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sabato 31 marzo 2012

Il poeta del giorno: CECCO ANGIOLIERI

Poeta senese, tradizionalmente annoverato tra i maggiori esponenti di quel filone della rimeria due-trecentesca che va sotto il nome di "poesia giocosa" o "comico-realistica" o "burlesca". Nato presumibilmente nel 1260 da famiglia guelfa di cospicua nobiltà e discrete ricchezze, prese parte nel 1281 alla conquista del castello ghibellino di Turri, in Maremma. Sette anni più tardi si arruolò, insieme al padre, nel piccolo contingente militare inviato dai Senesi ai Fiorentini, impegnati in quella guerra contro Arezzo che si concluse nel 1289 con la battaglia di Campaldino. Abbandonata Siena alla morte del padre (1296), risiedette per qualche tempo a Roma, forse ospite del cardinale senese Riccardo Petroni. Incerta la data della morte, sicuramente anteriore, però, al 1313 (anno a cui risale un atto notarile in cui cinque suoi figli rifiutano l'eredità paterna perché gravata di debiti). La produzione poetica di Cecco comprende poco più di un centinaio di testi, quasi tutti risalenti al quinquennio 1290-95. I suoi componimenti più significativi sono i sonetti per Becchina (celebre quello, interamente dialogato, "Becchin' amor!" "Che vuo', falso tradito?"), quelli dell'invettiva antiparentale (si veda S'i' fosse fuoco, ardere' 'l mondo), quelli, altrettanto celebri, sulla miseria e sulla malinconia del poeta (La strenuità mi richer per figliuolo, La mia malinconia è tanta e tale) e quelli che ripercorrono, in senso comico-realistico, i moduli del plazer provenzale e stilnovista (Tre cose solamente m'ènno in grado). Ma vanno ricordati anche i tre sonetti diretti a Dante, conosciuto presumibilmente a Campaldino nel 1289: 1) Lassar vo' lo trovar di Becchina (databile al periodo compreso tra il 1289 e il 1294); 2) Dante Alighier, Cecco, 'l tu' serv'e amico, del 1292-93 (dove si rimprovera una presunta contraddizione all'interno di Oltra la spera che più larga gira – accusa che Dante si preoccuperà di confutare nella prosa di Vita Nova XLI e in Convivio III iv 9); 3) Dante Alighier, s'i' so' bon begolardo, risposta ingiuriosa a un perduto sonetto dantesco (verosimilmente dello stesso tenore), ascrivibile, per alcuni riferimenti interni, al 1303-4.



I' potre' anzi ritornare in ieri

I' potre' anzi ritornare in ieri
e venir ne la grazia di Becchina,
o 'l diamante tritar come farina,
o veder far misera vit'a' frieri
o far la pancia di messer Min Pieri,
o star content'ad un piè di gallina,
ched e' morisse ma' de la contina
que' ch'è domonio e chiamas'Angiolieri.
Però che Galieno ed Ipocràto,
fossono vivi, ognun di lor saprebbe,
a rispetto di lu', men che 'l Donato.
Dunque, quest'uom come morir potrebbe,
che sa cotanto ed è sì naturato
che come struzzo 'l ferr'ismaltirebbe?

È sono sì altamente innamorato

È sono sì altamente innamorato,
a la merzé d'una donna e d'Amore,
che non è al mondo re né imperadore
a cui volesse io già cambiar mio stato:
ch'io amo quella a cui Dio ha donato
tutto ciò che convene a gentil core;
donqua, chi di tal donna è servidore
ben se pò dir che 'n buon pianeto è nato.
Ed ella ha 'l cor tanto cortese e piano
inver' di me, la mia gentile manza,
che, sua mercé, basciata li ho la mano.
E sì me diè ancor ferma speranza
che di qui a poco, se Dio me fa sano,
che compierò di lie' mia disianza.

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