanta aria frizzante che viene giù dall’Etna come se fosse lava. Io ho trovato il mio ideale e anche Luca è felicissimo. Dopo questo sproloquio, posso anche finalmente chiederti: e tu come stai? E il lavoro? E le tue innamorate? E la tua vita, quella di sempre, come vanno? Anche se non ci sentiamo più spesso come una volta, non vuol dire che ci siamo dimenticati; in fondo sono sicura che ogni tanto mi pensi e ti chiedi che fine ho fatto. Forse hai persino pensato che ora che sono una “Signora” non ti avrei più pensato; chissà se mi confesserai mai i tuoi peccati di pensiero. Ti vorrei mandare una foto di Luca per farti vedere come si è fatto bello crescendo, però quelle che ora ho, sono figlie uniche di madre vedova e non posso proprio mandartele, però ogni promessa è un debito. Spero che tu mi risponda con un po’ più di sollecitudine di quanta ce ne abbia messa io; fammi sapere tutto e spero che siano notizie esaltanti. Nel caso contrario, non ti preoccupare, che la ruota gira ma mai nello stesso verso, toccherà a tutti un po’ di fortuna. Ti abbraccio forte e resto in ascolto per la tua risposta. Con affetto, Lory.»

   E così, dopo un anno di silenzio, Lory si fece risentire, e Roby ne fu talmente felice, che prese subito la cornetta del telefono e le telefonò all’istante, e risentire quella voce così deliziosamente dolce, lo fece star bene per tutto il giorno. Il suo sorriso era più vivo, e anche il suo lavoro ne trasse beneficio: mai, come quel giorno, le scale del Centro Provinciale della Sanità, furono così pulite che quasi ci si poteva mangiare sopra. E questo stato di non apparente felicità, durò per qualche giorno.
   Le trasmissioni a Radio Alice furono tra le più belle che Roby fece, così piene di coinvolgente vitalità e vigore musicale da fare invidia (scusate il termine di paragone) ad un Jovanotti o ad un Sammy Barbot.
   Se Roby, Fausto, Marco e Mauro erano i “conduttori professionisti”, c’era sempre una marea di gente dall’altra parte del vetro dello studio ad incitare “the four horsemen”. Ogni tanto qualcuno faceva un saluto del tutto personale al mondo esterno (il saluto più in voga era “METALLOOO” gridato a 10000 decibel), qualcuno telefonava ogni tanto, come Luca, il più afecionados tra i metallers narnesi, per avere informazioni più precise su questo o su quel gruppo. “Rock Brigades” vagava su tutto il mondo metallico, non solo gruppi arcifamosi. Anzi, il fatto che la combriccola aveva trovato quei tre o quattro negozi a Roma che potevano permettersi di vendere gruppi non proprio famosissimi, rendeva questa trasmissione un vero e proprio porto di mare per qualsiasi metal band della terra. Certo, era facile fare un programma (come faceva qualcuno di nostra conoscenza) mandando solo Black Sabbath o Iron Maiden o Deep Purple, ma la rinascita del movimento heavy rock, aveva fatto sì che una miriade di gruppettini si affacciasse sul dorato mondo del vinile. E se non c’erano queste piccole radio a farsi onere di far conoscere qualche nuovo ragazzotto di belle speranze, chi poteva farlo… Sorrisi e Canzoni?
   Se gruppi come Havoc, White Lion, Hades, Shok Paris, Faithful Breath, Desolation Angels, Maineeaxe o gli italici Stiff o Astaroth o Strana Officina o Revenge o Crying Steel o Shining Blade hanno avuto i loro cinque minuti di notorietà, lo devono proprio a persone come i nostri amici, o come gli altri, sperduti nei quattro angoli del globo terrestre, che hanno amato (e ancora amano) questo stupendo genere musicale che, più di un genere musicale, era un vero e proprio stile di vita.

   Il 6 aprile avvenne un altro debutto importante per il rock umbro, quello dei perugini Tyrant Town dei Pieroni’s brothers, allo “Story Teller”, un pub dietro la stazione di Fontivegge.

   Il 7 aprile, al teatro Mongiovino all’EUR, in quel di Roma, gli Strangers assistettero al concerto degli Stiff, un gruppo di Tarquinia, e dei romani Astaroth, fautori di un power-epic-metal, che si presentarono sul palco vestita da gladiatori dell’Impero, con tanto di scenografia presa dai film come “Ben Hur” o “Cleopatra” (non ne sono sicuro, ma, credo, abbiano fatto visita a qualche magazzino di Cinecittà per i costumi e tutto il resto).
   Il fatto che quei cinque pischelli venissero da Terni per assistere ad un concerto certamente non pubblicizzato (ma Roby, ormai, era diventato amico col proprietario di “Revolver” che gli telefonava spesso, annunciandogli i vari concerti che si tenevano nella capitale), fece sì che furono presi come esempio da una marea di metallari romani, per oculatezza e ligio senso del dovere.
   Roby & Company fecero amicizia sia con i membri dei due gruppi (buonissimo il rapporto che si instaurò con Shining, bassista degli Astaroth) che con qualche kid capitolino, scambiandosi indirizzi e numeri telefonici per qualsiasi evenienza, e l’agenda di Roby si riempì all’inverosimile: poteva, d’ora in poi, fare invidia persino a Claudio Cecchetto, e se tante cose non fossero successe, col passare degli anni, probabilmente sarebbe diventato un ottimo talent-scout, e questa era la sua massima aspirazione.
   Ma non si vive di soli progetti o sogni… bisogna pur mangiare, ogni tanto, e allora Roby continuò il suo onesto lavoro di operaio addetto alle pulizie, con la speranza che qualcosa, nel suo futuro, potesse cambiare il corso della sua vita.

   Per finire degnamente la settimana, domenica 8 aprile, arrivano a Terni, in vista di cortesia e per far conoscenza con quel gruppo di ragazzi che tanto si stavano prodigando per alimentare il grosso boom dell’heavy metal nostrano, i Death SS, capitanati da Paul Chain (al secolo Paolo Catena) in persona che, da quel giorno, divenne in tutto e per tutto il vero punto di riferimento per tutti gli Strangers. Lo accompagnarono il bassista Claude Galley e il batterista Thomas Hand Chaste.

   Nelle settimane seguenti, arrivarono a casa di Roby, un notevolissimo numero di pacchetti, pacchettini e pacchettoni postali con demo, autobiografie e foto varie, di svariati gruppi italiani come i romani Raff, gli Scettro di Treviso, i New Age di Milano, i Vanexa di Savona, gli Scream di Roma, i Revenge di Pesaro, i Dark Lord di Venezia, i Bazooka di Trento, i Crying Steel di Bologna, i baresi Shining Blade, i Rex Inferi di Forlì, gli Elektradrive di Torino (con il loro primo 45 giri), i Gow sempre di Torino, i Ransakers di Roma, i Bulldözer di Milano, i Killer Machine di Viterbo, i Monolith di Pesaro, i Supertrooper di Vercelli, i Thunder e i Metal Force di Roma.
   Certo, se l’era voluta lui, ma la sua stanza 4x5, cominciava ad essere troppo piccola per ospitare tutto il materiale (e questo è ancora niente) che quotidianamente arrivava, ma Roby era troppo felice per rinunciare a questo impegno che aveva preso dapprima con se stesso, e poi con tutto il movimento heavy italiano (troppo facile vivere in Inghilterra o negli Stati Uniti), ancora considerato acerbo, senza idee e imitatore dei mostri sacri angloamericani.

   Come di consueto, verso la metà del mese, data che corrispondeva al suo assegno mensile per il lavoro di operaio, Roby si recò a Roma per l’acquisto di nuovi dischi, e scoprì anche un nuovo negozio, dalle parti del Vaticano, che vendeva gadgets vari come spille, toppe, t-shirts ed accessori vari, denominato “Macedonia”.
  
   Il 23 aprile, gli Strangers ricambiarono la visita ai Death SS che, nel frattempo, con la partenza per altri lidi di Steve Sylvester avevano cambiato nome in “Paul Chain and the Violet Theatre”, partendo, di buon mattino, per Pesaro.
   Fu, quella, una giornata movimentatissima, soprattutto perché fu passata esclusivamente dentro la sala prove del gruppo pescarese, tra riffs di Sabbath, Priest, gorgheggi di Maxx Bell dei Rollerball (anche lui in visita), jam session con Revenge e Gunfire (un grande gruppo di Ancona anche loro in visita all’ensamble di Paul Chain).

   Ué, lettori, vi siete stancati? Che ne dite se smettiamo un attimo di parlare di heavy metal? Vogliamo cambiare argomento e parlare di donne? O di motori? Magari di sollevamento pesi?
   Beh, di donne, purtroppo, in quei mesi, a parte le ragazze che facevano parte degli Strangers, nella vita di Roby ce ne erano pochissime, ma questo non era un dramma: logicamente, come tutti i maschietti che si rispettano, anche lui aveva dei pruriti, ma cercava di non pensarci, tanto, prima o poi, qualcuna che avesse risposto al suo richiamo, l’avrebbe trovata (e invece te tocca aspettà andri 6 lunghissimi anni!); e se parlassimo di motori? L’occasione è buona, perché il 3 di luglio, Roby si fece la prima “poppò”, una Ford Escort 1100, praticamente regalata dal fratello maggiore.
   Era passato più di un anno da quando il buon Roby aveva preso la patente, ma la sua avversione verso il mondo delle quattro ruote, non l’aveva mai posto nella decisione di comprasi una macchina; la buona occasione venne quando il suo fratello maggiore, acquistò una Fiat 131 e decise di regalare la vecchia Ford Escort, targata per la precisione TR117201, al suo fratellino più piccolo, forse per ringraziarlo, a 5 anni di distanza, di avergli dato una grossa mano col compito di ragioneria agli esami di stato; perché dovete sapere che il fratello maggiore di Roby, di 10 anni più vecchio, nel lontano 1970, lasciò la scuola al IV° anno di ragioneria, aspettò che Roby arrivasse al suo di IV° anno, e si riscrisse, ma non come semplice privatista, proprio come scolaro in tutto e per tutto. Ve lo immaginate voi un ventottenne con tante di moglie, figlia, lavoro come operaio alle Acciaierie, andare tutte le mattine a scuola con diciottenni sbarbatelli con la bocca che ancora puzza di latte? La prima reazione dei compagni di scuola di Roby, fu: «C’avemo un professore novo!» e lui che rideva sotto quei quattro pelacci che spuntavano tra il naso e il labbro superiore.
   Andato in pensione il vecchio Benelli tre marce, messo in cantina il nuovo “Piaggio Si”, Roby cominciò a scorazzare per la città con la sua macchinina nuova di 10 anni che, col passare degli anni, fu soprannominata “Traja” perché andava più piano di un trattore a cingoli, ma era importante avere un tetto sopra la testa nei giorni di pioggia, perché in quelli di sole niente e nessuno poteva prendere il posto del suo amatissimo “Si”.

Dal diario di Roby D. – 7 luglio 1984 – ore 1,25

«Carissimo Roby, da quanto tempo non si parla io e te, vero? Si, lo so che sei pieno di impegni, che non hai un attimo libero, però, ogni tanto, qualche chiacchieratina col tuo migliore amico la potresti anche fare, o no? Allora… che cosa è successo in questi ultimi sei mesi? Va bene, l’heavy metal, la fanzine, la radio, ma, d’importante, voglio dire, dal punto di vista umano è successo qualcosa d’importante? No? Peccato! Vorresti parlarmi di musica? Non è che ne abbia tanta voglia… però, contento tu…! E allora, dimmi: che concerti hai visto? I Mercyful Fate a Firenze, i Tyrant Town a Perugia, e poi? Astaroth e Stiff a Roma, okkei, Tyrant Town e Interceptor a Perugia, Ice, Stage, Res Majes, Shark e Synthesis al campo sportivo di Collescipoli, si, i Blood Sucker alla Quercia di Narni… basta così? Beh, non ti sei spostato tanto, dopotutto! Problemi di soldi, vero? Lo so, a 24 anni i soldi servono, anche a 70, te lo assicuro. Poi, cosa è successo? Ah, già, quella bella festa al “Gabbiano”, si, lo so, vi siete divertiti un sacco a ballare a ritmo di Ac/Dc e Judas Priest. Eh già! Avessi anch’io vent'anni… Come dici? Hai conosciuto i Death SS? Ma quelli veri? Quelli di Paul Chain e Steve Sylvester? Kakkio, però! E le pulzelle? Niente, eh? Come? Ti sei innamorato di chi? Rita? E chi è Rita? Ah, quella che lavora con te nella ditta di pulizie? Ma c’ha trent’anni, e poi è sposata e c’ha due figli! Come dici? Non sei geloso? Ah! Ah! Ah! Ma lo conosci il marito? Si? Lo sai che fa l’idraulico? Quello ti sfascia la faccia con le chiavi inglesi! Vabbè! Diciamo che è un amore fittizio, senza capo né coda, perso in partenza. Che c’hai sonno? Si, lo so, è tardi, ma è da tanto tempo che non parliamo… vuoi andare a dormire? Va bene, fai come vuoi, però la prossima volta che vuoi parlare con me, non farmi aspettare altri sei mesi, d’accordo? Allora ciao, buonanotte e sogno d’oro. Il tuo diario.

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