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venerdì 8 giugno 2012

Il poeta del giorno: VLADIMIR MAJAKOvSKIJ

Vladimir Majakovskij nasce a Bagagadi, in Georgia, nel 1893. Suo padre è un nobile decaduto che si presta a lavori umili, come forestale. Giovanissimo, Vladimir si appassiona alla poesia, che legge e che recita in un costante monologo interiore. Presto conosce e diviene amico di Velimir Chlebnikov, poeta sperimentalista che ha fondato il gruppo Hyleano. Anche per l'entusiasmo teorico profuso da Majakovskij, il gruppo iniziale si allarga e si tramuta nella leggendaria cerchia dei cubofuturisti. La voracità intellettuale di VM è leggendaria, la sua presenza fisica imponente ne fa una sorta di divo spettacolare. Il successo del poema Tu!, steso durante gli anni della Prima Guerra mondiale, è debordante e del tutto imprevisto. L'adesione di Majakovskij alla Rivoluzione d'Ottobre lo rende ancor più popolare e amato. La celebrazione dell'industrializzazione sovietica, poi, non fa altro che proiettarne la figura ai ranghi elevati dell'intellighentsija rivoluzionaria. E' una situazione destinata però a incrinarsi. L'avvento di Stalin e la palese trasformazione degli ideali rivoluzionari in gestione del potere nelle mani di un tiranno non possono essere esenti da un violento attacco, che Masjakovskij non intende negarsi. La sua situazione sentimentale (per anni partecipa a un devastante triangolo amoroso che vede protagonisti, oltre a Vladimir, la bellissima Lili Brik e suo marito Josip) e le contingenze politiche gettano tuttavia il poeta in uno stato di estrema prostrazione psicologica. La morte, avvenuta per supposto suicidio nel 1930, è ancora un capitolo ambiguo della storia sovietica: alcuni storici hanno messo in dubbio la versione del suicidio amoroso e hanno indicato la probabilità che Majakovskij sia stato "suicidato" da sgherri del regime.



Alle insegne (1913)
La nostra marcia
Battete sulle piazze il calpestio delle rivolte!
In alto, catena di teste superbe!
Con la piena del secondo diluvio
laveremo le città dei mondi.
Il toro dei giorni è screziato.
Lento è il carro degli anni.
La corsa il nostro dio.
Il cuore il nostro tamburo.
Che c'è di più divino del nostro oro?
Ci pungerà la vespa d'un proiettile?
Nostra arma sono le nostre canzoni.
Nostro oro sono le voci squillanti.
Prato, distenditi verde,
tappezza il fondo dei giorni.
Arcobaleno, dà un arco
ai veloci corsieri degli anni.
Vedete, il cielo ha noia delle stelle!
Da soli intessiamo i nostri canti.
E tu, Orsa maggiore, pretendi
che vivi ci assumano in cielo!
Canta! Bevi le gioie!
Primavera ricolma le vene.
Cuore, rulla come tamburo!
Il nostro petto è rame di timballi.

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