Powered By Blogger

martedì 17 aprile 2012

Il poeta del giorno: JULES LAFORGUE

Jules Laforgue (Montevideo, 16 agosto 1860 – Parigi, 20 agosto 1887) è stato un poeta francese. I suoi genitori si incontrarono in Uruguay, suo padre studiò lì e divenne prima insegnante e poi impiegato di banca. Jules era il secondogenito in una famiglia di undici figli. Nel 1866 la famiglia ritornò in Francia, a Tarbes, città dove aveva già vissuto il padre. Nel 1867 Jules venne affidato, assieme al fratello maggiore Émile, alle cure della famiglia di un cugino, poiché sua madre aveva scelto di tornare da sola in Uruguay. Nel 1869 il padre di Jules trasferì la famiglia a Parigi. Nel 1877 sua madre morì di parto e Jules, che non fu mai uno studente diligente, non superò l'esame per il diploma. Nel 1878 fallì nuovamente l'esame, e poi ancora una terza volta; iniziò quindi a leggere i grandi autori francesi e a visitare i musei di Parigi. Nel 1879 suo padre si ammalò e fece ritorno a Tarbes, ma Jules rimase a Parigi e pubblicò per la prima volta una sua poesia a Tolosa. Entro la fine dell'anno aveva pubblicato numerose poesie ed era già stato notato da autori famosi. Nel 1880 operò all'interno dei circoli letterari della capitale e divenne un protégé di Paul Bougert, editore della rivista La vie moderne. A partire dal 1881 la sua carriera letteraria era diventata tanto fitta da non consentirgli di tornare a Tarbes per i funerali del padre. Da novembre di quell'anno fino al 1886 visse a Berlino, lavorando come lettore francese per l'imperatrice Augusta, una sorta di consigliere culturale. Era pagato molto bene e poteva inseguire i suoi interessi molto liberamente. Nel 1885 scrisse il suo capolavoro, L'Imitation de Notre-Dame la Lune. Nel 1886, ritornò in Francia e sposò Leah Lee, una donna inglese. L'anno seguente morì di tubercolosi. La sua poesia sarebbe stata una delle influenze principali per il giovane T. S. Eliot.


LA SIGARETTA
Si, questo mondo è piatto, e quanto all'altro, frottole.
Senza speranza vado mansueto alla mia sorte;
per ammazzare il tempo, aspettando la morte,
fumo in faccia agli dei sottili sigarette.

Su,viventi, affannatevi, o scheletri futuri.
Me, l'azzurro meandro che verso il cielo si torce
mi sprofonda in un'estasi infinita e m'addorme
come ai morenti aromi di mille bruciatori.

Ed entro nel fiorito eden dai sogni chiari,
dove elefanti in fregola si intrecciano alla fioca
danza delle zanzare, in fantasiosi valzer.

E quando poi pensando ai miei versi mi scuoto,
contemplo, il cuore pieno di dolce gioia,il caro
mio pollice arrostito come un cosciotto d'oca.




NATALE SCETTICO

È Natale… Natale?… Notte: uno scampanio
lontano…La mia penna, senza fede, sul foglio
cade. I ricordi cantano: dilegua, ecco, l'orgoglio,
e la tristezza permea tutto l'essere mio…
Ah, voci della notte; ricantano: "È Natale";
da laggiù, dalla chiesa che s'accende all'interno
m'arriva come un dolce rimprovero materno,
e il cuore mi si gonfia tanto da farmi male…
È notte. Ascolto a lungo quel suono di campane…
O famiglia dei vivi, ecco, sono il tuo paria
Nel cui stambugio a tratti giungono sopra l'aria
Le voci d'una festa, commoventi e lontane….

Nessun commento:

Posta un commento